Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Donald Tusk, il vero kingmaker dell'Ue
Emmanuel Macron? Olaf Scholz? Giorgia Meloni? I media internazionali da settimane sono alla ricerca del kingmaker dell'Unione europea. Tra mercoledì e domenica quasi 400 milioni di cittadini europei saranno chiamati alle urne per eleggere i 720 deputati che siederanno nel prossimo Parlamento europeo. Subito dopo inizieranno le trattative per i cosiddetti “Top Job”: gli incarichi di presidente della Commissione, presidente del Consiglio europeo e Alto rappresentante per la politica estera. Saranno i capi di stato e di governo – prima in una cena informale il 17 giugno, poi in un Consiglio europeo il 27 e 28 giugno – a designarli. Chi sarà il leader che determinerà le sorti di Ursula von der Leyen, presidente uscente della Commissione europea che aspira a un secondo mandato? Chi può aprire la strada a una nomina alternativa, dopo che von der Leyen ha scelto di candidarsi come Spitzenkandidat del Partito popolare europeo e di impostare una campagna elettorale molto a destra per corteggiare i sovranisti? Chi può fare il nome di Mario Draghi per dare all'Ue un leader che ha una visione e l'autorevolezza necessari ad affrontare la minaccia della Russia, la possibile elezione di Donald Trump e l'aggressività della Cina? Donald Tusk.
Il premier polacco non è mai citato nella categoria dei “kingmaker” dell'Ue. Il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha preso il sopravvento nelle ultime settimane su tutti gli altri, perché corteggiata da quasi tutte le parti. Von der Leyen ha chiaramente aperto la porta a un'alleanza con Meloni, indicando che rispetta le sue tre condizioni per collaborare (essere pro-europea, pro-Ucraina e pro-stato di diritto). La leader dell'estrema destra francese, Marine Le Pen, ha inviato a Meloni un invito pubblico a unire le forze per formare un grande gruppo dei partiti nazionalisti al Parlamento europeo. L'Economist ha dato la sua benedizione all'integrazione di Meloni nella maggioranza composta da popolari, socialisti e liberali. Sabato, in un comizio di campagna elettorale, Meloni ha confermato di voler esportare a Bruxelles la coalizione che ha imposto a Roma: l'alleanza tra il centrodestra, la destra sovranista e l'estrema destra per escludere la sinistra dal potere nell'Ue.
Il progetto di Meloni in realtà indebolisce il suo ruolo da “kingmaker” dell'Ue. Tra i membri del Consiglio europeo, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha detto che la prossima maggioranza dovrà fondarsi sui partiti tradizionali. Il presidente francese, Emmanuel Macron, non può dare alcun segnale di legittimazione di Marine Le Pen. I sondaggi dicono che, senza socialisti e liberali, non ci sarà una maggioranza al Parlamento europeo. Socialisti e liberali hanno minacciato di non sostenere von der Leyen se la candidata del Ppe aprirà la maggioranza a Meloni. I 25 eurodeputati che Fratelli d'Italia, il partito di Meloni, dovrebbe eleggere rischiano comunque di non bastare per compensare l'emorragia di voti che von der Leyen rischia di subire nei ranghi socialisti, liberali e popolari.
Anche il ruolo di Scholz e Macron come kingmaker rischia di essere sopravvalutato. Niente si può fare senza i leader di Germania e Francia, ma sia il cancelliere sia il presidente domenica usciranno indeboliti dalle elezioni europee. La Spd di Scholz potrebbe essere superata dall'estrema destra di Alternativa per la Germania. Il partito Renaissance di Macron rischia di trovarsi venti punti indietro rispetto al Rassemblement National di Marine Le Pen. Se i due avranno un ruolo, sarà quello di confermare o affossare la candidatura di von der Leyen. Scholz ha interesse a mantenere l'ex ministra tedesca della Difesa alla testa della Commissione perché negli ultimi cinque anni von der Leyen ha dimostrato di privilegiare gli interessi della Germania. Macron potrebbe monetizzare il suo sostegno, ottenendo un posto di vicepresidente per l'autonomia strategica, la nomina di un francese come segretario generale della Commissione e la scelta di un altro francese come vice capogabinetto di von der Leyen.
Tra i capi di Stato e di governo che parteciperanno alla cena informale del 17 giugno e al Consiglio europeo del 27 e 28 c'è un altro leader che giocherà il ruolo di “kingmaker”. E' il polacco Donald Tusk. Sarà lui a gestire le trattative sulle nomine per conto del Partito Popolare Europeo, di cui è stato presidente dopo i cinque anni come presidente del Consiglio europeo. E' anche il più autorevole tra i leader dell'Europa centrale e orientale, a cui il ritorno della guerra ha dato ragione sulla minaccia rappresentata dalla Russia di Vladimir Putin. E' politicamente forte, dopo essere riuscito a cacciare dal potere a Varsavia i nazionalisti del Partito Legge e Giustizia (PiS). E' stato sempre più coinvolto da Macron e Scholz nel ruolo di leadership dell'Ue con il rilancio del triangolo di Weimar.
