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Finito l'effetto Draghi, l'Ue di fronte al “problema Meloni”
Finito l'effetto Mario Draghi in Italia, l'Unione europea si trova confrontata al “problema Meloni”, nel momento in cui si moltiplicano i segnali di deriva anti europea da parte del primo ministro italiano. Nei quasi due anni che sono passati da quando è arrivata al potere a Roma, Giorgia Meloni ha beneficiato degli effetti positivi delle misure adottate dal suo predecessore e ha anche scelto un approccio relativamente pragmatico nei confronti dell'Ue. Ma tutto sembra essere cambiato il 9 giugno, quando Meloni e il suo partito Fratelli d'Italia sono usciti vincitori dalle elezioni europee in Italia. Meloni ha scelto di opporsi alle nomine di Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas, associandosi a Viktor Orban. Nel frattempo, i vecchi istinti eurofobi stanno riemergendo dentro la sua alleanza di governo. Il timore di funzionari e diplomatici è che il voto al Consiglio europeo del 29 di giugno sia il preludio a un'era di scontro tra l'Italia e l'Ue. Tanto più se Meloni si troverà in difficoltà sul piano interno.
L'onda lunga di Draghi è stata di beneficio sia per Meloni sia per l'Ue. Grazie alle riforme impostate dal suo predecessore, Meloni non ha dovuto lanciarsi in misure impopolari o difficili. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) era già stato impostato ed è stato modificato in modo marginale. La legge bilancio del 2023 era stata preparata dal governo Draghi, quella del 2024 ha costretto il governo Meloni a una sola scelta dolorosa (abolire il cosiddetto “superbonus del 110 per cento” per incentivare le ristrutturazioni energetiche degli immobili, che ha fatto finire il deficit italiano fuori controllo). Draghi aveva consigliato ai leader dell'Ue di non emarginare l'Italia anche se guidata da una leader considerata di estrema destra e al suo successore a Roma di adottare un approccio pragmatico con Bruxelles. Sia Ursula von der Leyen sia Giorgia Meloni lo hanno ascoltato. La presidente della Commissione ha offerto una politica accondiscendente sui migranti e concessioni su dossier politicamente esplosivi per l'italiana (dalla cessione della compagnia aerea ITA a Lufthansa alla procedura di infrazione sulle concessioni balneari). Meloni ha evitato di aprire conflitti con l'Ue, confermando la linea Draghi sulla questione esistenziale dell'Ucraina.
Questa convivenza di convenienza si è bruscamente interrotta dopo le elezioni europee. L'atteggiamento tenuto da Meloni al G7 presieduto dall'Italia in Puglia e nei vertici internazionali successivi di giugno, dove ha cercato di umiliare alcuni partner e ha scelto di organizzare la sua strategia sulle nomine nell'Ue con l'ungherese Orban e il polacco Mateusz Morawiecki, ha angosciato leader e diplomatici. “E' riemerso il suo lato fascista”, ci ha detto uno di loro. L'astensione e il voto contrario sulle nomine di von der Leyen, Costa e Kallas è una prima per l'Italia, terzo più grande stato membro e paese fondatore dell'Ue. “E' stato un grave errore, che non augura nulla di buono per il futuro”, ci ha spiegato un funzionario dell'Ue. “Perfino Orban è stato più intelligente di Meloni”, ci ha confermato un'altra fonte europea. Il premier ungherese ha votato contro von der Leyen, ma non si è opposto alle nomine di Costa e di Kallas. I due sono stati membri del Consiglio europeo, dentro il quale vigono regole non scritte che non contemplano tradimenti o voti contro i membri di questo club ristretto dei capi di stato e di governo.
