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Donald l'americano contro Donald l'europeo
L'America ieri ha votato e Donald Trump è sul punto di trovarsi per la seconda volta ai comandi della più grande potenza mondiale e del faro globale della democrazia. Secondo le proiezioni del New York Times alle sette di questa mattina, il candidato repubblicano dovrebbe ottenere 306 grandi elettori, contro 232 della sua avversaria democratica, la vicepresidente uscente Kamala Harris. Le conseguenze sono imprevedibili per il mondo e per l'Ue. La paura immediata riguarda l'Ucraina. L'incubo dell'Unione europea sta diventando realtà. Almeno, per fronteggiare il Donald americano, l'Ue può contare sul suo Donald europeo.
Il Donald europeo si chiama Tusk. E' polacco, è primo ministro ed è l'antitesi europea di Donald Trump del suo pensiero strategico e della sua visione illiberale della democrazia. E' l'avversario dichiarato dell'ungherese Viktor Orban, ammiratore del Donald americano di cui ha federato i partigiani europei nel gruppo dei Patrioti, diventato la terza forza al Parlamento europeo. Forte della sua esperienza europea – Tusk è stato presidente del Consiglio europeo tra il 2014 e il 2019, guarda caso durante il primo mandato del Donald americano – il Donald europeo può essere il leader che trascina l'Ue fuori dalla sua attuale apatia. A condizione di riuscire a liberarsi rapidamente dell'eredità del trumpismo nel suo paese.
A parte Orban, Donald Tusk è stato uno dei pochi leader a intervenire durante la campagna per le elezioni presidenziali americane. Ma, contrariamente al suo omologo ungherese che aveva incrociato le dita per Trump, il messaggio di Tusk era diretto ai suoi colleghi europei. “Harris o Trump? Alcuni sostengono che il futuro dell'Europa dipende dalle elezioni americane, mentre dipende prima di tutto da noi. A condizione che l'Europa cresca finalmente e creda nella propria forza”, ha scritto Tusk su X: “Qualunque sia l'esito, l'era dell'outsourcing geopolitico è finita”. In altre parole, tocca all'Ue prendere il proprio destino in mano. E anche in caso di vittoria della democratica Harris. Perché è dai tempi di Barack Obama che le amministrazioni democratiche si ritirano dall'Europa per concentrarsi sull'Indo-Pacifico. E perché l'America First è un cambiamento strutturale della politica negli Stati Uniti.
Da presidente del Consiglio europeo, tra il 2017 e il 2019, Tusk ha avuto un'esperienza diretta di Trump e dell'America First nella sua forma estrema. Il Donald europeo non ha esitato a scontrarsi con il Donald americano. "Caro presidente Trump, gli Stati Uniti non hanno e non avranno un alleato migliore dell'Ue", ha scritto su quello che allora si chiamava Twitter, rispondendo alle usuali minacce di Trump prima di un vertice della Nato nel 2018. "Cara America, apprezza i tuoi alleati, dopo tutto non ne hai così tanti", ha aggiunto Tusk. Alla fine della sua esperienza come presidente del Consiglio europeo, Tusk aveva spiegato in un'intervista a Di Zeit che Trump è "forse la sfida più difficile" per l'Ue. "Per la prima volta nella storia, c'è un presidente americano che è apertamente contro un'Europa unita. Sostiene la Brexit e prega per l'implosione dell'Unione".
Quel che pensa il Donald europeo del Donald americano è emerso con tutta la sua chiarezza nel maggio del 2018, durante una cena informale dei capi di Stato e di governo dell'Ue a Sofia, quando il presidente americano aveva deciso di uscire dall'accordo nucleare con l'Iran e di imporre dazi sull'acciaio europeo. ““Stiamo assistendo oggi a un nuovo fenomeno: la capricciosa assertività dell’amministrazione americana. Guardando alle ultime decisioni del presidente Trump, alcuni potrebbero persino pensare: Con amici così, chi ha bisogno di nemici?”, aveva detto Tusk ai giornalisti. Il seguito di quella dichiarazione è ancora più interessante per comprendere la sua visione di come è cambiata la relazione transatlantica. “Francamente, l'Europa dovrebbe essere grata al presidente Trump, perché grazie a lui ci siamo liberati di vecchie illusioni. Ci ha fatto capire che se hai bisogno di una mano, ne troverai una alla fine del tuo braccio”. L'Ue non può più contare sull'America.
