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Crisi di regime in Francia e Germania: l'Ue senza motore
Le elezioni nei Lander orientali in Germania domenica hanno prodotto il risultato atteso dai sondaggi. Il partito di estrema destra Alternativa per la Germania è arrivato in testa in Turingia e si è piazzato in seconda posizione in Sassonia, segnando un'ulteriore progressione nelle urne, che destabilizza ulteriormente la già fragile coalizione guidata da Olaf Scholz a un anno dalle elezioni legislative. Ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha ricevuto all'Eliseo il socialista Bernard Cazeneuve e il conservatore Xavier Bertrand per cercare di trovare un nuovo primo ministro e una via d'uscita dalla crisi in cui ha lui stesso gettato il paese. In Francia, a due mesi dalle legislative anticipate, lo spirito santo della cultura di coalizione non è ancora sceso sui leader dei partiti dell'arco democratico. Nel momento in cui l'Unione europea inizia una nuova legislatura ed ha di fronte sfide come la guerra all'Ucraina, il cambio di amministrazione negli Stati Uniti e l'aggressività politico-economica della Cina, il motore franco-tedesco è in stallo. Chi farà avanzare l'Ue?
Quelle in corso in Germania e Francia possono essere descritte come due crisi di regime: le fondamenta che hanno sostenuto i due paesi per settant'anni sono così logorate dalle dinamiche politiche da essere obsolete rendere i due paesi ingovernabili. Gli elettori tedeschi hanno rotto il tabù dell'estrema destra, che il loro establishment era riuscito a preservare dal dopo-guerra in poi. In un sistema federale e consensuale come quello iscritto nella Legge fondamentale tedesca, la somma di frammentazione politica e populismo sta portando il regime istituzionale alla rottura.
Le coalizioni a due non sono più sufficienti per governare a Berlino. Tra un anno, anche se vincerà le elezioni con il 30 per cento come prevedono i sondaggi, la Cdu non sarà in grado di formare una Große Koalition con i socialdemocratici della Spd. I conservatori avranno bisogno di un terzo partner, a rischio di ripiombare nei mali che affliggono la coalizione Scholz. Un voto in un Land condiziona la politica nazionale. In Turingia e Sassonia l'estrema sinistra condiziona il suo ingresso in coalizione con la Cdu a un cambio di posizione nazionale dei conservatori sul sostegno all'Ucraina.
In Francia la crisi innescata da Emmanuel Macron con la dissoluzione dell'Assemblea nazionale segna la fine del regime della Quinta Repubblica. Il suo sistema istituzionale centralizzato, che fa del presidente un monarca quasi assoluto, non funziona più. Il correttivo della “coabitazione” tra un presidente di una parte politica e un governo dell'altra non è più di attualità a causa della frammentazione tra tre-quattro blocchi inconciliabili tra loro. A causa del sistema elettorale maggioritario, manca una cultura del compromesso e della coalizione.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Se la Francia avrà un governo, sarà debole e probabilmente tecnocratico. La sua durata è incerta, legata ai dodici mesi che devono trascorrere prima di poter indire nuove elezioni legislative. In ogni caso, l'estrema destra del Rassemblement National può sperare di capitalizzare alle elezioni presidenziali del 2027. Se Marine Le Pen entrerà all'Eliseo con le istituzioni della Quinta Repubblica, non ci saranno contropoteri in grado di bilanciare i suoi eccessi.
Ursula von der Leyen ieri ha rifiutato di commentare i risultati delle elezioni nei due Lander orientali della Sassonia. La presidente della Commissione, dopo le elezioni anticipate, non si è nemmeno espressa sulla situazione politica francese. Eppure ciò che accade a Berlino e Parigi avrà un impatto significativo sull'Ue. Sulla difensiva in patria, Scholz sarà ancora più prudente sulle decisioni che l'Ue dovrà adottare prima delle elezioni legislative del settembre 2025 in Germania. A causa delle divergenze interne alla coalizione tra socialdemocratici, verdi e liberali, già da diversi mesi la Germania fatica a presentare posizioni chiare e coerenti a Bruxelles. Quanto a Macron, da due mesi l'Ue è quasi scomparsa dal suo campo di azione e dai suoi discorsi. A meno di non voler lasciare campo libero a Le Pen nel 2027, nei prossimi due anni e mezzo dovrà concentrarsi più sulla Francia e sulle idee sul futuro dell'Ue illustrate nei discorsi della Sorbona.