Nathalie Tocci, direttrice dell'Istituto Affari Internazionali, in un articolo su Politico.eu a luglio ha spiegato che la maschera del pragmatismo europeo di Meloni sta cadendo. Alcuni osservatori sottolineano che l'istinto anti europeo del premier italiano non sia mai venuto davvero meno. Meloni ha rifiutato di ottemperare all'impegno assunto dall'Italia di ratificare il nuovo trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes), un passo considerato indispensabile per completare l'unione bancaria nella zona euro. Dentro al Consiglio, l'Italia sotto Meloni ha moltiplicato i voti contrari su regolamenti e direttive su cui gli altri governi avevano raggiunto un accordo. Roma ha abbandonato le coalizioni europee per difendere i diritti LGBT o l'aborto, allineandosi sempre più spesso all'Ungheria di Orban.
Una delle spiegazioni della svolta anti europea di Meloni in voga durante il mese di giugno era il possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Un'altra era la prospettiva di una Francia guidata da Marine Le Pen. In politica una settimana può essere un tempo lunghissimo. Negli Stati Uniti la candidatura di Kamala Harris ha reso la rielezione di Trump meno probabile (ma non impossibile). In Francia il Rassemblement National non ha conquistato il potere (ma un governo pilotato dall'estrema sinistra di Jean-Luc Melenchon potrebbe essere altrettanto dirompente). In agosto Meloni è rimasta per lo più silenziosa. Ma le parole dei suoi ministri non sono state concilianti nei confronti dell'Ue, né rassicuranti per le priorità europee.
Un esempio è quello del ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che la scorsa settimana ha criticato le nuove regole del Patto di stabilità e crescita perché costringono i governi a “fare valutazioni inevitabilmente di breve e di corto respiro” sugli investimenti. Con una battuta Giorgetti ha anche paragonato i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza ai piani quinquennali sovietici. Un altro esempio è quello del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha detto che con l'offensiva ucraina a Kursk “il conflitto diventa ancor più duro” e si allontana “sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco”. Il governo Meloni ha escluso di autorizzare l'Ucraina a usare le armi e i missili forniture dall'Italia per colpire il territorio della Federazione russa, nonostante le richieste in questo senso del presidente Volodymyr Zelensky o dell'Alto rappresentante, Josep Borrell.
L'autunno dirà se Meloni tornerà alla politica del pragmatismo. Il suo governo deve adottare 20 miliardi di euro di nuovi tagli o entrate per rispettare le regole del Patto di stabilità e crescita. I partner della zona euro torneranno a fare pressioni su Giorgetti e Meloni per ratificare il nuovo trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes). A Bruxelles diversi nostri interlocutori ritengono che Ursula von der Leyen si vendicherà dell'opposizione di Meloni alla sua riconferma. La presidente della Commissione, come gli altri responsabili europei, farebbero tuttavia bene a interrogarsi sulle lezioni confermate dal caso Meloni: assecondare leader nazionalisti e populisti, facendo concessioni che violano regole e principi nella convinzione che si modereranno, alla fine si rivela sempre un boomerang controproducente.
La frase
"Alcuni colleghi della Bce hanno provato a fare i conti di quanto costino le transizioni green, digitale e della difesa sulla base delle stime della Commissione e della Nato. Tra il 2025 e il 2031 dovremo investire 5.400 miliardi".
Piero Cipollone, membro del board della Bce
Geopolitica
Zelensky chiede (di nuovo) alla Nato di abbattere i missili russi - Dopo l'ennesimo attacco massiccio contro l'Ucraina ieri, il presidente Volodymyr Zelensky, ha chiesto ai partner della Nato di partecipare direttamente alla difesa aerea del suo paese abbattendo i missili e i droni russi. “E' fondamentale che i nostri partner implementino tutto ciò che abbiamo concordato con loro: sistemi di difesa aerea e missili per loro”, ha detto Zelensky. “Inoltre dobbiamo finalmente arrivare a un abbattimento collettivo di missili e droni russi”, ha spiegato il presidente ucraino: “nelle nostre varie regioni dell'Ucraina, potremmo fare molto di più per proteggere le vite se l'aviazione dei nostri vicini europei lavorasse insieme ai nostri F-16 e alla nostra difesa aerea”. Zelensky ha ricordato che gli occidentali hanno aiutato Israele ad abbattere i missili e i droni iraniani lo scorso aprile. “Se questa unità ha funzionato così bene in Medio Oriente, dovrebbe funzionare anche in Europa. La vita ha lo stesso valore ovunque”, ha detto Zelensky. Già allora l'Ucraina aveva chiesto ai partner occidentali di partecipare direttamente alla difesa aerea, ma era rimasta inascoltata.
