Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Mario Draghi spinge l'Ue a un cambiamento radicale
Se il rapporto di Enrico Letta che illustrerà domani al Consiglio europeo ha già provocato qualche malumore, quello che Mario Draghi presenterà nelle prossime settimane potrebbe provocare un terremoto politico nell'Unione europea. L'ex presidente della Banca centrale europea ed ex premier italiano lo ha anticipato ieri in un discorso a una conferenza sul Pilastro europeo dei diritti sociali organizzata dalla presidenza belga del Consiglio dell'Ue. "La nostra organizzazione, il processo decisionale e i finanziamenti sono progettati per 'il mondo di ieri': pre-Covid, pre-Ucraina, pre-conflagrazione in Medio Oriente, pre-ritorno delle rivalità tra grandi potenze", ha detto Draghi. "Abbiamo bisogno di un'Ue adatta al mondo di oggi e domani. E quindi quello che propongo nel rapporto che la presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare è un cambiamento radicale, perché è ciò di cui abbiamo bisogno".
Draghi sta mettendo nero su bianco una ricetta per "realizzare la trasformazione dell’intera economia europea". Ciò che chiederà ai leader è di accettare “una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che fecero i Padri Fondatori 70 anni fa con la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”. La diagnosi di Draghi è perfino più cupa di quella illustrata da Enrico Letta nel suo rapporto. “In un ambiente internazionale favorevole, abbiamo confidato nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa”, ha detto Draghi. “Ancora più importante, altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva. Nella migliore delle ipotesi, queste politiche sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre; e, nel peggiore dei casi, sono progettate per renderci permanentemente dipendenti da loro”.
L'ex presidente della Bce non esita a menzionare la Cina che “mira a catturare e internalizzare tutte le parti della catena di approvvigionamento di tecnologie verdi e avanzate”. E nemmeno gli Stati Uniti che “stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini - compresa quella delle aziende europee – mentre utilizzano il protezionismo per escludere i concorrenti”. Secondo Draghi, all'Ue manca un “Patto industriale” equivalente a quello di Cina o Stati Uniti. Ci manca una strategia su come tenere il passo in una corsa sempre più spietata per la leadership nelle nuove tecnologie (...). Manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un terreno di gioco globale ineguale causato da asimmetrie nelle normative, nei sussidi e nelle politiche commerciali (…) E ci manca una strategia per garantire di avere le risorse e gli input di cui abbiamo bisogno per realizzare le nostre ambizioni senza aumentare le nostre dipendenze”.
Il Green deal va bene, ma manca “un piano per proteggere la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici alle batterie fino alle infrastrutture di ricarica”, ha detto Draghi. La grande differenza, secondo l'ex presidente della Bce, è che “i nostri rivali ci stanno precedendo perché possono agire come un unico paese con un’unica strategia e allineare dietro di essa tutti gli strumenti e le politiche necessarie”. Tra le righe, quel che evoca Draghi è un balzo federalista.
Il rapporto Draghi si concentrerà su dieci macrosettori dell'economia europea, ciascuno dei quali richiedere riforme e strumenti specifici. Tuttavia ci sono “tre filoni comuni per gli interventi politici”, ha anticipato ieri Draghi. Il primo è consentire alle imprese europee di diventare grandi “per generare scala, aumentare gli investimenti e conquistare quote di mercato per i settori in cui conta di più”. Vale per il settore della difesa, delle telecomunicazioni, ma anche per le start up che generano le idee più innovative.
Il secondo filone riguarda la fornitura di beni pubblici. “Laddove ci sono investimenti da cui tutti beneficiamo, ma che nessun paese può portare a termine da solo, abbiamo validi motivi per agire insieme, altrimenti non forniremo risultati adeguati rispetto alle nostre esigenze”, ha detto Draghi, citando ancora una volta l'esempio della difesa o delle reti energetiche. “Il terzo filone è garantire la fornitura di risorse e input essenziali”, ha detto Draghi: “Attualmente stiamo in gran parte lasciando questo spazio agli attori privati, mentre altri governi guidano direttamente o coordinano fortemente l’intera catena. Abbiamo bisogno di una politica economica estera che offra lo stesso risultato alla nostra economia”.
