I limiti dell'approccio "whatever it takes" dell'UE sull'Ucraina
Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'UE. Oggi è Christian ai comandi.
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I limiti dell'approccio "whatever it takes" dell'UE sull'Ucraina
I limiti dell'approccio "whatever it takes" sul sostegno europeo all'Ucraina sono stati raggiunti. La richiesta della Commissione europea di aumentare il bilancio comune di 66 miliardi di euro nei prossimi quattro anni è stata ritenuta irrealistica e respinta all'ultimo vertice europeo di ottobre. La presidente, Ursula von der Leyen, è stata bruscamente rimbrottata dal Cancelliere, Olaf Scholz, e le è stato chiesto di presentare una nuova proposta. Si stanno valutando tagli, ma non è emersa alcuna soluzione in vista della riunione del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre. Il premier ungherese, Viktor Orban, ieri ha scritto al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, chiedendo di togliere l’Ucraina dall’agenda del vertice: “La mancanza di consenso porterebbe inevitabilmente al fallimento”. Ma Orban non è l'unico ostacolo che potrebbe affossare il vertice europeo e mettere in difficoltà Kiev.
A ottobre, solo il presidente del Consiglio italiano, Georgia Meloni, si è detta soddisfatta delle proposte della Commissione: 50 miliardi, di cui 17 in contanti e 33 sotto forma di prestiti, per sostenere l'Ucraina; 15 miliardi per la migrazione; 10 miliardi per la creazione di una piattaforma per le tecnologie strategiche; 19 miliardi per l'aumento degli interessi sul debito europeo; 1,9 miliardi per gli stipendi dei dipendenti pubblici; e 3 miliardi per le spese impreviste come i disastri naturali. Il tutto per un totale di 66 miliardi di euro, di cui il 61% a carico di Germania, Francia, Italia e Spagna, i maggiori contribuenti. La discussione è stata rapida. Troppo costoso. Non se ne parla. Dobbiamo tagliare. "Tutti sono diventati frugali", ha commentato un partecipante al vertice di ottobre.
Da allora sono state proposte diverse opzioni. Nessuna è stata accettata. La Germania sta bloccando tutto. "La coalizione è paralizzata" dopo la decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe, che ha messo in discussione il trasferimento di centinaia di miliardi di euro su cui il governo contava, deplora un funzionario di Bruxelles. "Sappiamo cosa possiamo fare, ma non abbiamo alcuna indicazione su cosa possa fare la Germania. Stiamo aspettando che i tedeschi ci dicano cosa possono fare, ma al momento si rifiutano di dare qualcosa per il bilancio comune, tranne che per l'Ucraina", ha spiegato il funzionario. "Se dicono di non poter dare nulla, non ci saranno soldi per il Fondo europeo per la pace, né aiuti per l'Ucraina", ha avvertito il funzionario.
"Il futuro dell'Ucraina è in Europa. La Germania sostiene la raccomandazione della Commissione di aprire i negoziati di adesione e continua a sostenere le riforme necessarie. Presidente Zelensky, resteremo al suo fianco per tutto il tempo necessario", ha assicurato Olaf Scholz nel suo ultimo post su X. Sono parole vuote se la Germania si rifiuta di mettere mano al portafoglio.
L'Ue ha concesso all'Ucraina 18 miliardi di euro nel 2023, ovvero 1,5 miliardi di euro al mese. Le difficoltà finanziarie di Berlino arrivano nel momento peggiore per Kiev. La Casa Bianca ha appena avvertito che gli Stati Uniti esauriranno i fondi entro la fine dell'anno. L'Ue ha ancora una settimana per raggiungere un accordo unanime per aumentare il bilancio comune. Missione impossibile, dicono alcuni leader europei. Si dovrà quindi attivare il piano B: chiedere agli Stati membri di fornire garanzie finanziarie all'Ucraina.
La frase
“L'Europa sta avendo problemi economici e nel frattempo sta sprecando soldi per inviare armi e denaro all'Ucraina. Stiamo inviando questo denaro in modo che l'esercito ucraino, che sta combattendo la Russia, vinca sulla linea del fronte. Ma non sta vincendo. Ed è assolutamente discutibile che se inviamo più soldi, possa vincere (...). Non dobbiamo finanziare la guerra, ma un cessate il fuoco e poi la pace. Se vogliamo spendere soldi sull'Ucraina, non dovremmo spenderli per la guerra, ma per la pace e un cessate il fuoco. Questa è la nostra posizione”.
Viktor Orban, primo ministro dell'Ungheria.
Follow-up
La Commissione chiude gli occhi mentre Orban prende in ostaggio l'Ucraina - Ieri abbiamo scritto di come Viktor Orban stia prendendo in ostaggio l'Ucraina e l'Ue e oggi abbiamo un primo aggiornamento. “Rimaniamo sulle nostre posizioni e raccomandazioni”, ha detto ieri un portavoce della Commissione, commentando le critiche rivolte da Orban sul parere positivo all'avvio dei negoziati di adesione con l'Ucraina. “Non pensiamo che la nostra raccomandazione sia infondata. L'Ucraina ha fatto un lavoro impressionante sia in termini di velocità sia di sostanza”, ha spiegato il portavoce. Ma la Commissione non sembra intenzionata a fare pressioni sul premier ungherese. Nemmeno il commissario ungherese responsabile dell'Allargamento, Oliver Varhelyi, che oltre a essere ungherese è anche un alleato di Orban. Interrogato sulla questione, il portavoce si è limitato a dire che “tocca agli stati membri prendere una decisione sulla base del nostro pacchetto sull'allargamento”.