“Non ho dubbi che nel nuovo gioco globale, l'Europa sarà uno dei giocatori principali o una pedina. Questa è l'unica vera alternativa”, aveva spiegato Tusk il 16 maggio del 2018. “Per essere il soggetto e non l'oggetto della politica globale, l'Europa deve essere unita economicamente, politicamente e anche militarmente come mai prima. Per dirla in parole povere: o siamo insieme, o non saremo”. Secondo il Donald europeo del 2018, “l'Europa deve fare tutto ciò che è in suo potere per proteggere, nonostante il clima odierno, il legame transatlantico. Ma allo stesso tempo dobbiamo essere preparati agli scenari in cui dobbiamo agire da soli”. Sei anni e mezzo dopo l'Ue si ritrova nella stessa situazione. L'esperienza dell'Amministrazione Biden – il ritiro dall'Afghanistan, la mancata pace commerciale, l'Inflation reduction act, le esitazioni sull'Ucraina – hanno confermato che l'Europa deve imparare ad agire da sola a prescindere da chi siede alla Casa Bianca. Peccato che nei sei anni che sono trascorsi l'Ue non si sia preparata.
Tusk incarna l'antitesi del trumpismo europeo capitanato da Viktor Orban. Entrambi usano con abilità i post su X (prima Twitter) e sono efficaci comunicatori. Ma i messaggi sono opposti. Il premier ungherese alimenta le paure e aizza le orde populiste contro Bruxelles. Il premier polacco difende la democrazia e lo stato di diritto in patria e nell'Ue. E' vero che le posizioni dei due sui migranti non sono così distanti. Polonia e Ungheria rifiutano la solidarietà prevista dal nuovo Patto su migrazione e asilo. Tusk ha appena annunciato la sospensione delle procedure di asilo per i migranti che arrivano dalla Bielorussia. Ma il polacco sta conducendo in una difficile battaglia interna. Tusk è impegnato nel difficile compito di restaurare lo Stato di diritto e liberare la Polonia dall'eredità illiberale del PiS. Manca un'ultima tappa: le elezioni presidenziali del maggio del 2025, quando Tusk spera di liberarsi anche di Andrzej Duda, il presidente che con i suoi veti rappresenta il principale ostacolo alle riforme pro Stato di diritto. Di qui ad allora, Tusk non può permettersi di dare argomenti al PiS, né sui migranti né su altri temi che potrebbero spostare l'elettorato.
Il difficile compito in Polonia limita il margine di manovra europeo di Tusk. Una volta completato il ritorno alla piena democrazia, il Donald europeo avrà la forza di guidare la riscossa europea? Difficile nell'immediato. Dopo la guerra russa contro l'Ucraina e la cacciata del PiS dal potere a Varsavia, il triangolo di Weimar (il formato Francia, Germania e Polonia) è diventato centrale nell'Ue. Ma gli altri due vertici del triangolo sono due anatre zoppe. Il presidente francese, Emmanuel Macron, si è azzoppato da solo con la dissoluzione dell'Assemblea nazionale e deve fare i conti con la strana coabitazione con Michel Barnier a due anni e mezzo dalle presidenziali. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è alle prese con i suoi perenni dubbi, oltre che con le divisioni sempre più profonde della sua coalizione a un anno dalle elezioni legislative federali.
Tusk ha preso atto di questa situazione e ha avviato il processo per dotare la Polonia di un esercito potente, ben equipaggiato, capace di intervenire all'interno della Nato ma anche a favore dell'Ue nel caso in cui l'America venisse meno. E ha avviato la costruzione dello scudo dell'Est, una rete di fortificazioni difensive al confine con la Russia.
Membro del Partito Popolare Europeo, la prima famiglia politica europea di cui è stato presidente per due anni (da dicembre 2019 a giugno 2022), Donald Tusk, il Donald europeo, è il leader nazionale più forte su cui possa contare l'Ue per costruire la sovranità europea attorno ai principi della democrazia liberale e per renderla autonoma dai capricci di chi occupa lo studio ovale alla Casa Bianca. Strano destino, il suo, che per cinque anni da presidente del Consiglio europeo ha cercato invano di scuotere Germania e Francia sulle illusioni che si facevano sulla Russia. E che poi è tornato al potere a Varsavia con una campagna il cui simbolo era un cuore. Dopo aver salvato la Polonia, il Donald europeo tornerà per salvare l'Europa?