Von der Leyen ha cercato di corteggiare Tusk sbloccando con grande rapidità i fondi del Piano di ripresa e resilienza per la Polonia e chiudendo un po' frettolosamente la procedura dell'articolo 7 per le violazioni dello Stato di diritto. Sarà sufficiente? Secondo una fonte vicina al Ppe, il sostegno interno a von der Leyen non è così forte come fanno credere le dichiarazioni ufficiali. Anche dentro la Cdu-Csu c'è una fronda che vorrebbe archiviare definitivamente la presidente uscente della Commissione. Inoltre, Tusk avrebbe un'altra priorità nelle nomine: ottenere il posto di Alto rappresentante per la politica estera per il suo ministro degli Esteri, Radosław Sikorski. Il Ppe non può riempire due delle tre caselle dei “Top Job” che si assegneranno il 27 e 28 giugno. Tanto più se la presidente uscente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, anche lei del Ppe, manterrà il suo incarico per altri due anni e mezzo.
Per il momento, come tutti gli altri leader, Tusk non ha mostrato le sue carte nella partita dei “Top Job”. Ma, se il premier polacco darà effettivamente priorità a Sikorski, affosserà la conferma di von der Leyen. Dentro il Ppe c'è chi teme che sarà proprio lui a proporre il nome di Draghi per la presidenza della Commissione, ponendo così fine a 20 anni di dominio dei popolari sull'esecutivo comunitario. I socialisti potrebbero ottenere il posto di presidente del Consiglio europeo per l'ex premier portoghese, Antonio Costa, che ha il sostegno anche del suo successore, il conservatore Luis Montenegro, ed è apprezzato dagli altri leader del Ppe e dei liberali. In realtà i giochi non sono ancora fatti. Molto dipenderà dai risultati di domenica prossima. Ma se c'è un “queenmaker” che potrebbe trasformarsi in “kingmaker” è Tusk.
La frase
“È deplorevole che un Paese potente e indipendente come la Cina sia uno strumento nelle mani di Putin”.
Volodymyr Zelensky.
Geopolitica
Secondo Borrell, l'Ue è disarmata sul sostegno della Cina all'Ucraina - Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ieri ha accusato la Cina di Xi Jinping di fare campagna nel resto del mondo per boicottare il summit su una pace giusta in Ucraina che si terrà in Svizzera a metà mese. “Purtroppo la Cina si sforza oggi di impedire a dei paesi di venire al vertice della pace”, ha detto Zelensky al Shangri-La Dialogue. Le prove di un coinvolgimento sempre più grande di Pechino nel sostenere lo sforzo di guerra della Russia si stanno moltiplicando. “Con il sostegno cinese alla Russia la guerra durerà più a lungo”, ha denunciato Zelensky. Ma l'Alto rappresentante, Josep Borrell, ha escluso di sanzionare direttamente la Cina. “La Cina si è impegnata a non fornire armi e non abbiamo prove che ciò sia avvenuto”, ma “non esiste un confine chiaro tra armi e non armi, perché ci sono cose che possono essere a uso duale”, ha detto Borrell. Tuttavia “le sanzioni europee non possono essere applicate a paesi terzi, come le sanzioni americane. Non possiamo quindi applicare le nostre misure restrittive alla Cina”, ha aggiunto Borrell.
Elezioni europee
Meloni conferma di voler portare la maggioranza Giorgia nell'Ue - Il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha confermato di voler esportare a Bruxelles la maggioranza tutta di destra che lei guida a Roma ed escluso possibili accordi con i socialisti nella prossima legislatura. “Con la sinistra non ci posso stare nell'Ue. Con il centrodestra si trovano delle sinergie. Penso che anche nell'Ue vada costruita una maggioranza compatibile. Con le maggioranze arcobaleno, non riesci a fare niente”, ha detto Meloni in un'intervista con Skuola.net. Se non ci sarà modo di esportare a Bruxelles la cosiddetta “maggioranza Giorgia”, Meloni ha spiegato di preferire restare all'opposizione. "O riesci a stare in una maggioranza compatibile, che può dare una visione all'Europa, oppure gli altri faranno la loro maggioranza. Io difenderò gli interessi nazionali senza farne parte al Parlamento europeo”, ha detto Meloni.