Borrell chiede (di nuovo) la fine delle restrizioni sulle armi fornite all'Ucraina - L'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ieri ha chiesto agli Stati membri di togliere le restrizioni imposte all'Ucraina all'utilizzo delle armi in territorio russo, dopo il massiccio attacco missilistico lanciato ieri dalla Russia. "Revocare le restrizioni all'uso di capacità contro l'esercito russo coinvolto nell'aggressione contro l'ucraina, in linea con il diritto internazionale, rafforzerebbe l'autodifesa dell'Ucraina, salverebbe vite e ridurrebbe la distruzione in Ucraina", ha detto Borrell, annunciando che questo tema e il rafforzamento delle difese aeree saranno discussi alla riunione informale dei ministri degli Esteri giovedì a Bruxelles.
Francia
L'arresto del russo Pavel Durov a Parigi diventa una questione di Stato – L'amministratore delegato del servizio russo di messaggistica criptata Telegram è oggetto di un'indagine per crimini informatici avviata a luglio dalla procura di Parigi. Pavel Durov, naturalizzato cittadino francese nel 2021, è perseguito per complicità nella gestione di una piattaforma online per aver consentito transazioni illecite e aver rifiutato di comunicare su richiesta delle autorità le informazioni o i documenti necessari per effettuare le intercettazioni autorizzate dalla legge in caso di frode e riciclaggio o altri reati. È stato posto in custodia cautelare essere interrogato, ha detto il pubblico ministero. Numerosi sono stati gli appelli per il suo rilascio. Il più inquietante è stato l'appello rivolto alla Presidente del Rassemblement National, Marine Le Pen, dal russo Alexei Netchaiev per chiederle di intervenire a favore di Durov. La mossa è intrigante. Telegram è il mezzo di comunicazione dell'esercito russo e la possibile divulgazione di contenuti strategici è motivo di preoccupazione a Mosca. La piega presa dallo scandalo Durov ha spinto il presidente Emmanuel Macron a denunciare “false informazioni sulla Francia”. Il capo dello Stato ha ricordato la separazione dei poteri e l'attaccamento alla libertà di espressione. “In uno Stato di diritto, sui social network come nella vita reale, le libertà si esercitano in un quadro stabilito dalla legge per proteggere i cittadini e rispettare i diritti fondamentali. È compito della magistratura, in totale indipendenza, garantire il rispetto della legge. L'arresto dell'amministratore delegato di Telegram sul territorio francese è avvenuto nell'ambito di un'indagine giudiziaria in corso. Non si tratta in alcun modo di una decisione politica. Spetta ai giudici decidere”, ha dichiarato Macron.
Ritorno alla casella di partenza per il governo - Emmanuel Macron ieri ha rifiutato di nominare un ministro del Nuovo Fronte Popolare, l'alleanza di tutta la sinistra, in nome della "stabilità istituzionale", rilanciando il processo di consultazioni con i partiti con l'obiettivo di formare una grande coalizione centrista. "Il presidente della Repubblica ha constatato che un governo sulla base del solo programma e dei soli partiti proposi dall'alleanza che raggruppa più deputati, il Nuovo Fronte Popolare, sarebbe immediatamente censurato da tutti gli altri gruppi rappresentati all'Assemblea nazionale", ha detto l'Eliseo in un comunicato, sottolineando che un governo del nuovo Fronte Popolare sarebbe incapace "nei fatti di agire" imponendo di non ritenere questa opzione in nome della "stabilità istituzionale". Macron riprenderà oggi le consultazioni. Ieri ha lanciato un appello a socialisti, verdi e comunisti, nonché alla destra moderata dei Républicains, a cooperare con i partiti centristi per formare un governo di "responsabilità".