La frase
“La signora Sandu non è il presidente del suo paese, perché nel suo stesso paese la maggioranza della popolazione non ha votato per lei”.
Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, sulle elezioni presidenziali in Moldavia.
Vertice
Vertici di Budapest: europei ai ferri corti - È tutto in bilico per i due vertici organizzati a Budapest giovedì e venerdì. La colpa è di Viktor Orban. Le elezioni presidenziali statunitensi faranno da sfondo alle discussioni tra i leader dei paesi invitati alla riunione della Comunità politica europea, seguite da una cena di lavoro tra i 27 leader dell'Ue in serata, prima del vertice europeo informale sulla competitività del giorno successivo. Il primo ministro ungherese è imprevedibile e numerose voci hanno fatto salire la tensione. Ammiratore di Donald Trump, Orban spera apertamente che torni alla Casa Bianca e potrebbe prendere una posizione che avvelenerebbe i dibattiti, che il suo favorito vinca, venga sconfitto o che contesti il risultato. Un messaggio su X è sufficiente. Lo ha fatto per le elezioni legislative in Georgia, salutando la vittoria del partito Sogno Georgiano ancor prima che i risultati fossero annunciati. Cosa faranno gli altri leader dell'UE? “Non è la prima volta che Viktor Orban difende un'opinione diversa da quella degli altri leader e si trova isolato”, ha ricordato un alto funzionario europeo. Orban comincia a stancarsi e alcuni non esiteranno a “dirgli certe verità” durante la cena, ha aggiunto. E, se Trump sarà sconfitto, per Orban si prospettano tempi duri.
Voci su un ospite a sorpresa e ritiri a Budapest - Non tutti i leader invitati alla riunione della Comunità politica europea parteciperanno. “Alcuni esitano, altri hanno impegni politici nazionali”, ha spiegato un alto funzionario europeo. Il capo del governo spagnolo, Pedro Sanchez, sarà assente perché deve gestire i soccorsi nella regione di Valencia, devastata da alluvioni mortali. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dovrebbe partecipare. Tuttavia, non vi è alcuna certezza che il primo ministro georgiano parteciperà. Sono iniziate a circolare voci secondo cui Viktor Orban avrà un ospite a sorpresa. “L'incontro si terrà con i leader che sono stati invitati fisicamente. Questo è il nostro intendimento”, ha spiegato l'alto funzionario europeo. “Questa regola non è mai stata infranta”, ha sottolineato.
Cautela sulle elezioni presidenziali americane - I leader dell'Ue hanno programmato una discussione durante la cena di lavoro di giovedì sera a Budapest. Sono possibili diversi scenari: “o abbiamo un vincitore, o nessun vincitore, o i risultati sono contestati”. I 27 discuteranno e concorderanno “linee comuni” e “messaggi comuni”. Si tiene conto della possibilità di una vittoria di Donald Trump, che divide gli europei. “Dovremo rimanere calmi e vedere cosa succede. Il nuovo presidente non entrerà in carica prima del gennaio 2025”. Il messaggio post elezioni concordato dai ventisette è il seguente: congratularsi con il vincitore, ricordare l'importanza delle relazioni transatlantiche, affermare la volontà di rafforzarle, sottolineare che anche l'Ue ha la sua agenda, che comprende la difesa del sistema multilaterale e la determinazione a garantire prosperità, stabilità e sicurezza per i suoi cittadini. Se i risultati saranno contestati o dubbi, i leader eviteranno di fare congratulazioni e dichiareranno di avere fiducia nel sistema americano e nelle istituzioni degli Stati Uniti. Il grande interrogativo è se Viktor Orban si atterrà alla linea concordata.
