Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Il Green deal potrebbe non sopravvivere a Ursula 2.0
Un altro giorno, un'altra serie di manifestazioni con i trattori e un'altra concessione da parte di Ursula von der Leyen per cercare di calmare la collera rurale. Anzi due. Ieri la Commissione ha presentato i suoi obiettivi sulla riduzione delle emissioni entro il 2040, necessari per mantenere la promessa della neutralità carbonio nel 2050, escludendo nuovamente l'agricoltura dagli sforzi immaginati per il prossimo decennio. Sarà il Dialogo strategico lanciato nelle scorse settimane a determinare se e quanto il settore dovrà contribuire, malgrado il fatto che l'agricoltura rappresenti il 14 per cento circa delle emissioni nell'Ue. Davanti al Parlamento europeo, von der Leyen ha anche annunciato la decisione di ritirare uno dei provvedimenti contestati dagli agricoltori: il regolamento SUR per ridurre l'uso dei pesticidi del 50 per cento entro il 2030. L'annuncio è cosmetico, dato che SUR era già stato bocciato dal Parlamento europeo. Ma l'annuncio è anche simbolico. A quattro mesi dalle elezioni europee, con l'estrema destra che cavalca la rabbia degli agricoltori, von der Leyen non vuole correre rischi. Anche lei deve essere rieletta. Ma le continue marce indietro pongono un interrogativo: il Green deal, marchio di fabbrica del primo mandato von der Leyen, sopravviverà a un secondo mandato?
Simone Tagliapietra, del think tank Bruegel, ha ricordato su X che il Green deal era iniziato con un problema considerato lontano da Bruxelles e dai partiti dell'establishment pro europeo: “i minatori di carbone in Polonia”. Era quattro anni fa. Nell'Ue il governo di Varsavia, all'epoca diretto dai nazionalisti del PiS, si batteva per ritardare il più possibile l'uscita dal carbone, opponendosi all'obiettivo della neutralità climatica nel 2050. I sindacati dei minatori polacchi erano in sciopero, perché non volevano chiudere le miniere prima del 2060-70. All'epoca il Green deal era presentato da von der Leyen come il percorso verso un nirvana fatto di energia e aria pulita, meno costi per i consumatori grazie alle rinnovabili e rigenerazione industriale con investimenti massicci. Nessuno o quasi parlava dei costi della transizione climatica e ambientale. In ogni caso, secondo la presidente della Commissione, ci avrebbe pensato il mercato (attraverso meccanismi come gli scambi di emissioni Ets per mettere un prezzo al CO2) a rendere conveniente il Green deal. Al massimo, per i più svantaggiati tra gli svantaggiati, si sarebbe ricorso al Fondo sociale climatico. Ma era prima della protesta degli agricoltori.
Il primo ciclo del Green deal “termina con il problema degli agricoltori in tutta Europa. Ironicamente, una categoria finora ampiamente risparmiata dalle politiche verdi dell'Ue”, ha spiegato Tagliapietra del Bruegel. Effettivamente nell'ultima legislatura agli agricoltori non sono stati richiesti sforzi considerevoli per il clima e l'ambiente. La riforma della Politica agricola comune è stata contestata dai Verdi perché troppo poco “green”. I pochi provvedimenti proposti dalla Commissione, come la legge sul ripristino della natura, sono stati svuotati o, come il regolamento Sur, bocciati e dunque ritirati. Lo stesso vale per gli obiettivi sulle emissioni nel 2040.
