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Brexit: un reset più facile a dirsi che a farsi
Annunciata come il viaggio del “reset” delle relazioni tra Regno Unito e Unione Europea dopo la Brexit, la visita di Keir Starmer ieri a Bruxelles è lungi dal realizzare l'obiettivo. Il primo ministro britannico ha visitato per la prima volta la capitale europea dal suo arrivo a Downing Street. Ha incontrato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, quello del Consiglio europeo, Charles Michel, e quella del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Il terreno era stato preparato con gli incontri a Berlino e Parigi con Olaf Scholz e Emmanuel Macron. “Il Regno Unito è innegabilmente più forte quando lavora in stretto contatto con i suoi partner internazionali più vicini. Con la guerra, i conflitti e l'insicurezza che bussano alle porte dell'Europa, questo non è mai stato più importante”, ha spiegato Sir Keir alla vigilia. “Saremo in grado di affrontare queste sfide solo con il nostro peso collettivo. E' la ragione per cui sono così determinato a mettere gli anni della Brexit alle spalle e stabilire una relazione più pragmatica e matura con l'Ue”. Von der Leyen e Starmer ieri hanno annunciato un summit a inizio 2025. Ma, nonostante il cambio di tono e le buone intenzioni, il reset della Brexit è più facile a dirsi che a farsi.
Il referendum del 23 giugno 2016 sull'uscita del Regno Unito sull'uscita dall'Ue è stato un evento sistemico, i cui effetti sono destinati a farsi sentire per gli anni a venire. Non è stato solo una separazione o un divorzio, ma la rottura di un legame politico ed economico con uno dei principali attori della costruzione dell'Ue dei quaranta anni precedenti. Il Regno Unito non era solo un membro difficile, a volte capriccioso, della famiglia. Era soprattutto una potenza economica e finanziaria, garante del mercato unico, che riequilibrava le tentazione egemoniche franco-tedesche, nonché il principale esercito europeo insieme alla Francia. I risultati a favore del “leave” nella notte dl 24 giugno del 2016 hanno scioccato amici e avversari dei britannici dentro l'Ue. Una scelta irrazionale, alimentata dal populismo, e un danno auto-inflitto a tutti. Ma, contrariamente a quanto sperato dai fautori della Brexit, i ventisette sono rimasti uniti, non hanno drammatizzato troppo, sono stati capaci di andare avanti, superando la rottura.
La scelta dei governi Tory successivi di perseguire una “hard Brexit” – prima con Theresa May premier, poi con Boris Johnson – ha avvelenato ulteriormente le relazioni tra le due sponde della Manica. La permanenza nel mercato unico e nell'unione doganale, grazie all'appartenenza all'Area economica europea, avrebbe reso tutto più facile. Ma, una volta decisa la Brexit, per gli europei sul continente cambiava poco. L'Ue ha vissuto i negoziati più come un fastidio che come il dramma esistenziale che attraversava il Regno Unito. Dopo che i ventisette hanno fissato i paletti, il capo negoziatore dell'Ue Michel Barnier (da poco nominato primo ministro in Francia) ha negoziato duro, ha ottenuto ciò che voleva e ha fatto (poche) concessioni. Al punto da spingere alcuni Brexiters a definire l'accordo di uscita come “punitivo”. In effetti è stata Ursula von der Leyen a firmare nel 2023 un mini-accordo più favorevole al Regno Unito, il Windsor Framework, che ha permesso a Londra di evitare l'instaurazione di una frontiera doganale tra l'isola della Gran Bretagna e l'Irlanda del Nord.
Sono passati più di otto anni dal referendum, quasi cinque anni dall'accordo di ritiro e più di un anno dal Windsor Framework. La Brexit è stata un puro prodotto dell'ala euroscettica dei Tory e il cambio di governo a Londra, con la vittoria di Keir Starmer alle elezioni di luglio, ha posto le fondamenta per il “reset”. Il leader laburista ha messo nel suo programma elettorale il miglioramento delle relazioni con l'Ue, perché nell'interesse del Regno Unito e della sua economia. La guerra della Russia contro l'Ucraina, il possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la minaccia posta dalla Cina, sono tutti argomenti a favore del “reset” delle relazioni e un forte incentivo per gli europei del continente a cogliere la mano tesa del nuovo premier britannico.