I verdi accusano l'ECR di essere allineato a Identità e democrazia contro il progetto europeo - I Verdi europei accusano il Partito popolare europeo di corteggiare Giorgia Meloni come potenziale alleato di una coalizione pro-europea, nonostante il fatto che il suo gruppo dei Conservatori e riformisti europei (ECR) sia allineato nelle votazioni a all'estrema destra di Identità e democrazia (ID) per minare lo stato di diritto, smantellare le politiche climatiche e sovvertire il progetto europeo. Secondo un'analisi dei Verdi dei voti nel corso della legislatura, nel 2023 ECR e ID hanno votato insieme il 70 per cento delle volte. L'elenco dei voti chiave include le risoluzioni sullo Stato di diritto in Ungheria, Polonia e Slovacchia, sui crimini di odio contro la comunità Lgbt, sulla Convenzione dei del Consiglio d'Europa sulla violenza contro le donne, sull'European Media Freedom Act, sulla direttiva sull'energie rinnovabili e sulla legge sul ripristino della natura. "Meloni si presenta come una democratica filoeuropea, ma le sue azioni parlano più forte delle sue parole", ha detto lo Spitzenkandidat dei Verdi, Bas Eickhout. "La sua agenda non è costruire l’Europa, ma smantellarla. Lavorare con lei rischia di creare un movimento politico intenzionato a erodere le fondamenta stesse dell’Ue".
Euro
L'inflazione complica le decisioni della Bce - Giovedì prossimo la Banca centrale europea dovrebbe decidere di tagliare i tassi di interesse, ma il persistere dell'inflazione rischia di complicare il dibattito tra i banchieri centrali sui prossimi passi della politica monetaria. A maggio l'inflazione è risalita al 2,6 per cento dal 2,4 per cento di aprile, secondo la stima flash pubblicata venerdì da Eurostat. L'aumento più alto dei prezzi è stato registrato nel settore dei servizi (4,1 per cento contro il 3,7 per cento di aprile). Anche l'inflazione sottostante è risalita al 2,9 per cento dal 2,7 per cento, rafforzando le posizioni dei falchi che vogliono muoversi con estrema prudenza. Le colombe della Bce insistitono per un secondo taglio dei tassi nella riunione del Consiglio dei governatori di luglio. Venerdì il governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, ha detto che la Bce deve "evitare che la politica monetaria diventi troppo restrittiva".
Standard & Poor's declassa il rating della Francia - Venerdì l'agenzia di notazione Standard & Poor's (S&P) ha annunciato di aver tagliato il rating della Francia da “AA” a”AA-” a causa del "deterioramento della posizione di bilancio" del paese. "Il deficit di bilancio della Francia nel 2023 è stato significativamente più alto di quanto avevamo previsto", ha spiegato S&P, sottolineando che il disavanzo non tornerà sotto il 3 per cento del Pil entro il 2027. “Non ci sarà alcun impatto sulla vita quotidiana dei francesi”, ha assicurato il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, sottolineando che il governo manterrà la “traiettoria per tornare al di sotto del deficit del 3 per cento nel 2027”. Secondo Le Maire. “la ragione principale di questo deterioramento (del rating) è che abbiamo salvato l’economia francese”. S&P era stata la prima agenzia ad aver ritirato alla Francia la tripla A in Francia nel 2012, nel pieno della crisi del debito sovrano che aveva colpito la zona euro.
Digitale
La Commissione impone alla piattaforma cinese Temu di rispettare il DSA - La Commissione venerdì ha designato la piattaforma di e-commerce cinese Temu come “piattaforma online di dimensioni molto grandi” ai sensi del Digital services act (DSA) dopo il superamento della soglia di 45 milioni di utenti mensili nell'Ue. A seguito della designazione, Temu dovrà conformarsi alle norme più rigorose del DSA entro la fine di settembre, come attenuare eventuali rischi sistemici di vendita di merci contraffatte, prodotti non sicuri o illegali e articoli che violano i diritti di proprietà intellettuale.
Accade oggi
Consiglio europeo: il presidente Michel incontra il vicepresidente della Commissione Sefcovic e il premier del Montenegro, Milojko Spajic
Commissione: la vicepresidente Vestager partecipa a un forum di alto livello sugli aiuti di Stato
Commissione: visita del vicepresidente Schinas in Giordania, incontro con il re Abdullah II
Commissione: la commissaria Ferreira a Berlino incontra il ministro dell'Economia, Robert Habeck
Commissione: il commissario Varhelyi partecipa al terzo Forum politico di alto livello a Sarajevo
Commissione: la commissaria Simson a Tokyo partecipa al Business forum di alto livello Ue-Giappone sull'idrogeno e incontra il premier, Fumio Kishida