Le bozze preparate dai servizi della Commissione negli scorsi mesi prevedevano una potenziale riduzione 30 per cento delle emissioni di metano, azoto e altri gas legati all'agricoltura. Il settore agricolo era considerato come “fondamentale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2040”. Il testo definitivo fissa l'obiettivo di "permettere al settore agricolo di mantenere il suo ruolo di garante della sicurezza alimentare mentre si decarbonizza". L'approccio deve essere "olistico" senza isolare l'agricoltura perché "molte decisioni con un grande potenziale di mitigazioni sono prese lontano dal cancello della fattoria": dalla composizione chimica dei fertilizzanti fino alle scelte alimentari dei consumatori. Anche gli accordi di libero scambio vengono presi di mira dalla comunicazione della Commissione in chiave protezionista: "Dato che è tra i produttori mondiali di alimenti più efficienti in termini di emissioni di gas serra, l’UE dovrebbe anche lavorare per prevenire la concorrenza sleale e garantire condizioni di parità con i produttori extra-UE, in particolare attraverso accordi commerciali".
Secondo Tagliapietra, “la politica climatica dell'Ue sta diventando sempre più complicata, emotiva e rischiosa”. Effettivamente quella agricola potrebbe essere solo il preludio delle collere a venire di altri settori, nel momento in cui le leadership politiche perdono entusiasmo per il clima. Per l'industria e i cittadini comuni molti dei regolamenti del Green deal sono già stati approvati ed entreranno in vigore. Il sistema Ets 2 per far pagare le emissioni di CO2 ai trasporti e al riscaldamento a partire dal 2029 porterà a un aumento dei prezzi del carburante di 10 centesimi al litro. Nel 2035 le auto nuove saranno solo elettriche, ma attualmente ci sono solo cinque modelli sui 180 censiti dal database della Commissione che costano meno di 30 mila euro. La fine delle caldaie a gas e l'obbligo di installare pompe a calore aveva quasi portato alla caduta del governo in Germania. Convincere gli italiani a rinunciare ai fornelli a gas per cuocere la pasta con le cucine a induzione sarà un'impresa. L'industria si è fatta sempre più sentire tra i governi. Alcuni dei leader che un tempo si presentavano come più “green” – come il presidente francese, Emmanuel Macron, e il premier belga, Alexander de Croo – hanno invocato una “pausa” nella regolamentazione ambientale.
Von der Leyen ha un orecchio particolarmente attento quando parlano i capi di stato e di governo. Loro sono i grandi elettori che devono confermarla dopo le elezioni europee. La presidente della Commissione non ha mosso un dito per salvare la legge sul ripristino della natura e si è affrettata a ritirare il regolamento sui pesticidi. Le concessioni agli agricoltori delle ultime settimane hanno un impatto su altre priorità oltre al Green deal, come il sostegno all'Ucraina con la reintroduzione di barriere per i suoi prodotti agricoli. Nella prossima legislatura, i Verdi sono pronti a entrare nella maggioranza von der Leyen a condizione di salvare il Green deal. I socialisti faranno campagna per un Green deal più sociale. Ma von der Leyen sta andando sempre più nella direzione del suo partito, il PPE, e del gruppo sovranista, ECR, che puntano su una marcia indietro. I primi segnali sono arrivati nel discorso sullo Stato dell'Unione dello scorso settembre quando ha annunciato la “prossima fase” del Green deal per “sostenere l'industria europea in questa transizione”.
Von der Leyen ha avuto una maestra nell'arte dei grandi balzi in avanti retorici e del surplace pratico: la “Klima-Kanzlerin”. Così era stata soprannominata l'ex cancelliera Angela Merkel al suo arrivo al potere nel 2007. Già un anno dopo, di fronte al pacchetto clima-energia 20/20/20, Merkel assicurava che l'Ue non avrebbe adottato “misure di protezione del clima che metterebbero in pericolo posti di lavoro o investimenti in Germania”. Alla fine dei suoi sedici anni, Merkel ha lasciato un bilancio molto discusso sulle politiche climatiche. La Germania ha ridotto le emissioni del 19 per cento, ma meno di Francia o Italia (25 per cento nello stesso periodo).