Preoccupazione per l'Ucraina - “Siamo nel ventre dell'onda. La posizione degli Stati Uniti sarà decisiva per alcuni Stati membri”, ha riconosciuto l'alto funzionario. Il sostegno allo sforzo bellico ucraino è stato assicurato con l'accordo su 50 miliardi di dollari in prestiti garantiti dai profitti dei beni russi congelati dalle sanzioni contro Mosca. Ma in alcuni Stati membri si è perso lo slancio. Il cancelliere Olaf Scholz sta bloccando l'adesione dell'Ucraina alla Nato, rifiutando di fornire armi che potrebbero fare la differenza sul campo di battaglia per paura di un'escalation con la Russia e dando ascolto a opinioni che sostengono la “finlandizzazione” dell'Ucraina. L'esito delle elezioni presidenziali statunitensi potrebbe far crescere la consapevolezza della necessità che l'Ue smetta di seguire il suo esempio e fornisca un maggiore sostegno militare e finanziario, oppure potrebbe spingere ad abbandonare l'Ucraina e ad aprire colloqui con la Russia.
Momento della verità sulle raccomandazioni del rapporto Draghi - L'ex presidente della Bce verrà a Budapest per presentare il suo rapporto sulla competitività dell'Ue e le sue raccomandazioni. La discussione è prevista durante il vertice europeo informale che si terrà a Budapest venerdì. Mario Draghi ha lanciato l'allarme, ma l'accoglienza è stata piuttosto fredda. “Dovremo superare le nostre differenze e guardare oltre gli interessi nazionali”, ha avvertito l'alto funzionario europeo. “L'aspetto finanziario è fondamentale”, ha insistito. È necessario superare il muro degli investimenti. Mario Draghi ha indicato una cifra di 800 miliardi all'anno. Gli europei stanno prendendo tempo sui finanziamenti. La bozza di dichiarazione preparata per Budapest fa riferimento all'esplorazione di nuovi strumenti finanziari. Ma la presidente della Commissione, la tedesca Ursula von der Leyen, vede solo due strade: contributi al bilancio europeo e nuove risorse proprie. “Non ci sono altre opzioni”, ha dichiarato la settimana scorsa a Bruxelles. Il riferimento a “nuovi strumenti” sopravviverà e sarà incluso nella dichiarazione? “Non lo so”, ha ammesso l'alto funzionario. È in gioco la credibilità dell'Ue. “La Commissione deve prendere l'iniziativa di presentare la proposta. Se non ha il coraggio (di proporre nuovi strumenti), sarà complicato”.
Commissione von der Leyen II
Candidati non convincenti mettono alla prova la tregua tra PPE e socialisti - Il secondo giorno di audizioni al Parlamento europeo non è stato così positivo come il primo per i commissari designati per far parte della squadra di Ursula von der Leyen. Per i primi due candidati della mattina, l'irlandese Michael Mcgrath (Giustizia) e la bulgara Ekaterina Zaharieva (Ricerca), non ci sono stati grossi problemi. Entrambi sono stati promossi. Il pomeriggio e la sera è stato più complicato. Il socialista danese Dan Jorgensen (Energia) e la popolare croata Dubravka Suica (Mediterraneo) sono passati, anche se non così convincenti. Ancora peggio è andata nell'audizione serale della popolare svedese Jessika Roswall (Ambiente), considerata da molti deputati come non sufficientemente preparata e competente. Il popolare austriaco Magnus Brunner (Affari interni e immigrazione) è stato criticato da alcuni deputati dei gruppi di centrosinistra per le sue posizioni dure sulle politiche migratorie. Brunner è passato. La decisione su Roswall è stata rinviata a oggi. Domande supplementari in arrivo?
Brunner pronto a sostenere "hubs di rimpatrio" e muri contro i migranti - Magnus Brunner, ministro delle Finanze austriaco, designato da Ursula von der Leyen come commissario agli Affari interni e all'Immigrazione, ha confermato la svolta a destra della prossima Commissione sulle politiche migratori. "Dobbiamo deciderlo noi e non i trafficanti”, , ha detto Brunner, confermando l'apertura di von der Leyen agli "hubs di rimpatrio” nei paesi terzi e il sostegno al protocollo tra l'Italia e l'Albania per l'esternalizzazione delle richieste di asilo. Gli “hubs di rimpatrio” devono servire "per persone che hanno visto la richiesta di asilo respinta". ha detto Brunner. Quanto all'accordo tra Italia e Albania, "in linea di principio sono aperto a nuove idee", ha risposto il candidato commissario austriaco. Brunner ha anche aperto al finanziamento della costruzione di muri. "Non c'è nulla che impedisca loro di farlo in termini di disposizioni europee", ha detto il candidato commissario. "Le infrastrutture fisiche, come le recinzioni e i muri, potrebbero essere finanziate con fondi europei in termini di legalità, ma non abbiamo fondi a disposizione per questo".
