Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann e Idafe Martín vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
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Il vertice dell'attendismo europeo
Il Consiglio europeo che si è tenuto ieri ha mostrato le solite divisioni che caratterizzano i vertici dei capi di stato e di governo su temi come le politiche migratorie e il Medio oriente. Niente di nuovo. Ma a differenza degli ultimi mesi, l'incontro dei capi di stato e di governo dell'Ue è stato segnato soprattutto dall'attendismo. A meno di tre settimane dalle elezioni presidenziali americane, nessuno osa muoversi, fare un passo in una direzione o nell'altra, battersi per una questione esistenziale per l'Ue come la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky ieri ne ha fatto l'esperienza diretta. E' venuto a Bruxelles a perorare la causa del suo piano della vittoria: ottenere un invito a entrare nella Nato per ridare il morale ai suoi soldati e ai suoi cittadini prima dell'inverno e dei missili a lunga gittata per costringere Vladimir Putin a negoziare una pace giusta. La risposta è stata un silenzio assordante da parte dell'Ue.
Molti diplomatici a Bruxelles giustificano l'attendismo con la fase di transizione che stanno attraversando le istituzioni dell'Ue in attesa dell'entrata in funzione del nuovo presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e della nuova Commissione presieduta da Ursula von der Leyen. Ma è un alibi. La verità è che c'è un tema di cui funzionari, ambasciatori e leader non osano quasi parlare: la prospettiva che Donald Trump vinca le elezioni del 5 novembre negli Stati Uniti. Un secondo mandato Trump avrebbe conseguenze sistemiche per l'Ue. La sua volontà di imporre dazi al 20 per cento su tutte le merci importate innescherebbe una guerra commerciale di proporzioni molto più grandi di quella condotta nel primo mandato. Sul commercio la Commissione ha iniziato a studiare piani d'emergenza. E' sulla possibilità che Trump faccia venir meno la garanzia di sicurezza dell'America che l'Ue non osa discutere dell'impensabile.
Al Consiglio europeo i capi di stato e di governo non hanno voluto discutere dell'eventualità del ritorno di Trump. “I dibattiti ci saranno dopo le elezioni”, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue. “Il vantaggio è che negli Stati uniti c'è periodo tra elezioni e l'entrata in funzione del nuovo presidente”. E' in quei due mesi e mezzo che i ventisette intendono cercare di trovare una linea comune su un'eventuale seconda presidenza Trump. Quattro anni fa, almeno, avevano concordato una strategia comunicativa. Tutti i leader – tranne lo sloveno Janez Jansa - avevano immediatamente riconosciuto la vittoria di Joe Biden per delegittimare le contestazioni elettorali di Trump. Questa volta nemmeno questo. Eppure c'è urgenza.
La guerra della Russia contro l'Ucraina è esistenziale per la sicurezza dell'Europa e per l'esistenza stessa dell'Ue che ha fatto della difesa di Kyiv un test della sua credibilità. Una pace sfavorevole all'Ucraina, che Trump dice di poter ottenere in 24 ore, esporrebbe la Polonia, la Romania, la Bulgaria, i Nordici e i Baltici alla minaccia diretta russa. Il capo dell'intelligence tedesca, Bruno Kahl, ha avvertito che la Russia potrebbe essere pronta a una guerra contro la Nato entro il 2030. La risposta di Zelensky è il suo piano della vittoria. Un invito alla Nato, la fine delle restrizioni sull'uso di missili a lunga gittata, la fornitura di armi che siano in grado di costringere Putin a sedersi al tavolo anche senza usarle. “Se i partner non manterranno le promesse, non saremo in una situazione semplice”, ha ammesso il presidente ucraino.
Zelensky ha messo in luce le grandi contraddizioni di alcuni leader europei. Sull'invito alla Nato? Olaf Scholz “non ha mai detto no, ma non ha mai detto sì. E' un processo, ci stiamo lavorando”, ha detto il presidente ucraino. I missili a lungo raggio Taurus che il cancelliere tedesco rifiuta di fornire? “Penso che possa darceli, ma non darci il permesso (di usarli contro la Russia)”, ha spiegato Zelensky: i Taurus servono a “dimostrare la volontà” degli europei di continuare a sostenere l'Ucraina e a inviare un ultimatum a Putin per obbligarlo a un accordo favorevole a Kyiv. I veti di Viktor Orban? “Ci siamo salutati. E' già positivo”, ha risposto Zelensky. Non è il premier ungherese che conta davvero per le sorti del conflitto: sono Regno Unito, Germania, Francia e Italia che hanno la possibilità di fornire le armi che contano.