Nell'attuare le sue politiche, a volte dettate dal sentimento popolare o dalla volontà di occupare lo spazio politico dei Verdi, la cancelliera Merkel ha scelto di fare compromessi con le necessità dell'industria. Sarà lo stesso con un secondo mandato von der Leyen? “Più che il rischio della marcia indietro, vedo il rischio della non implementazione”, ci ha detto Tagliapietra. “Abbiamo messo in campo tutta la legislazione, ma i paesi non implementano” e “l'Ue non ha la capacità di spingere l'attuazione a livello nazionale”.
La frase
“Dobbiamo pensare alle capacità di difesa dell'Ucraina come parte delle nostre capacità di difesa. Dobbiamo pensare all'industria della difesa dell'Ucraina come parte della nostra industria della difesa”
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione.
Follow-up
La Commissione avvia un dibattito sulla riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040 - La Commissione ha pubblicato ieri una valutazione d'impatto dettagliata sulle possibili modalità per raggiungere l'obiettivo concordato di rendere l'Unione europea neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. Sulla base di questa valutazione d'impatto, la Commissione raccomanda una riduzione netta delle emissioni di gas serra del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990, avviando un dibattito con tutte le parti interessate. Una proposta legislativa sarà presentata dalla prossima Commissione dopo le elezioni europee. La definizione di un obiettivo climatico per il 2040 dovrebbe aiutare l'industria, gli investitori, i cittadini e i governi europei a prendere decisioni nel corso di questo decennio, consentendo all'UE di raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica nel 2050.
La Commissione lancia l'alleanza per i mini reattori nucleari - Nel pacchetto presentato ieri dalla Commissione per raggiungere la neutralità climatica nel 2050, compresi gli obiettivi di tagliare le emissioni del 90 per cento entro il 2040, c'è ampio spazio per le tecnologie in grado di catturare CO2 o rimuoverlo direttamente dall'atmosfera per poi stoccarlo o utilizzarlo. “Queste tecnologie si concentreranno su settori in cui le emissioni sono particolarmente difficili o costose da ridurre, come ad esempio le emissioni di processo nel cemento o nella termovalorizzazione”, dice la Commissione. Ma nella comunicazione sulla gestione industriale del carbonio, c'è anche spazio per il nucleare. La Commissione sta per lanciare “un’alleanza industriale per facilitare la cooperazione e accelerare la diffusione di piccoli reattori modulari (SMR)”. L'obiettivo è “la realizzazione dei primi progetti SMR nell’UE entro l’inizio del 2030 secondo i più elevati standard di sicurezza nucleare, sostenibilità ambientale e competitività industriale”.
Geopolitica
Scholz a Washington per cercare di sbloccare il sostegno degli Usa all'Ucraina - Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, si reca domani, giovedì, negli Stati Uniti, dove incontrerà i membri del Congresso e venerdì sarà ricevuto da Joe Biden alla Casa Bianca. Il Presidente degli Stati Uniti è in difficoltà. Su pressione di Donald Trump, i rappresentanti repubblicani alla Camera stanno bloccando un accordo su 60 miliardi di dollari di finanziamenti statunitensi per l'Ucraina. L'Unione Europea, invece, ha appena approvato un sostegno finanziario di 50 miliardi di euro in 4 anni e sta lavorando per fornire ulteriori armi e munizioni. "Aver sbloccato questo accordo è estremamente importante", ha sottolineato Scholz martedì sera, dopo l'incontro con il primo ministro francese, Gabriel Attal, a Berlino. "Spero che il Congresso degli Stati Uniti sia in grado di prendere una decisione rapida. Gli Stati Uniti e l'Europa devono aiutare l'Ucraina e non lasciare campo libero al presidente Vladimir Putin".