Alcuni potrebbero essere tentati di festeggiare il vuoto di potere franco-tedesco in Europa. Al G7 in Puglia in luglio, l'italiana Giorgia Meloni ha faticato a nascondere la sua gioia per i pessimi risultati dei partiti di Scholz e Macron alle elezioni europee. Viktor Orban ne approfitta per predicare la fine del vecchio mondo nell'Ue e la nascita di un'Europa nazionalista e identitaria.
Meno franco-tedesco nell'Ue non è necessariamente negativo. A luglio, il commissario Paolo Gentiloni ha constatato che “il famoso motore franco-tedesco non è mai stato così debole. Quindi, direi che affidarsi all’Unione sia la cosa più ragionevole”. L'Ue può fornire una leadership più inclusiva. La guerra della Russia in Ucraina ha già spostato l'equilibrio di potere verso Est. Lo ha detto la stessa von der Leyen nel suo discorso venerdì al Forum Globsec. “La nuova realtà è che l'Europa centrale non è solo geograficamente al centro dell'Europa, ma è anche politicamente e strategicamente centrale per il futuro dell'Ue”, ha spiegato la presidente della Commissione. Ma – come ci hanno detto diversi interlocutori in diverse occasioni – “senza Francia e Germania non si può fare nulla”.
Quelli che sono considerati come i principali successi della prima Commissione von der Leyen – gli acquisti congiunti di vaccini e il piano di rilancio post-pandemia – sono stati il frutto di un impulso franco-tedesco. Anche il Green deal è stato il risultato di un allineamento di interessi e priorità tra Parigi e Berlino. La riforma del Patto di stabilità e crescita è stata realizzata solo dopo un'intesa tra le due capitali. Ciò che va temuto di più non è la mancanza di protagonismo di Germania e Francia, ma la loro indecisione. In attesa del rapporto di Mario Draghi, che metterà nero su bianco le “decisioni difficili” che i governi dovranno adottare per salvare la competitività europea (e non solo) di fronte a Stati Uniti e Cina, l'elenco delle cose da fare nei prossimi anni è già sufficientemente lungo: allargamento, bilancio 2028-35, rafforzamento della difesa, autonomia strategica. L'Ue non può semplicemente permettersi l'assenza di Germania e Francia per una crisi strutturale interna.
La frase
“Durante il mio primo mandato alla Commissione europea, l'allargamento è tornato in cima alla nostra agenda politica (…). La guerra della Russia in Ucraina è per l'Europa un punto di svolta come il 1989. Viviamo in un mondo diverso e siamo costretti a ripensare le nostre politiche e i nostri obiettivi”.
Ursula von der Leyen.
Commissione von der Leyen II
Von der Leyen promette un commissario solo per l'Allargamento - Nella sua prima Commissione, Ursula von der Leyen aveva nominato un commissario alla Politica di vicinato, le cui competenze si estendono al sud del Mediterraneo e ad altri paesi vicini. Di fatto era un segnale del suo disinteresse per l'allargamento ai Balcani occidentali. In un discorso ieri al Forum di Bled, von der Leyen ha annunciato che nella sua seconda Commissione ci sarà un commissario che si occuperà solo dell'adesione dei paesi candidati. “Voglio che il nostro lavoro acceleri ancora di più. Nella prossima Commissione, l'allargamento deve essere un lavoro a tempo pieno”, ha detto von der Leyen. “Ecco perché nominerò un commissario esclusivamente dedicato all'allargamento”. La guerra della Russia contro l'Ucraina ha cambiato tutto. “L'allargamento è un investimento nella nostra forza e sicurezza collettive”, ha spiegato von der Leyen. Ma nel suo discorso la presidente della Commissione ha dimenticato un paese che ha lo status di candidato. “Vogliamo un'Europa forte, competitiva e sicura, che includa i Balcani occidentali, così come l'Ucraina e la Moldavia nella nostra Ue e tutti coloro le cui aspirazioni europee sono accompagnate dalle loro azioni”, ha detto von der Leyen. Chi manca? La Georgia, il cui governo sta adottando leggi che l'allontanano dall'Ue per avvicinarsi alla Russia.