Zelensky ha fatto un “all in” al Consiglio europeo, perché consapevole che dal 5 novembre può cambiare tutto per lui e il suo paese. L'Ue ha di fronte una scelta: prepararsi a sostenere l'Ucraina fino alla vittoria anche senza gli Stati Uniti. La risposta dei leader europei ieri è stata una dichiarazione piena delle solite promesse: aiutare durante l'inverno, assicurare il prestito da 50 miliardi di dollari del G7, cercare di sbloccare i 6 miliardi di euro della European Peace Facility per le forniture di armi. Ma la stanchezza è palpabile tra i leader. Scholz ha detto pubblicamente al Bundestag che sarà necessario negoziare con Putin. “Se si vuole parlare di pace, si deve parlare con il criminale di guerra in capo”, ci ha detto un diplomatico. Mentre incrocia le dita per una vittoria di Kamala Harris, l'Ue ormai ha altre priorità rispetto all'Ucraina. Le politiche migratorie hanno preso il sopravvento come principale tema di discussione del Consiglio europeo.
Tuttavia, nel clima di attendismo, c'è chi non ha deciso di aspettare il ritorno di Trump: sono i trumpisti europei. Prima che iniziasse il Consiglio europeo, ieri si è riunito per la prima volta un vertice dei Patrioti per l'Europa, il movimento lanciato da Viktor Orban, a cui aderiscono i partiti di estrema destra anti-europei di Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Repubblica ceca, Grecia ed Estonia. Dalla francese Marine Le Pen all'olandese Geert Wilders, passando dal ceco Andej Babis, i Patrioti sono consapevoli che una vittoria di Trump li metterebbe sotto steroidi. Il piano della vittoria di Zelensky “è più che spaventoso”, ha detto Orban, che coalizza attorno a sé tutti i sostenitori di Putin in Europa. Su altri temi, i Patrioti hanno il vento in poppa. Grazie alla complicità di Giorgia Meloni e del Partito Popolare Europeo, hanno imposto la loro linea al Consiglio europeo sulle politiche migratorie.
Infine ci sono gli attendisti nascosti, pronti a ritirare fuori la bandiera di Trump la notte del 5 novembre. Il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, non ha mai fatto un “endorsement” pubblico del candidato repubblicano, ma ha curato i rapporti con il mondo trumpista americano, dai think tank ultra conservatori a Elon Musk. A Bruxelles si sospetta che Meloni sia pronta a passare nel campo di chi chiede negoziati di pace, anche contro gli interessi dell'Ucraina, in caso di vittoria di Trump. In ogni caso, Meloni è pronta a presentarsi come un ponte; l'unica leader insieme a Orban in grado di placare l'anti-europeismo di Trump, di strappargli concessioni, di evitare conflitti permanenti. Anche Meloni aspetta. Ma, contrariamente agli altri, incrocia le dita nella speranza del trionfo di Trump.
La frase
"Chi raccoglierà le nostre olive?”.
Il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis.
Migranti
Accordo al Vertice sui migranti, Tusk ottiene da von der Leyen la sospensione dell'asilo - Il Consiglio europeo ieri è riuscito a trovare un accordo sulle conclusioni relative alle politiche migratorie. Il testo ambiguo, ma mostra la volontà di irrigidire le misure per chiudere le frontiere dell'Ue con una nuova legislazione sui rimpatri, nuove modalità come i “return hubs”, revisione del concetto di paese sicuro per deportare anche chi ha diritto alla protezione internazionale. “Il mainstream si è spostato in modo significativo”, ci ha detto una fonte. Il premier polacco, Donald Tusk, ha minacciato il veto, ma alla fine ha ottenuto una menzione nel testo sulla solidarietà alla Polonia. Soprattutto, Ursula von der Leyen ha accettato la sua richiesta di sospendere le procedure di asilo per l'aumento degli ingressi alla frontiera con la Bielorussia. “Questi sono attacchi ibridi da parte di attori statali. La Polonia devono essere in grado di proteggere la nostra Unione”, ha detto la presidente della Commissione. “Se le misure sono temporanee e proporzionate, questo rientra nel quadro legale”, ha risposto von der Leyen interrogata sulla possibilità per la Polonia di sospendere le procedure di asilo.