Retroscena
Dentro il Consiglio europeo tensioni sul Medio oriente - Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si trova di fronte a un dilemma mediorientale in vista del vertice dei capi di stato e di governo del 14 e 15 dicembre. I leader devono discutere in modo serio della guerra di Israele contro Hamas a Gaza? Un dibattito sarebbe ad alto rischio, in un contesto di divisioni dovute all'Ucraina. “Sul Medio oriente ci sono sempre più tensioni interne” al Consiglio europeo, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue. Il francese Emmanuel Macron, lo spagnolo Pedro Sanchez e il belga Alexander de Croo sono sempre più espliciti nelle loro critiche di Israele. Il tedesco Olaf Scholz guida un gruppo di leader che rifiuta di condannare le operazioni militari israeliane. Per trovare un consenso tra due linee contrapposte, Michel vorrebbe concentrare il messaggio su “dimensione di sicurezza, aspetti umanitari e percorso politico verso la soluzione dei due stati”, ha spiegato l'alto funzionario dell'Ue. Ma nemmeno lui sa rispondere alla domanda di “quale tonalità” usare sul conflitto.
L'Ue geopolitica
L'Argentina fa saltare la festa per l'accordo con il Mercosur - E' il terzo rovescio della politica commerciale della Commissione von der Leyen in poche settimane, dopo quello con l'Australia e gli Stati Uniti. La speranza di concludere definitivamente l'accordo di libero scambio con il Mercosur è andata in frantumi nel fine settimana, quando l'Argentina ha annunciato di non voler dare il suo consenso fino all'arrivo al potere del nuovo presidente Javier Milei. Il gran giorno per l'intesa Ue-Mercosur era già stato fissato per il 7 ottobre. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, è stato costretto ad annullare la trasferta in Sud America. La Commissione, per ora, fa finta di nulla. “Negli ultimi mesi sono stati fatti progressi sostanziali”, ha detto ieri un portavoce: “I negoziati continueranno con l'ambizione di concluderli il più presto possibile”. Cioè quando? “Al momento non sono in grado di indicare un calendario”, ha risposto il portavoce.
Franco-italiano
Il “no” di Macron sul Mercosur può far comodo a Meloni - Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha contribuito ad affossare le speranze di una svolta su un accordo di libero scambio tra l'Ue e il Mercosur. “Non posso chiedere ai nostri agricoltori, ai nostri industriali in Francia e in qualsiasi altra parte d’Europa di compiere sforzi verso la decarbonizzazione, rimuovendo improvvisamente tutti dazi per importare beni che non sono soggetti a queste regole”, ha detto Macron sabato dopo un incontro con il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, alla Cop28 di Dubai. Nei negoziati con il Mercosur, l'Italia si è trovata dall'altra parte rispetto alla Francia, sostenendo pubblicamente la firma dell'accordo. Ma l'interruzione dei negoziati può far comodo a Giorgia Meloni in vista delle elezioni europee. Il presidente del Consiglio italiano non rischia di doversi spiegare davanti agli agricoltori, che rappresentano una base importante del suo elettorato.
Elezioni europee
Il Ppe sordo agli appelli di Salvini - "Quando andremo alle elezioni a giugno, ai cittadini dobbiamo proporre una scelta pro-europeista che vada avanti per i cinque anni. Io sono ottimista", ha detto domenica la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, commentando il raduno di sovranisti organizzato da Matteo Salvini a Firenze. Il leader della Lega era tornato a chiedere al Ppe di allearsi con i nazionalisti e l'estrema destra. “L'anno prossimo il centrodestra unito e determinato può liberare Bruxelles da chi la occupa abusivamente”, aveva detto Salvini durante l'evento “Freee Europe”. Il leader della Lega, in un post su X, ieri ha accusato Metsola di volere “l'inciucio con le sinistre, che ha portato l'Europa ai problemi di oggi”.
Accade oggi
Consiglio Giustizia e Affari interni (sessione Affari interni)
Consiglio Telecomunicazioni
Commissione: il commissario Schmit a Roma incontra il sindaco Roberto Gualtieri e partecipa a un'audizione delle commissioni Affari sociali e Lavoro di Camera e Senato
Parlamento europeo: la presidente Metsola in visita a Catanzaro e Palermo tiene un punto stampa con i ministri Antonio Tajani e Matteo Piantedosi e pronuncia un discorso all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università di Palermo
Commissione: i commissari Schinas e Kyriakides intervengono alla Conferenza Hera 2023
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul ricorso di Engie e del Lussemburgo sugli aiuti di stato illegali; sentenza sul divieto di viaggi non essenziali durante il Covid-19
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Eurostat: prezzi della produzione industriale a ottobre; dati sulla vendita e il riciclo di batterie portatili nel 2021