Dan Jørgensen, commissario equilibrista sul nucleare - Era un anti nucleare, poi si è dovuto convertire dopo la sua nomina a commissario designato per l'Energia, ma la conversione non è completa. Nell'audizione di ieri al Parlamento europeo, il danese Dan Jørgensen si è prestato a un difficile esercizio da equilibrista per rispondere alle domande dei deputati sul nucleare. L'energia atomica "è e continuerà a essere parte del mix energetico ed è parte della soluzione per decarbonizzare", ha detto Jørgensen. "Non possiamo raggiungere i nostri obiettivi in Europa senza il nucleare", ha spiegato il danese, che però non ha voluto fare promesse sul finanziamento delle centrali. Sul nucleare "siamo uniti nella diversità", ha sintetizzato Jørgensen, provocando le risate dei deputati.
Suica esclude di sospendere l'accordo con Israele - La croata Dubravka Suica è stata designata da Ursula von der Leyen come commissaria per il Mediterraneo e, durante l'audizione di ieri al Parlamento europeo, ha fatto la sua prima invasione nel campo che dovrebbe essere occupato dall'Alto rappresentante, Kaja Kallas. "Non possiamo sospendere l'accordo di associazione al momento, perché è l'unica base sulla quale possiamo continuare la cooperazione con Israele, e senza questa non c'è nessuna soluzione dei due Stati", ha detto Suica. Da mesi Spagna e Irlanda attendono invano una risposta di von der Leyen sulla loro richiesta di rivedere l'accordo di associazione tra Ue e Israele. Spazientito, l'Alto rappresentante, Josep Borrell, ha previsto una discussione tra ministri degli Esteri. Ieri è arrivata la risposta di von der Leyen, anche se per bocca di Suica.
Geopolitica
La Svezia rinuncia ai parchi eolici nel Baltico per la minaccia russa - Il governo svedese ha deciso di rigettare 13 domande per costruire dei parchi eolici offshore nel Mar Baltico a causa dei timori legati alla sicurezza nel contesto delle minacce poste dalla Russia di Vladimir Putin. "Il governo ritiene che la costruzione degli attuali progetti nell'area del Mar Baltico avrebbe conseguenze inaccettabili per la difesa della Svezia", ha detto il ministro della Difesa, Pal Jonson. I parchi eolici sarebbero stati situati tra Åland, la regione autonoma finlandese tra Svezia e Finlandia, e il Sound, lo stretto tra la Svezia meridionale e la Danimarca, poco lontano dall'exclave russa di Kaliningrad. L'Ue e la Nato già temono per attacchi russi contro le infrastrutture in mare, ma nel caso dei parchi eolici il principale problema è che rischiano di interferire con le capacità di difesa della Svezia, rendendo più difficile rilevare sottomarini o missili da intercettare con Patriot o altri mezzi. La decisione mette in dubbio il piano della Svezia di raddoppiare la produzione annuale di elettricità a 300 terawatt-ora (TWh) nei prossimi due decenni, con conseguenze negative non solo per il Green deal ma anche per il green tech, dato che acciaio verde, batterie e fertilizzante dipendono energia pulita e a basso costo. Quanto valgono le rassicurazioni della Nato e dell'Ue sulla protezione delle infrastrutture in mare?
Green deal
Quasi 30 miliardi dall'Ue per il clima nel 2023 – Il Consiglio dell'Ue ieri ha pubblicato i dati del contributo dell'Ue in finanziamenti sul clima per i paesi in via di sviluppo nel 2023 in vista della Cop29 che si terrà dall'11 al 22 novembre a Baku, in Azerbaijan. L'Ue ha contribuito con 28,6 miliardi di euro con fondi pubblici, mobilitando un importo aggiuntivo di 7,2 miliardi di euro di finanziamenti privati, per aiutare i paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni di gas serra e ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo i dati raccolti dalla Commissione, circa la metà dei finanziamenti pubblici per il clima destinati ai paesi in via di sviluppo è stata destinata all'adattamento climatico o ad azioni trasversali. I finanziamenti basati su sovvenzioni rappresentano una quota significativa (quasi il 50 per cento) nel contributo pubblico dell'Ue e degli stati membri. Queste cifre – secondo il Consiglio - confermano “gli sforzi determinati dell'Ue e dei suoi stati membri per rispettare i loro impegni finanziari internazionali per il clima, in particolare verso l'obiettivo collettivo dei paesi sviluppati di mobilitare 100 miliardi di dollari l'anno fino al 2025”.