Draghi non ha approfondito la questione dei finanziamenti. In passato ha evocato la necessità di debito comune europeo per finanziare investimenti in beni pubblici europei, come la doppia transizione climatica e digitale o la difesa. Oltre all'economia, il focus del discorso di ieri era istituzionale. “Questi tre filoni ci impongono di riflettere profondamente su come ci organizziamo, cosa vogliamo fare insieme e cosa vogliamo mantenere a livello nazionale. Ma data l’urgenza della sfida che ci troviamo ad affrontare, non possiamo permetterci il lusso di ritardare le risposte a tutte queste importanti domande fino alla prossima modifica del Trattato”, ha detto Draghi. L'ex presidente della Bce avverte che serve subito “un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche. E se dovessimo scoprire che ciò non è fattibile, in casi specifici, dovremmo essere pronti a considerare di procedere con un sottoinsieme di Stati membri”.
Draghi ha messo l'asta dell'ambizione a un livello molto elevato. Tra il ruolo di Cassandra dell'Ue e un potenziale incarico europeo, l'ex presidente della Bce mette i capi di stato e di governo e i partiti politici europei di fronte a un bivio. L'Europa di ieri nel mondo di oggi e di domani fallirà. “Nella prossima legislatura il Consiglio europeo e il Parlamento europeo dovranno prendere decisioni importanti. I rapporti di Letta e Draghi preparano il terreno”, ci ha spiegato un diplomatico dell'Ue. Al Consiglio europeo di oggi e domani inizia “un percorso che viene scandito da tre momenti. La presentazione del rapporto Letta; la definizione dell'agenda strategica (per la prossima legislatura); e la presentazione del rapporto Draghi. Sia Letta sia Draghi hanno lavorato in complementarità. Non c'è contrapposizione. Ci aspettiamo che Draghi indichi delle strade abbastanza innovative per assicurare il recupero di competitività dell'Ue”, spiega il diplomatico.
Germania e Paesi Bassi hanno già fatto sapere di essere contrari a nuovi strumenti di debito comune. “Non ci saranno”, avvertono Berlino e L'Aia. “Molti dicono che NextGenerationEu è una una tantum, compresa Ursula von der Leyen”, riconosce un funzionario di un paese del sud. “Ma dovremmo metterci a ragionare sulla definizione di eventi eccezionali perché questo è un momento eccezionale. E forse dovremmo vedere che ci sono modelli che non siano esattamente uguali a NGEU ma che hanno potenziali come forme di garanzia sul bilancio dell'Ue”.
Le risposte dovranno arrivare rapidamente. La Commissione presenterà la sua proposta per il nuovo quadro finanziario pluriennale (il bilancio 2028-2035) dell'Ue nell'estate del 2025. Nel momento in cui discuteremo del prossimo bilancio dovremo tenere conto di tutta una serie di obiettivi: le due transizioni, le altre priorità agenda strategica, l'allargamento”, dice il diplomatico. “Siamo all'inizio di un percorso che terminerà con la presentazione del prossimo quadro finanziario pluriennale”.
Un'altra tappa (non ufficiale) è quella dei Top Job. Draghi è citato come uno dei potenziali candidati per la presidenza del Consiglio europeo o della Commissione. Contrariamente ad altri, non si nasconde dietro slogan vuoti o formule diplomatiche per non dispiacere i grandi elettori. Ha una visione federalista, con proposte concrete che imporranno scelte difficili. Sta fornendo ragioni ai leader per non sceglierlo. E, se per caso lo sceglieranno, dovranno assumersi la responsabilità del "cambiamento radicale".
Vertice
Un vertice europeo attorno alle competenze nazionali - Tre temi delicati saranno affrontati questa sera dai leader durante la cena di lavoro del loro vertice straordinario di primavera: la fornitura di sistemi di difesa antiaerea all'Ucraina, la possibilità di intervenire per abbattere i missili russi lanciati contro l'Ucraina come ha fatto la Francia contro i missili lanciati dall'Iran contro Israele, e il riconoscimento della Palestina. Nessuna di queste questioni rientra nelle competenze dell'Unione Europea, ma richiedono una discussione ai massimi livelli. Non si prevedono decisioni, ma potrebbero essere fatti degli annunci da parte dei capi di Stato e di governo.