Il problema per l'Ue è che Starmer ha anche promesso di non rinnegare i principi fondamentali della “hard Brexit” imposta dai suoi predecessori. Il primo ministro ha escluso esplicitamente di rientrare nel mercato unico, nell'unione doganale o nel sistema della libera circolazione. Ha anche assicurato che il Regno Unito manterrà la piena sovranità sulle sue leggi, senza seguire quelle dell'Ue. Starmer non vuole riaccendere la miccia del nazionalismo inglese, né dispiacere l'elettorato laburista che ha votato a favore della Brexit. Ma queste condizioni sminuiscono gli effetti potenziali del suo “reset” e sollevano il sospetto tra gli europei del continente di un nuovo tentativo di “cherry picking” da parte dei britannici.
“Cherry picking” è un'espressione inglese intraducibile che ha accompagnato tutti i negoziati Brexit. E' il tentativo di scegliersi le ciliege più belle e buone, lasciando nel cestino quelle che appaiono indigeste. E' una pratica inammissibile per chi lascia il club, perché significherebbe incoraggiare altri a fare lo stesso: prendersi il meglio (partecipare al mercato unico) e recuperare la piena sovranità senza avere alcun obbligo da rispettare (nemmeno le regole del mercato unico). Le ragioni geopolitiche spingono per un riavvicinamento. Ma sul piano economico “il peccato originale della rinuncia al mercato unico e all'unione doganale non si può sanare”, ci ha detto un diplomatico che è stato implicato nei negoziati Brexit. Rispetto a Rishi Sunak, “l'unica vera differenza è che Starmer è disposto ad andare leggermente oltre nel negoziare aggiunte limitate all'accordo commerciale”, ha spiegato Joël Reland, ricercatore del think tank UK in a Changing Europe.
Gli europei hanno un interesse geostrategico a una relazione molto più stretta con il Regno Unito. “Il nostro allineamento sugli affari globali fornisce una buona base per le nostre relazioni bilaterali”, ha detto ieri Ursula von der Leyen. Anche il futuro presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, intende fare dei rapporti con Londra una delle sue priorità, in particolare nel settore della difesa e della sicurezza. Francia e Germania chiedono un nuovo accordo sulla mobilità delle persone e i migranti. Ma i governi dei ventisette sono anche sospettosi. Il Regno Unito non rispetta ancora pienamente gli accordi post Brexit. Prima della visita di Starmer, temendo una fuga in avanti di von der Leyen, hanno chiesto chiarimenti alla Commissione su ciò che sarebbe stato detto e proposto. I ventisette ritengono che il "reset" debba essere una decisione collettiva, non un'iniziativa autonomia di von der Leyen. Per i governi la priorità è dare attuazione agli accordi esistenti, a partire dal rispetto dei diritti dei cittadini. Altri temi prioritari sono la mobilità giovanile, i controlli sanitari e fitosanitari, la cooperazione energetica e la pesca. Limitare la cooperazione sulla difesa alla partecipazione a un sistema di preferenza comunitaria sarebbe inaccettabile per la Francia.
La dichiarazione congiunta di ieri di von der Leyen e Starmer è tutta rosa e fiori. Il testo sottolinea “l'importanza della relazione unica tra Unione Europea e Regno Unito”. I due hanno concordato di lavorare per rafforzare la cooperazione in settori come l'economia, l'energia, la sicurezza e la resilienza (ma “nel pieno rispetto delle loro procedure interne e delle prerogative istituzionali”). Von der Leyen e Starmer hanno convenuto di tenere “un primo vertice” Ue-Regno Unito “idealmente all'inizio del 2025” (anche se, in realtà, la prerogativa spetta al prossimo presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa).
Starmer e il Partito laburista vogliono "abbattere le barriere al commercio" create dall'accordo che regola i rapporti post Brexit. Ma nel manifesto elettorale si sono impegnati solo su tre temi: un accordo veterinario, il riconoscimento reciproco delle qualifiche e la facilitazione dei movimenti degli artisti in tournée. Niente che sia in grado di effettuare il “reset”. Per ragioni di politica interna, il governo Starmer rifiuta un accordo sulla mobilità delle persone, salvo una versione molto ridotta. Pochi si aspettano una svolta immediata. La vera domanda, dunque, è se Starmer abbia un piano per per un secondo mandato per negoziare con l'Ue qualcosa di completamente diverso, violando il tabù della “hard Brexit”. A condizione, ovviamente, che vinca le elezioni e che i tempi della geopolitica possano aspettare.
La frase
“In termini finanziari stiamo diventando sempre più una colonia (degli Stati Uniti)”.
Enrico Letta.