L'UE in prima linea, ma lenta - Gli europei sono ora in prima linea sull'Ucraina, ma sono lenti. Si moltiplicano le dichiarazioni di sostegno, come ieri durante un dibattito al Parlamento europeo, ma non riescono a consegnare le munizioni promesse. I loro produttori preferiscono onorare gli ordini fatti dai paesi terzi. Queste munizioni sono fondamentali, poiché le forze ucraine stanno faticando nel respingere le offensive dell'esercito russo. Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, è arrivato a Kiev ieri dopo una sosta a Varsavia. Ha invitato pubblicamente i leader europei a "prendere la decisione politica" di dirottare questi ordini verso l'Ucraina e si è dichiarato favorevole all'acquisto di munizioni da fornitori esterni all'UE.
Triloghi
Accordo sul Net-Zero Industry Act - La presidenza belga del Consiglio e i negoziatori del Parlamento europeo ieri hanno raggiunto un accordo politico sul Net-Zero Industry Act, uno dei provvedimenti proposti dalla Commissione per rispondere all'Inflation reduction act dell'Amministrazione Biden. L'obeittivo è incentivare la produzione di tecnologie pulite e assicurare la sovranità industriale dell'Ue. Il compromesso amplia la definizione di tecnologie pulite che contribuiscono alla decarbonizzazione e prevede permessi più rapidi per la loro produzione e installazione. La nuova regolamentazione prevede anche norme specifiche sugli appalti pubblici: il contributo per la sostenibilità ambientale sarà un requisito minimo obbligatorio, mentre il contributo per la resilienza sarà applicato qualora vi sia una dipendenza da paesi terzi superiore al 50 per cento per una specifica tecnologia strategica. “Per la prima volta l'Ue reagisce all'Ira”, ha spiegato il relatore per il Parlamento europeo, il tedesco del PPE Christian Ehler. Tuttavia “non è una risposta proporzionata, perché i mezzi dell'Ue non sono paragonabili a quelli degli Stati Uniti”.
Accordo sulla violenza di genere ma non sulla definizione di stupro - I negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo ieri hanno raggiunto un accordo anche sulle norme dell'Ue per combattere la violenza di genere e proteggerne le vittime, in particolare le donne. La direttiva prevede misure per prevenire lo stupro, norme più severe sulla violenza informatica e un migliore sostegno alle vittime. La nuova normativa comprenderà anche un elenco più lungo di circostanze aggravanti per i reati, norme contro le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni forzati, e norme specifiche per i reati online compresa la diffusione di materiale intimo e il cyberflashing. Il Parlamento europeo ha perso la battaglia per inerire nella direttiva una definizione del reato di stupro applicabile ad "ogni rapporto sessuale non consensuale" e in tutti gli Stati membri. Diversi governi si sono detti contrari, sostenendo che la Commissione dovrebbe prima rendere lo stupro un “eurocrimine” con una definizione comune per tutti gli stati membri. Tuttavia questo passo richiederebbe l'unanimità. Secondo la direttiva, gli Stati membri dovranno comunque a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che il sesso non consensuale è considerato un reato.
Elezioni europee
Grandi manovre nelle destre sovraniste e antieuropee - L'estrema destra ha colonizzato due gruppi al Parlamento europeo: Identità e Democrazia (ID), guidato dalla Lega italiana e dal Rassemblement National francese, e i Conservatori e Riformisti Europei (ECR), dominati dal Pis polacco e dal partito Fratelli d'Italia, la formazione di estrema destra di Giorgia Melon al potere in Italia. Per le elezioni europee del 9 giugno si prevede un'impennata del numero di partiti appartenenti a questi due gruppi, e sono iniziate le grandi manovre per attirare o radunare i nuovi arrivati. Il partito "Reconquête" in Francia è uno di questi nuovi arrivati. Uno dei suoi leader e capolista alle elezioni europee è Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, leader del Rassemblement National. "Reconquête" è accreditata di 6 rappresentanti eletti nell'ultima proiezione di Europe Elect, effettuata a gennaio. Marion Maréchal è corteggiata dagli italiani di Fratelli d'Italia. Oggi sarà a Strasburgo per incontri a margine della sessione plenaria del Parlamento italiano ed è previsto un punto stampa con il co-presidente del gruppo ECR, l'italiano Nicola Procaccini. L'ECR è anche in procinto di integrare gli eurodeputati del partito ungherese Fidesz di Viktor Orban, che è alla ricerca di un gruppo da quando si è staccato dal PPE.