L'urgenza della difesa aerea per l'Ucraina - La fornitura di Patriot americani, di Iris-T tedeschi e di sistemi di difesa aerea Samp-T franco-italiani è una questione urgente. Il Presidente Zelensky li chiede da mesi. A questo fine è stata formata una coalizione che però si sta arenando di fronte a diversi ostacoli. Un centinaio di sistemi sono in uso nei Paesi dell'UE, "ma gli Stati membri hanno difficoltà a separarsene perché sono destinati alla protezione di infrastrutture strategiche", ha spiegato un diplomatico. La Francia, ad esempio, non può disarmarsi in vista dei Giochi Olimpici di Parigi. Gli Stati Uniti hanno queste armi in magazzino, ma non ne hanno fornite all'Ucraina. Josep Borrell ha puntato i piedi. "Sto bussando alle porte degli Stati membri per dire loro che se non hanno batterie antiaeree, dovranno comprarle", ha dichiarato in un'intervista al quotidiano francese Le Monde pubblicata prima del vertice. La settimana scorsa, la Germania ha promesso di fornire un sistema Patriot e missili. L'Ucraina ne chiede altri sei. Cosa decideranno la Polonia e la Spagna, che hanno queste armi? Riuscirà Josep Borrell a convincere Pedro Sanchez a fare un gesto? L'Ucraina rischia un blackout con la distruzione sistematica delle sue centrali energetiche da parte dei missili russi che le forze ucraine non possono abbattere per mancanza di munizioni.
Trattare l'Ucraina come Israele e riconoscere la Palestina? - L'Ucraina si chiede anche perché Francia, Regno Unito e Stati Uniti, che sono intervenuti per abbattere i missili iraniani sparati contro Israele, non facciano lo stesso per aiutare l'Ucraina. "Non è facile rispondere", ha ammesso un diplomatico. "Spetta agli Stati membri decidere". La stessa risposta vale per il riconoscimento della Palestina. "Si tratta di scelte nazionali. Alcuni Paesi lo hanno fatto o hanno annunciato che lo faranno, altri si trattengono e valuteranno se è utile, ma la stragrande maggioranza ha avvertito che è fuori discussione".
L'UE prepara sanzioni limitate contro l'Iran e chiede Israele di evitare l'abisso - "Stiamo precipitando in un abisso. E dobbiamo allontanarci", ha detto ieri l'Alto rappresentante, Josep Borrell, al termine di una riunione in videoconferenza dei ministri degli Esteri dell'Ue dedicata all'attacco diretto dell'Iran contro Israele nel fine settimana. L'appello è rivolto soprattutto a Israele, per evitare un'ulteriore escalation. "Siamo di fronte a una sorta di gioco a scacchi", ha detto Borrell: "uno attacca, l'altro risponde, poi l'altro risponde. Se ad ogni passo di questo gioco il livello della risposta aumenta, alla fine ci troveremo in una guerra totale". I ministri degli Esteri hanno concordato di lavorare su ulteriori sanzioni contro l'Iran, ma molto limitate. "L'idea è di espandere il regime esistente Iran-Russia legato ai droni", ha detto Borrell. Per contro la richiesta di alcuni paesi di inserire il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione nella lista nera dell'Ue appare impraticabile. La ragione ufficiale è giuridica. "Per procedere abbiamo bisogno di una decisione da parte di un'autorità nazionale legata a un caso di attività terroristiche in cui i Guardiani della rivoluzione sono coinvolti. Questo non è il caso per il momento", ha detto Borrell. La vera ragione è politica. Nella politica di appeasement dell'Iran, alcuni stati membri non vogliono colpire i Guardiani della rivoluzione, che sono parte integrante del regime.