Due donne commissarie da Belgio e Romania per la parità di genere - Ultimo tra gli Stati membri ieri il Belgio ha designato la propria commissaria, dando un contributo a Ursula von der Leyen per raggiungere la parità di genere. Su indicazione del partito liberale francofono MR, il governo belga ha candidato l'attuale ministro degli Esteri, Hadja Lahbib. Il commissario alla Giustizia Didier Reynders, che sperava di essere confermato dal Belgio, ha espresso la sua “profonda delusione”. Un altro aiuto per riequilibrare la prossima Commissione a favore delle donne è arrivato dalla Romania. Su pressione di von der Leyen, il premier rumeno, Marcel Ciolacu, ha accettato di cambiare il nome (e il sesso) del suo candidato. L'europarlamentare socialista Roxana Minzatu prende il posto di un altro europarlamentare socialista, Victor Negrescu. Allo stato attuale, la prossima Commissione sarà composta da 17 uomini e 9 donne, che dovrebbero salire a 10 se von der Leyen sceglierà Ekatarina Zaharieva come commissaria bulgara.
Sedie musicali
Michel smentisce una manovra per diventare ministro degli Esteri del Belgio - La nomina di Hadja Lahbib a commissaria ha innescato una serie di congetture sulla possibilità che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, voglia prendere il suo posto come ministro degli Esteri del Belgio. Alcuni diplomatici hanno detto a Politico.eu che Michel avrebbe spinto il leader del suo partito MR a indicare Lahbib per sostituirla come capo della diplomazia. L'entourage del presidente del Consiglio europeo smentisce. “Charles Michel si è impegnato a concludere il suo mandato di presidente del Consiglio europeo fino al suo termine. Ogni altra interpretazione o supposizione rileva da voci senza fondamento”, ci ha detto una fonte vicina a Michel. La nuova Commissione dovrebbe entrare in carica il primo novembre. Il mandato dell'attuale presidente del Consiglio europeo si concluderà il 30 novembre. Non è la prima volta che fonti anonime attribuiscono a Michel delle manovre per trovarsi un nuovo incarico. Finora le voci si sono rivelate senza fondamento.
Stato di diritto
La Commissione chiede a Orban di pagare 200 milioni di euro per le sue politiche migratorie - Di fronte al rifiuto del governo di Viktor Orban di pagare 200 milioni di euro di multa imposta dalla Corte di giustizia dell'Ue, ieri la Commissione ha inviato una lettera all'Ungheria chiedendo di pagare entro il 17 settembre, altrimenti l'ammontare della sanzione sarà detratto dai versamenti dei fondi europei destinati a Budapest. A giugno, in una sentenza storica, la Corte di giustizia dell'Ue ha stabilito che l'Ungheria ha commesso "violazioni senza precedenti ed eccezionalmente gravi dello stato di diritto" con la sua legislazione che limita l'accesso all'asilo per i migranti che chiedono protezione internazionale. La Commissione aveva inviato una prima richiesta di pagamento il 16 luglio. Il governo Orban non ha risposto, ma ha annunciato l'intenzione di chiedere alla Commissione 2 miliardi di euro per la gestione passata della frontiera esterna dell'Ue e ha minacciato di inviare i migranti direttamente a Bruxelles. La Commissione ha anche chiesto all'Ungheria se ha posto rimedio alle violazioni constatate dalla Corte di giustizia dell'Ue, prima di inviare un'altra richiesta di pagamento per la multa ulteriore da 1 milione di euro al giorno imposta dai giudici di Lussemburgo.
Francia
Macron sonda lo spettro politico - Un esponente socialista, Bernard Cazeneuve, ex primo ministro sotto François Hollande; un barone della destra repubblicana, Xavier Bertrand, presidente del Consiglio regionale Hauts de France (Nord); e un tecnico, Thierry Beaudet, presidente del Comitato economico, sociale e ambientale. Da ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, sta sondando i partiti politici su queste tre personalità nel tentativo di nominare un primo ministro capace di governare. Macron consulta, consulta e consulta, sperando di superare lo stallo causato dalla mancanza di un vincitore dopo le elezioni anticipate del 7 luglio. Ieri ha ricevuto i suoi predecessori all'Eliseo, Nicolas Sarkozy e François Hollande, per stabilire se sia possibile trovare un consenso tra le famiglie politiche pro-europee di destra, centro e sinistra e quale sia il compromesso. La ricerca di un accordo per evitare di contribuire alla censura del nuovo governo diventa l'ipotesi più percorribile. E un governo guidato da un tecnico ne sarebbe la conseguenza. Thierry Beaudet sarebbe il candidato in questo scenario. Secondo Le Monde, è già stato trovato un capo gabinetto: il prefetto Bertrand Gaume. Il funzionario non è estraneo a Xavier Bertrand, né ai socialisti, in quanto era stato capo di gabinetto di Benoît Hamon quando era ministro dell'Economia sociale nel 2012. Il Monde precisa che l'Eliseo non ha confermato questa ipotesi.