Von der Leyen al caucus anti migranti di Meloni - La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri ha partecipato alla riunione convocata dall'italiana Giorgia Meloni, insieme all'olandese Dick Schoof e alla danese Mette Frederiksen, per coordinare le posizioni in vista della discussione sui migranti al Consiglio europeo. I leader che hanno partecipato all'incontro sono quelli che promuovono le politiche più dure contro migranti e richiedenti asilo, anche in violazione delle attuali regole dell'Ue: l'ungherese Viktor Orban, l'austriaco Karl Nehammer, il polacco Donald Tusk, il ceco Petr Fiala, lo slovacco Robert Fico, il maltese Robert Abela, il greco Kyriakos Mitsotakis e il cipriota Nikos Christodoulidis. I temi affrontati – hanno spiegato fonti italiane - sono stati il Protocollo tra l'Italia e l'Albania come modello per contrastare i trafficanti di esseri umani, i “return hubs” fuori dall'Ue, nonché la riforma del concetto di paese terzo sicuro. Secondo un partecipante, i leader non sono entrati nei dettagli, ma hanno espresso apprezzamento per gli impegni assunti da von der Leyen. Il francese Emmanuel Macron ha difeso la scelta di von der Leyen di partecipare per spiegare ai partecipanti quali sono i limiti imposti dal trattato. Ma la presenza della presidente della Commissione ha creato malessere al Parlamento europeo. “Sta assumendo un ruolo politico”, ci ha detto un deputato. Una nuova riunione del caucus anti migranti si terrà prima del Consiglio europeo di dicembre.
I Paesi Bassi lavorano a un “return hub” in Uganda, la Danimarca in Kosovo - Il governo dei Paesi Bassi ha lanciato delle discussioni con l'Uganda per creare un “return hub” nel paese africano, dove inviare i migranti della regione a cui non è stato riconosciuto l'asilo in attesa del loro rimpatrio. L'Aia non parla ancora di “negoziati”, ma di “conversazioni” con il governo ugandese, ci ha spiegato una nostra fonte. La Danimarca aveva cercato di fare la stessa cosa con il Ruanda firmando un memorandum di intesa, ma alla fine aveva rinunciato. Il governo di Copenhagen si sta concentrando sulla possibilità di inviare i migranti a cui è stata respinta la richiesta di asilo in Kosovo, paese dei Balcani non riconosciuto da tutta l'Ue. Tra i due paesi è già stato sottoscritto un accordo per inviare in una prigione kosovara 300 migranti condannati al carcere in Danimarca, che non hanno diritto di asilo e che dovrebbero essere rimpatriati dopo aver scontato la loro sentenza.
Chi raccoglie le olive? - In un'intervista al Financial Times, il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ha posto la domanda a cui quasi nessun altro leader vuole rispondere nel momento in cui l'Unione europea cerca di chiudere le sue frontiere esterne con misure sempre più dure contro i migranti. "Chi raccoglierà le nostre olive?", ha detto Mitsotakis. "Siamo un continente che si riduce (demograficamente) e tutti riconoscono che per mantenere la nostra produttività avremo bisogno di forza lavoro, qualificata o non qualificata". Pur partecipando al caucus di Meloni, Mitsotakis si mostra scettico sul Protocollo tra l'Italia e l'Albania per processare le richieste di asilo fuori dall'Ue. "Questo è un accordo bilaterale. Non so se possa essere replicato a livello europeo", ha detto il premier greco. "Dobbiamo anche vedere se funziona davvero".
Geopolitica
L'Ucraina chiede all'Ue e alla Nato di darle speranza - Volodymyr Zeensky ha tirato fuori tutte le sue carte ieri quando è intervenuto al vertice di Bruxelles. Il presidente ucraino è venuto a presentare il suo piano della vittoria ai leader europei, consapevole che alcuni stanno abbandonando il suo Paese, quando non giocano apertamente, come l'ungherese Viktor Orban, per una vittoria russa. “La nostra arma più importante non sono i missili, ma i nostri cittadini. Hanno bisogno di essere rassicurati e di sperare per i loro figli. La Nato è l'ombrello della sicurezza, è affidabile, è l'unica speranza per noi. Se riceveremo l'invito ad aderire alla Nato, sapremo che non saremo soli”. I leader europei hanno ascoltato, “diciotto hanno parlato, la maggioranza ha espresso il suo pieno sostegno”, ha spiegato Zelensky durante una conferenza stampa al termine del vertice.
L'Europa parla molto, ma l'azione è sempre più rara - “La discussione è stata franca”, ha detto Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, che ha partecipato all'incontro con Zelensky. “Nell'Ue parliamo molto, ma l'azione è sempre più rara”, ha ammesso. Il presidente ucraino si è presentato al Parlamento europeo, che la prossima settimana voterà sull'assistenza macrofinanziaria all'Ucraina, e che si è espresso a favore di un “pieno sostegno all'Ucraina”. L'ultima tappa di Zelensky è stato il quartier generale della Nato, alla periferia di Bruxelles, per discutere delle forniture di armi con i ministri della Difesa dell'Alleanza.