Von der Leyen II a marcia indietro
La Commissione europea rinvia l'entrata in vigore dei limiti alla “deforestazione importata” - Il Mattino europeo aveva spiegato ieri che la Commissione europea, sotto la pressione degli Stati Uniti, del Mercosur e anche di Stati membri come la Germania, avrebbe potuto rinviare l'entrata in vigore del regolamento sulla cosiddetta “deforestazione importata”. Il regolamento vieta l'importazione in Europa, dopo il 2022, di prodotti come caffè, cacao, gomma, carne bovina e soia provenienti da aree deforestate. Puntualmente ieri la Commissione europea ha annunciato il rinvio. Non entrerà più in vigore il 1° gennaio 2025, ma tra il 1° gennaio 2026 per le grandi aziende e il 30 giugno 2026 per le PMI. Il comunicato riconosce che “i partner globali avevano ripetutamente espresso preoccupazioni sulla sua preparazione”. Manfred Weber, leader del Partito Popolare Europeo, ha accolto con favore la decisione: “Sono lieto che Ursula Von der Leyen abbia seguito la mia iniziativa di rinviare” la norma. Virginijus Sinkevicius, vicepresidente del gruppo dei Verdi al Parlamento europeo e commissario all'Ambiente sotto von der Leyen I, ha reagito criticando il suo ex capo: “Ritardare la regolamentazione della deforestazione è un passo indietro nella lotta al cambiamento climatico. Mette a rischio 80.000 ettari di foresta ogni giorno, aggiunge il 15% alle emissioni di carbonio, rompe la fiducia dei nostri partner globali e danneggia la credibilità dei nostri impegni sul clima”. Von der Leyen II fa marcia indietro prima dell'inizio del suo mandato.
Gli industriali italiani chiedono altri rinvii sul Green deal - Una delegazione di Confindustria, l'associazione degli industriali italiani, ieri era a Bruxelles per una serie di incontri con il Parlamento europeo. In linea con il governo di Giorgia Meloni, anche Confindustria ha chiesto di anticipare al 2025 la revisione del regolamento che fissa al 2035 la fine delle automobili con motore a combustione. “Aspettare il 2026 è troppo tardi. Va fatto molto prima”, ci ha detto il suo presidente, Emanuele Orsini, che ha accolto positivamente il rinvio del regolamento sulla deforestazione da parte della Commissione. Secondo Confindustria, gran parte del Green deal dovrebbe essere rinviato. “Per fare la transizione serve tempo. Non si può pensare che si faccia nei tempi indicati dalla precedente Commissione”, ha detto Orsini. Vale per la direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità o quella sugli obblighi di “due diligence” ai fini della sostenibilità. Confindustria vuole anche una marcia indietro sugli ETS per settori come la ceramica, il vetro e l'acciaio, accusando il sistema di scambio di emissioni di aver fatto “perdere competitività” all'Ue. “La linea tra decabornizzazione e deindustrializzazione è molto sottile”, ha detto Orsini.
Il dilemma di von der Leyen: escludere l'energia nucleare dai finanziamenti dell'Ue - Gli oppositori dell'energia nucleare sono tornati in campagna elettorale. Il segretario di Stato tedesco per gli Affari economici, il verde Sven Giegold, chiede alla Commissione europea di dare priorità alle energie rinnovabili nel Clean Industrial Deal dell'Unione europea, promesso per i primi 100 giorni del secondo mandato di Ursula von der Leyen. “È importante escludere l'energia nucleare e la sua produzione da qualsiasi finanziamento dell'Ue”, ha affermato Giegold presentando la posizione della Germania sul Clean Industrial Deal. Imbarazzo per il presidente della Commissione europea. Ursula von der Leyen deve tenere conto dei paesi che utilizzano l'energia nucleare nel loro mix energetico. “Sono convinta che nei paesi aperti alla tecnologia, le tecnologie nucleari possano svolgere un ruolo importante nella transizione verso l'energia pulita”, ha von der Leyen sostenuto a marzo durante il Nuclear Energy Summit. Farà marcia indietro?