Tassazione
Accordo all'Ecofin sull'Iva nell'era digitale - I ministri delle Finanze dell'Ue ieri hanno trovato un accordo sul pacchetto per riformare l'Iva nell'era digitale, che introdurrà nuove norme sulle fatture elettroniche e la comunicazione dei dati in tempo reale, nonché sulle attività svolte tramite piattaforme digitali. L'obiettivo è di combattere le frodi fiscali, sostenere le imprese e promuovere la digitalizzazione. L'accordo all'Ecofin comprende tre atti: una direttiva, un regolamento e un regolamento di attuazione, che nel complesso apportano modifiche a tre diversi aspetti del sistema Iva. Entro il 2030 gli obblighi di dichiarazione Iva per le transazioni transfrontaliere saranno completamente digitali. Le piattaforme online dovranno pagare l'Iva sui servizi di alloggio di breve durata e di trasporto passeggeri nella maggior parte dei casi in cui i singoli fornitori di servizi non addebitano l'Iva. Saranno infine migliorati gli sportelli unici Iva online in modo che le aziende non debbano effettuare costose registrazioni in ogni stato membro in cui operano. “Queste nuove norme sull’Iva rafforzano la nostra capacità di sfruttare le opportunità della digitalizzazione, affrontandone al contempo alcune delle sfide, e ci conducono verso un’Europa più equa e competitiva”, ha detto il commissario Paolo Gentiloni.
Alitalia
Imbarazzo a Bruxelles dopo che il governo Meloni ritarda l'accordo ITA-Lufthansa - Alitalia è una storia europea che non finirà mai. Il futuro della compagnia di bandiera italiana - ribattezzata ITA dopo l'ennesimo fallimento e l'ennesimo salvataggio autorizzato dalla Commissione - è di nuovo in dubbio, dopo che il governo di Giorgia Meloni ha rifiutato di firmare il piano presentato da ITA e Lufthansa per completare l'acquisizione a causa di una divergenza sul prezzo dell'operazione. L'accordo sarebbe dovuto arrivare sul tavolo della Commissione il 4 novembre, ma così non è stato per la mancata firma del ministero dell'Economia e delle Finanze italiano. "Non posso commentare", ci ha detto una portavoce della Commissione, ricordando che la scadenza per presentare l'accordo finale è confidenziale. "Siamo in contatto con Lufthansa e il ministero e le prossime tappe sono di analizzare l'accordo che le parti sottoporranno". La portavoce ha ricordato le prossime tappe. "La transazione non può essere finalizzata prima che la Commissione che abbia verificato c'è un acquirente adatto per ciascuna delle rotte che abbiamo identificato come problematica". Solo dopo il via libera definitivo dell'Antitrust dell'Ue "la transizione può andare avanti", ha detto la portavoce.
Accade oggi
Commissione: la presidente von der Leyen riceve il premier francese, Michel Barnier
Parlamento europeo: audizioni dei candidati commissari Hadja Lahbib, Maria Luís Albuquerque, Costas Kadis, Jozef Sikela, Andrius Kubilius e Oliver Varhelyi
Commissione: la commissaria Simson a Roma partecipa alla riunione ministeriale del Gruppo mondiale per l’energia da fusione alla Farnesina
Commissione: il commissario Wojchiechowski a Bucarest partecipa alla conferenza nazionale degli agricoltori romeni
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul ricorso di Crédit Agricole e Credit Suisse contro la multa Commissione per violazione concorrenza nel mercato delle obbligazioni
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul ricorso di Wizz Air contro la Commissione per via libera ad aiuti Covid alla compagnia romena Tarom
Banca centrale europea: discorso della presidente Lagarde per il decimo anniversario del Meccanismo di supervisione unico
Eurostat: prezzi della produzione industriale