Scontro al vertice sull'Unione dei mercati dei capitali - Francia e Italia da una parte. Germania e Lussemburgo dall'altra. I capi di stato e di governo si preparano a uno scontro al Consiglio europeo sull'Unione dei mercati dei capitali, il progetto che dovrebbe consentire all'Ue di mobilitare investimenti privati per la transizione climatica e quella digitale, nonché per l'industria della difesa. Ogni anno 300 miliardi di euro di risparmio europeo va negli Stati Uniti. In questo modo l'Europa ci rimette tre volte: “l'Ue finanzia gli stati Uniti con i suoi risparmi, i suoi acquisti di difesa e i suoi acquisti dell'energia”, ci ha detto un diplomatico. Francia e Italia “da un lato cercano di favorire una centralizzazione della supervisione e favorire la creazione di strumenti di risparmio europei. Dall'altra parte ci sono paesi che hanno importanti mercati finanziari come Lussemburgo, o tradizioni finanziarie come Paesi Bassi e Irlanda, che sono preoccupati per i costi aggiuntivi in questo settore potrebbero comportare”, ci ha spiegato un'altra fonte. Poi c'è il problema Germania, con il cancelliere Olaf Scholz e il suo ministro delle Finanze, Christian Lindner, su sponde opposte. I liberali tedeschi sono contro la supervisione unica. “La bozza è aperta. Non c'è ancora accordo”, ci ha confermato la fonte. “La speranza è che dai leader arrivi la spinta per sbloccare l'impasse”.
La Germania chiede di cancellare il “New European Competitiveness Deal” - La Germania per il momento vuole annacquare la bozza di conclusioni sull'Unione dei mercati dei capitali, togliendo ogni riferimento alla supervisione unica. La speranza di alcuni è che Scholz decida di sconfessare la posizione di Lindner. Ma l'Unione dei mercati dei capitali non è l'unico dossier su cui Berlino è prudente. La Germania ha anche chiesto di cancellare l'espressione “New European Competitiveness Deal” dalla bozza di conclusioni del Consiglio europeo. La richiesta è di avere un titolo più sobrio che non rimetta in discussione il Green Deal. Berlino preferisce avere una “spinta ambiziosa per la competitività dell'Ue”.
Sedie musicali
Nomine, manovre e rivalità - L'Alto rappresentante per l'azione esterna Josep Borrell ha pubblicato ieri 44 nomine di ambasciatori e incaricati d'affari per le rappresentanze dell'UE all'estero. L'elenco è stato oggetto di aspre trattative e ha dato luogo a tensioni tra il Servizio per l'azione esterna e la Commissione. La presidente von der Leyen ha fatto riaprire il posto di ambasciatore in Vaticano per accogliere il suo connazionale Martin Selmayr, ex capo di gabinetto di Jean-Claude Juncker. D'altro canto, Frédéric Bernard, diplomatico belga e capo di gabinetto del presidente del Consiglio Charles Michel, non ha ottenuto il posto di ambasciatore in Canada, come aveva lasciato intendere una fuga di notizie dalla Commissione. Josep Borrell ha inoltre annunciato nel suo comunicato stampa di aver scelto Simon Mordue, consigliere di politica estera di Charles Michel, per il posto di vicesegretario generale per le questioni economiche e globali del Servizio per l'azione esterna. Tuttavia, la nomina di Simon Mordue, funzionario della Commissione distaccato presso il Consiglio, è stata bloccata dal gabinetto di Ursula von der Leyen per ragioni che non sono state spiegate.