Geoeconomia
Macron agita lo spettro del declino economico dell'Ue a Berlino - Il presidente francese, Emmanuel Macron, non ha usato mezzi termini ieri durante il suo intervento alla conferenza sul futuro dell'Ue in un mondo multipolare organizzata a Berlino. “Se continuiamo a commettere gli stessi errori, cioè a sotto-investire e a regolamentare eccessivamente, saremo fuori dal mercato mondiale nel giro di due o tre anni”, ha avvertito Macron. “Cina e Stati Uniti non rispettano più le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio. Non possiamo rimanere gli unici a farlo”, ha sottolineato il presidente francese. Macron ha respinto l'accusa di protezionismo, ma ha chiesto equità nelle relazioni con Pechino e Washington, e ha ribadito la richiesta di una legislazione europea sul modello dell'IRA (Inflation Reduction Act) adottato dagli Stati Uniti nel 2022. “Il modello di sviluppo europeo basato sulle esportazioni verso la Cina, sull'energia a basso costo grazie al gas russo e sull'ombrello della difesa americana è finito, perché la Cina con la sua sovracapacità non è più un mercato sicuro per le nostre esportazioni, perché la guerra condotta dalla Russia ha ucciso la nostra competitività facendo aumentare i costi dell'energia e perché le decisioni politiche prese negli Stati Uniti dopo l'Afghanistan non offrono più una garanzia di protezione assoluta. Il mondo è cambiato e dobbiamo reimpostare il nostro modello economico, perché la nostra crescita è a rischio”, ha affermato Macron, in linea con le raccomandazioni formulate da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea, accolto con grande freddezza in Germania. Macron ha incontrato Olaf Scholz. Ma ha evitato di provocare il cancelliere sul nuovo debito comune rifiutato dal governo tedesco. “Dobbiamo evitare di provocare traumi fin dall'inizio”, ha sottolineato Macron.
Geopolitica
Attacco iraniano a Israele, l'Ue condanna in ordine sparso - Sulla piattaforma X sono state pubblicate tre dichiarazioni distinte del presidente del Consiglio europeo, della presidente della Commissione e dell'Alto rappresentante che condannano “nei termini più forti possibili” il lancio di missili balistici da parte dell'Iran contro Israele. Quanto credito si deve dare a queste reazioni e che peso devono avere? Charles Michel e Ursula von der Leyen usano l'io, mentre Josep Borrell parla a nome dell'Ue. I leader delle istituzioni europee danno l'impressione di non consultarsi. Una dichiarazione congiunta sarebbe stata più incisiva di fronte al rischio di una guerra regionale. Dopo la condanna, cosa può fare l'Ue? Quali sono le sue leve per evitare un'escalation? L'Ue ha strumenti economici e politici, che saranno al centro delle discussioni tra i leader europei e con le loro controparti dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo durante i vertici che si terranno a Bruxelles il 16, 17 e 18 ottobre.
Antitrust
L'italiano Emanuele Tarantino nominato capo economista alla Concorrenza - Il collegio dei commissari ieri ha nominato l'italiano Emanuele Tarantino come capo economista della direzione generale per la Concorrenza. Il posto era rimasto vacante dall'agosto del 2023, dopo che la Francia era riuscita a far saltare la nomina dell'economista americana Fiona Scott Morton perché priva di un passaporto dell'Ue. Tarantino è professore di economia all'Università Luiss di Roma e ricercatore associato presso l'Istituto Einaudi per l'Economia e la Finanza in Italia e il Centre for Economic Policy Research nel Regno Unito. Inoltre, Tarantino conosce già i servizi dell'Antitrust dell'Ue. E' anche membro del Gruppo di consiglieri economici sulla politica della concorrenza. Tarantino “ha una storia accademica di tutto rispetto e 15 anni di esperienza in analisi economica e politica della concorrenza, che gli hanno conferito una profonda comprensione delle dinamiche di mercato e dei quadri normativi”, ha spiegato la Commissione: “Il suo curriculum di consulenza a istituzioni governative e private evidenzia la sua capacità di fornire una guida strategica e informata su complesse questioni economiche, il che lo rende altamente idoneo a fornire consulenza sugli aspetti economici relativi allo sviluppo delle politiche e all'applicazione delle regole sulla concorrenza nell'Ue”.
Accade oggi
Commissione: la presidente von der Leyen riceve gli amministratori delegati di società europee dell'innovazione e startup
Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell a La Toja partecipa al Foro La Toja-Vinculo Atlantico
Commissione: la vicepresidente Jourova a La Toja partecipa al Foro La Toja-Vinculo Atlantico
Commissione: i commissari Schinas e Johansson a Mirabella Eclano partecipa alla riunione dei ministri dell'Interno del G7
Commissione: il commissario Hahn a Nuova Delhi incontra il ministro delle Finanze indiano, Nirmala Sitharaman
Commissione: il commissario Wojciechowski a Chisinau in Moldavia
Commissione: la commissaria Urpilainen in visita a Ashgabat in Turkmenistan incontra il presidente Serdar Berdimuhamedov
Parlamento europeo: la presidente Metsola incontra il segretario generale dell'ETUC, Esther Lynch
Parlamento europeo: briefing per i giornalisti sulle audizioni di conferma dei commissari
Comitato economico e sociale: eventi dell'European Cybersecurity Month 2024
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Eurostat: indice dei prezzi delle case nel secondo trimestre; prezzi della produzione industriale ad agosto; dati sui pernottamenti via piattaforme nel secondo trimestre