Commissione von der Leyen II
A volte ritornano - Venerdì scade il termine entro il quale Ursula von der Leyen ha chiesto ai governi di designare i loro commissari per la loro Commissione. Cinque paesi non hanno ancora inviato un nome alla presidente: Belgio, Bulgaria, Danimarca, Italia e Portogallo. Nessun capo di stato e di governo finora ha rispettato la sua richiesta di presentare un uomo e una donna, lasciando libertà a von der Leyen di costruire una Commissione sulla base del criterio della parità di genere. In attesa del quadro completo e dell'attribuzione del portafoglio, vogliamo iniziare a introdurre i nuovi commissari, cominciando da quelli che sono stati confermati dai rispettivi governi. Oltre alla presidente von der Leyen, sono quattro uomini e una donna.
Breton, il commissario dei rapporti di forza - Emmanuel Macron ha deciso di confermare Thierry Breton nella prossima Commissione, imponendo a Ursula von der Leyen quella che rischia di essere una difficile convivenza. Breton è stato un indubbio protagonista della Commissione von der Leyen I, con un mega portafoglio (dal mercato interno al digitale, passando per l'industria della difesa e lo spazio) che gli ha consentito di incidere in modo deciso sulla priorità francese dell'autonomia strategica dell'Ue, nonostante alcune reticenze della presidente. Breton ha così potuto fare in modo efficace quel che gli riesce meglio: usare i rapporti di forza con i suoi interlocutori. Gli ultimi mesi della legislatura sono stati segnati da un pesante conflitto tra Breton e von der Leyen. La presidente ha rivendicato per sé i successi e le proposte del commissario francese, senza citarlo o ringraziarlo. Breton ha accusato von der Leyen di mancare al suo dovere di collegialità. La sua conferma lascia spazio a diversi interrogativi: von der Leyen accetterà che Breton sia di fatto il numero 2 della nuova Commissione o cercherà di relegarlo ai margini? I due vivranno da separati in casa in nome del bene comune oppure si lanceranno in un conflitto permanente a bassa intensità?
Dombrovskis, alla ricerca di un futuro oltre l'euro - Nella prima Commissione von der Leyen, così come nella Commissione Juncker, il lettone Valdis Dombrovskis ha avuto il ruolo di guardiano delle politiche del rigore finanziario: vicepresidente incaricato di controllare i commissari socialisti responsabili degli Affari economici (Paolo Gentiloni e, prima, Pierre Moscovici). Il suo compito lo ha svolto con... rigore e rispetto della volontà della presidente. Anche quando ha assunto il portafoglio del commercio dopo la cacciata dell'irlandese Phil Hogan. Il gabinetto Dombrovskis, oggi diretto dal tedesco Michael Hager, segue alla lettera le indicazioni che vengono da von der Leyen e dal Ppe. C'è una vita oltre l'euro e il commercio? Ucraina e difesa sono due dossier interessanti. Dombrovskis potrebbe essere l'arma da usare per limitare le ambizioni di Breton.
Sefcovic, recordman della Commissione - E' il recordman dell'attuale Commissione, l'uomo che è stato più a lungo a Bruxelles, in carica dall'ottobre del 2009 quando ancora c'era la Commissione Barroso I, pronto a completare un ventennio da commissario, superando il primato del tedesco Wilhelm Haferkamp. Lo slovacco Maros Sefcovic, diplomatico di carriera vicino allo Smer di Robert Fico, da cui però si è tenuto sufficientemente a distanza, si è occupato di tutto o quasi: cultura e multilinguismo, amministrazioni e relazioni interistituzionali, energia, digitale, prospettive strategiche, Brexit e Green deal. Cosa farà per i prossimi cinque anni? Sefcovic si è rivelato sufficientemente versatile da poter essere un jolly per Ursula von der Leyen.