La nomina di una figura politica rifiutata dalla sinistra - Il Nuovo Fronte Popolare, l'alleanza formata da La France Insoumise, il Partito Socialista, gli Ecologisti e il Partito Comunista, pretende la nomina di Lucie Castets, la candidata imposta dagli Insoumis, e blocca ogni proposta alternativa. Tuttavia, la possibilità di vedere uno dei loro a Matignon sta dividendo i socialisti. Olivier Faure, primo segretario del Partito Socialista, che sostiene Lucie Castets, non ha protestato quando la deputata Clémentine Autain, ex della France Insoumise, ha fatto fischiare Bernard Cazeneuve domenica durante un evento del partito. Il comportamento di Faure ha scioccato anche dentro il Partito Socialista. Una nuova spaccatura all'interno della famiglia socialista e un'implosione del Nuovo Fronte Popolare non sono da escludere.
Soldi
La Corte dei conti lancia l'allarme sul Pnrr - I fondi per la ripresa post-Covid arrivano più lentamente del previsto nell’economia reale, ha detto ieri la Corte dei conti dell'Ue in una relazione per valutare l'assorbimento delle risorse del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility), il principale strumento di NextGenerationEU. “Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i paesi dell'Ue avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30 per cento verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”, ha detto Ivana Maletic, il membro della Corte dei conti responsabile dell'audit. Quasi tutti i paesi hanno presentato in ritardo le richieste di pagamento alla Commissione, spesso a causa dell’inflazione o di carenze di approvvigionamento, di incertezze circa la normativa ambientale e di una capacità amministrativa insufficiente. A fine 2023 era stato presentato il 70 per cento delle richieste previste e per un ammontare inferiore del 16 per cento circa alle attese. Il rapporto contiene alcune critiche nei confronti della Commissione, che l'esecutivo comunitario rigetta. L'aspetto positivo è che, grazie a un prefinanziamento del 13 per cento dell'importo totale destinato agli stati membri, è stato possibile versare rapidamente più fondi per rilanciare l'economia dopo la crisi del Covid.
Il rischio di versare fondi per progetti che non saranno completati - Tra i rischi individuati dalla Corte dei conti dell'Ue c'è quello che gli Stati membri ricevano fondi per la realizzazione di traguardi e obiettivi nelle fasi iniziali del loro piano, ma che i progetti non siano finalizzati senza dover restituire il denaro all'Ue. Nel redigere la relazione, la Corte dei conti ha prestato particolare attenzione al fatto che gli esborsi non riflettono necessariamente la quantità e l'importanza di traguardi e obiettivi. Questo significa che fondi significativi potrebbero essere erogati senza che gli Stati membri completino le misure corrispondenti. L'Italia rappresenta un caso emblematico: il 62 per cento degli investimenti contenuti nel Pnrr sarà completato solo nel 2026, cioè negli ultimi 8 mesi coperti dal programma. A fine 2023, l'Italia ha ricevuto il 46 per cento dei fondi a fronte del 34 per cento dei traguardi e obiettivi conseguiti in misura soddisfacente.
Accade oggi
Presidenza ungherese dell'Ue: riunione informale dei ministri per gli Affari europei a Budapest
Commissione: il commissario Wojciechowski a Cipro partecipa alla Riunione ministeriale agricola Med9 sulla minaccia della siccità
Commissione: il commissario Breton riceve Ron Wyden, presidente della commissione Finanze del Senato degli Stati Uniti
Commissione: il commissario Lenarcic, incontra Jagan Chapagain, segretario generale della Federazione internazionale della Croce Rossa
Commissione: la commissaria Simson in Namibia
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza nella causa Illumina-Grail contro Commissione
Eurostat: dati sui permessi nel settore delle costruzioni a maggio; turnover nell'industria a giugno