Nazionalisti
Alexander De Croo difende la libertà di espressione dell'estrema destra antieuropea - Il primo ministro belga, il cui paese detiene attualmente la presidenza di turno dei Consigli dell'UE, ieri ha denunciato il divieto di una riunione dell'"estrema destra europea" da parte dei consiglieri di Saint Josse, un comune di Bruxelles. "Quello che è successo al Claridge oggi (mercoledì) è inaccettabile. L'autonomia comunale è una pietra miliare della nostra democrazia, ma non può mai prevalere sulla Costituzione belga, che dal 1830 garantisce la libertà di espressione e di riunione pacifica. Vietare le riunioni politiche è anticostituzionale. Punto e basta", ha dichiarato in un messaggio su X (ex Twitter). L'incontro è stato organizzato dal Mathias Corvinus Collegium Brussels (MCC), un think tank ungherese vicino al primo ministro Viktor Orban, la cui presenza all'incontro è stata annunciata mercoledì, alla vigilia del vertice europeo di due giorni di giovedì e venerdì. Dopo aver rifiutato due sedi, i leader di MCC avevano affittato il Claridge, un locale per eventi a Saint-Josse. Ma martedì il sindaco del comune ha emesso un decreto che vietava l'incontro e ha inviato la polizia per farlo rispettare. Erano attese circa quaranta personalità della destra conservatrice e dell'estrema destra antieuropea, tra cui il francese Eric Zemmour e l'eurofobo britannico Nigel Farage.
Croazia
Il futuro di Plenkovic in gioco nelle elezioni in Croazia - Oggi gli elettori in Croazia saranno chiamati alle urne in elezioni che determineranno il futuro politico del premier conservatore Andrej Plenkovic, in carica a Zagabria da quasi otto anni. Il suo partito dell'Unione democratica croata (Hdz) è dato favorito nei sondaggi, ma rischia di non essere in grado di formare una coalizione senza il sostegno dell'estrema destra. L'Hdz di Plenkovic nel 2020 aveva ottenuto più del 37 per cento e 66 seggi. Secondo i sondaggi, oggi beneficia di meno del 30 per cento delle intenzioni di voto e potrebbe scendere ben al di sotto della soglia dei 60 seggi. Al secondo posto, la coalizione di centrosinistra dovrebbe superare il 23 per cento e conquistare circa 45 seggi. Il partito di estrema destra Movimento Patriottico si piazza al terzo posto con circa l'8 per cento (tra 9 e 14 seggi), davanti a un altro partito centrista, il Ponte, e ai Verdi entrambi attorno al 7 per cento (circa 10 seggi). Plenkovic, che è già alla testa di un governo di minoranza, ha bisogno del sostegno di 76 deputati per restare premier. Il presidente croato, Zoran Milanovic, sta conducendo una dura campagna contro Plenkovic. In caso di vittoria della coalizione di centrosinistra, Milanovic potrebbe portare la Croazia nel campo dei paesi pro russi formato dall'Ungheria di Viktor Orban e dalla Slovacchia di Robert Fico.
Accade oggi
Consiglio europeo straordinario
Consiglio europeo: conferenza stampa del presidente Michel con Enrico Letta
Nato: il segretario generale Stoltenberg incontra i primi ministri di Repubblica ceca, Petr Fiala, Danimarca, Mette Frederiksen, e Paesi Bassi, Mark Rutte
Commissione: riunione settimanale del collegio commissari
Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell partecipa alla riunione dei ministri degli Esteri del G7 a Capri
Parlamento europeo: conferenza stampa della presidente Metsola dopo il suo intervento al Consiglio europeo
Commissione: il vicepresidente Sefcovic interviene a un panel sul ruolo delle materie prime critiche
Commissione: il commissario Schmit partecipa alla Conferenza sulla piattaforma per la transizione giusta
Comitato delle regioni: sessione plenaria
Commissione: il commissario Gentiloni a Washington partecipa agli incontri di primavera dell'Fmi e della Banca mondiale
Commissione: il commissario Breton partecipa al Summit sulla sicurezza e difesa Ue
Commissione: la commissaria Simson ad Abu Dhabi partecipa all'assemblea dell'Agenzia internazionale per le rinnovabili
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul marchio 'Pablo Escobar'
Banca centrale europea: Piero Cipollone partecipa all'incontro dell'Associazione bancaria italiana (Abi)
Corte dei conti dell'Ue: relazione speciale sul registro per la trasparenza dell'Ue e la lobby sui legislatori
Eurostat: dati sull'inflazione a marzo
Elezioni legislative in Croazia
Articolo puntuale e perfetto. Se fossimo in condizioni ottimali, non ci sarebbero dubbi che il futuro dell’Unione possa passare solo attraverso leader come Mario Draghi.