Varhelyi, l'uomo di Orban protetto da Ursula - Negli ultimi cinque anni è stato il commissario responsabile del Vicinato e dell'Allargamento, ma di fatto è l'uomo che porta avanti le priorità di Viktor Orban dentro l'Unione Europa. Oliver Varhelyi, ex ambasciatore scelto nel 2019 dopo la bocciatura di un altro commissario ungherese, László Trócsányi, ha importato nella Commissione la visione di Orban sulla Serbia e sull'Europa fortezza. Con la benedizione di Ursula von der Leyen, che non lo ha mai sconfessato sui Balcani e ha affidato proprio a lui gli accordi con i paesi a sud del Mediterraneo per fermare le partenze dei migranti. Il Parlamento europeo ha criticato più volte Varhelyi. Molto dipenderà dal portafoglio che gli sarà attribuito, ma ora potrebbe rendere la vita difficile al commissario di Orban nell'audizione di conferma.
Hoekstra, un commissario quasi per caso - E' arrivato a Bruxelles quasi per caso alla fine della legislatura, a seguito della decisione di Frans Timmermans di tornare alla politica nazionale per candidarsi come capolista della coalizione tra socialisti e verdi alle ultime elezioni. Wopke Hoekstra, ex ministro delle Finanze, ex ministro degli Esteri, esponente del Partito cristiano democratico CDA, è stato confermato dal nuovo governo tutto di destra che si è formato all'Aia. Nei Paesi Bassi, lo rimpiangono in pochi. A Bruxelles ha mostrato di essere competente e abile nel gestire i dossier legati alla politica climatica, anche grazie all'aiuto del suo capogabinetto, l'ex deputata europea e vicepresidente del PPE, Esther de Lange. Con il PPE che vuole pilotare il futuro della Politica agricola comune e gli agricoltori olandesi all'origine delle proteste del mondo rurale di inizio anno, von der Leyen potrebbe affidare a Hoekstra il portafoglio dell'Agricoltura.
Suica, l'invisibile vicepresidente alla demografia - Dubravka Suica è la dimostrazione che il titolo di vicepresidente della Commissione, se non è esecutivo, è solo una carica onorifica. Ex europarlamentare croata, scelta nel 2019 per ragioni di parità, Suica ha avuto la responsabilità della democrazia e della demografia. Ma di democrazia si è occupata principalmente un'altra vicepresidente (Vera Jourova) e la demografia non è competenza dell'Ue. Così sarà ricordata come la commissaria che è stata responsabile della Conferenza sul futuro dell'Europa, di cui però pochi conservano memoria. A Bruxelles, in pochi sanno che Suica è vicepresidente della Commissione. In un sondaggio informale che abbiamo realizzato su dieci funzionari di grado basso, solo tre sapevano associare il nome Suica al commissario croato.
Bulgaria
I bulgari al voto (per l'ennesima volta) il 27 ottobre - Il presidente bulgaro, Rumen Radev, ha annunciato che oggi emanerà il decreto per la nomina di un nuovo governo, dopo aver confermato Dimitar Glavchev come primo ministro ad interim in attesa del ritorno alle urne a seguito delle elezioni inconcludenti del 9 giugno. Radev ha confermato che le elezioni anticipate - le settime dal 2021 - si terranno il 27 ottobre. La formazione del governo dovrebbe permettere a Glavchev di nominare il commissario della Bulgaria entro la scadenza fissata da Ursula von der Leyen del 30 agosto.
Accade oggi
Commissione: la vicepresidente Jourova a Praga partecipa all'incontro degli ambasciatori cechi
Commissione: la commissaria Urpilainen a Tonga per il Forum dei leader delle isole del Pacifico
Eurostat: dati sul numero di morti annegati nel 2021