Gli Stati Uniti decisivi - Il presidente americano Joe Biden incontrerà oggi a Berlino il cancelliere Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer. "Il piano per la vittoria del presidente Zelensky chiede che l'Ucraina sia invitata regolarmente ai vertici della Nato e che ci siano garanzie di sicurezza. Parleremo con Berlino della natura delle garanzie di sicurezza”, ha spiegato il presidente Macron. “Ci sono molte cose giustificate nelle richieste del presidente Zelensky”, ha aggiunto il capo di Stato francese. “Esamineremo molto attentamente le loro richieste”, ha aggiunto. Le discussioni si concentreranno sulla fornitura di missili a lungo raggio, armi di deterrenza per l'Ucraina contro la Russia, e sull'abolizione delle restrizioni al loro utilizzo. Nel 1991, l'Ucraina aveva rinunciato alle sue armi nucleari in cambio della garanzia che la sua sovranità sarebbe stata salvaguardata. “O ci riarmiamo o otteniamo la protezione della Nato”, ha sottolineato Zelensky. “Abbiamo scelto la Nato”, ha sottolineato. Gli Stati Uniti sono “decisivi”.
I timori di Kyiv - “Gli ucraini sono molto preoccupati per la posizione americana”, ci ha detto un leader europeo. Washington sta bloccando l'adesione dell'Ucraina alla Nato e imponendo restrizioni sull'uso di missili a lungo raggio in grado di colpire obiettivi militari in profondità nel territorio russo. I britannici e i tedeschi si sono allineati alla posizione americana. Olaf Scholz si è spinto oltre, rifiutando di fornire i missili Taurus. Solo la Francia non impone restrizioni ai missili Scalp, utilizzati con successo dagli ucraini contro la flotta russa in Crimea, che ha perso 23 navi, ha sottolineato il presidente ucraino. In poche frasi ieri Volodymyr Zelensky ha dato una strattonata alla Germania, che spesso si vanta del suo sostegno militare all'Ucraina. “Abbiamo bisogno di armi tedesche, ma rispettiamo il punto di vista di Olaf. Ha il diritto di non essere d'accordo. Ma non dovrebbe fare raccomandazioni sul rischio di usare missili a lungo raggio, perché non ha mai consegnato i Taurus”.
Euro
La Bce taglia di nuovo - La Banca centrale europea ieri ha nuovamente tagliato i tassi di interesse di un quarto di punto, portandoli al 3,25 per cento, riconoscendo un indebolimento della crescita economica che sta accelerando il processo di disinflazione. Gli ultimi dati "indicano un'attività economica in qualche modo più debole del previsto" con "rischi orientati al ribasso", ha spiegato la presidente della Bce, Christine Lagarde. Inoltre, il processo di disinflazione è “sulla buona strada”. La decisione è stata presa all'unanimità. In settembre l'inflazione della zona euro è scesa all'1,7 per cento, sotto l'obiettivo del 2 per cento per la prima volta in più di tre anni. Lagarde, tuttavia, ha rifiutato di prendere impegni su eventuali ulteriori tagli dei tassi. La Bce seguirà "un approccio dipendente dai dati e riunione per riunione", ha detto la sua presidente.
Sakharov
Tra i tre candidati al Sakharov (non c'è Elon Musk) - Il Parlamento europeo ieri ha annunciato i tre finalisti del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2024, dopo il voto delle commissioni Affari esteri e Sviluppo. Il tentativo dei gruppi dell'estrema destra dei Patrioti per l'Europa e dell'Europa delle nazioni sovrane di candidare Elon Musk è fallito. Il primo finalista (in ordine alfabetico) è Gubad Ibadoghlu, accademico e attivista anti-corruzione in Azerbaigian, candidato dai Verdi. La seconda finalista è María Corina Machado, leader delle forze democratiche in Venezuela, candidata dal PPE. I terzi finalisti sono le organizzazioni di Israele e Palestina “Donne Wage Peace” e “Donne del Sole”, candidate dai socialisti e dai liberali. Giovedì 24 ottobre la Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo sceglierà il vincitore. La premiazione dovrebbe tenersi nella sessione plenaria di dicembre.
Accade oggi
Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell partecipa al New Economic Forum e alla riunione dei ministri della Difesa del G7 a Napoli
presidenza
Presidenza ungherese dell'Ue: riunione informale dei ministri del Commercio a Budapest
Nato: riunione dei ministri della Difesa
Parlamento europeo: briefing pre plenaria
Consiglio: riunione del Coreper I
Eurostat: dati sulla produzione nel settore delle costruzioni ad agosto; aggiornamento dei dati su Pil e occupazione nel secondo trimestre; bilancia dei pagamenti ad agosto; dati sulle lingue straniere parlate nel 2022