Crisi di identità nel gruppo Identità e Democrazia - La famiglia dei Conservatori e Riformisti potrebbe gradualmente diventare una grande casa di movimenti delle destre, anche se la presenza di numerosi partiti di estrema destra mette a disagio alcuni dei suoi membri. I membri eletti del partito nazionalista belga NVA, la principale formazione politica delle Fiandre, hanno annunciato l'intenzione di cercare una nuova famiglia ospitante nel Parlamento europeo, preferibilmente il PPE. Identità e Democrazia, da parte sua, dovrebbe far entrare il partito portoghese Chega e i membri olandesi del PVV di Geert Wilders. Ma il gruppo è entrato in un periodo turbolento a causa del progetto di "remigrazione" del partito tedesco Alternative für Deutschland (AFD). Marine Le Pen, nel pieno della sua campagna per ripulire la propria immagine, ha evocato una scissione all'interno dell'ID. Chi se ne andrà e dove? L'estrema destra si cerca, si avvicina, si respinge, con il rischio di essere nuovamente emarginata.
Paesi Bassi
La strada di Wilders per diventare premier si complica - Nei Paesi Bassi i negoziati per la formazione di un governo di coalizione guidato dal leader di estrema destra, Geert Wilders, sono falliti ieri sera, dopo che il leader del partito Nuovo Contratto Sociale, Pieter Omtzigt si è ritirato per divergenze sulle politiche fiscali, in particolare lo "stato delle finanze pubbliche e le "vuote promesse" ai cittadini olandesi da parte di Wilders. I negoziati erano in corso da due mesi. Il leader di estrema destra ha bisogno dell'appoggio dei liberali del VVD e dei conservatori del Nuovo Contratto sociale per prendere il potere. L'ipotesi che Wilders diventi premier, dopo aver vinto le elezioni dello scorso novembre, non è ancora totalmente esclusa. Omtzigt ha detto che non entrerà nella maggioranza, ma non ha chiuso la porta al sostegno esterno di un governo minoritario formato dagli altri partiti in discussione con Wilders. Il leader del Nuovo Contratto Sociale è anche disponibile ad appoggiare un governo completamente diverso che abbia un ampio sostegno in Parlamento. Dopo le elezioni Omtzigt aveva evocato la possibilità di un governo tecnico o parlamentare. L'esito è "incredibilmente deludente", ha detto Wilders su Twitter: "I Paesi Bassi vogliono questo governo e ora Pieter Omtzig sta gettando la spugna (...). Non lo capisco assolutamente".
Retroscena
Il Mediatore vuole saperne di più sui viaggi della Commissione pagati dai lobbisti - Il mediatore europeo, Emily O'Reilly, ha deciso di avviare un'indagine per potenziali conflitti di interesse sui viaggi di lavoro e ospitalità dei funzionari della Commissione pagati da paesi terzi o lobby. I sospetti nascono da una risposta della Commissione a una serie di domande poste dal mediatore su uno scandalo che aveva portato alla rimozione del capo della direzione generale trasporti della Commissione, Henrik Hololei, per aver effettuato un viaggio di lavoro pagato dal governo del Qatar. Nessuna regola era stata violata. Ma, nel bel mezzo del Qatargate, Ursula von der Leyen aveva preferito spostare l'alto funzionario. La Commissione ha fornito al mediatore le statistiche sui viaggi di lavoro dei funzionari pagati da soggetti terzi dal 2021 al 7 marzo 2023. Il volume totale delle missioni è "relativamente piccolo", ma "vi sono stati numerosi viaggi, anche ai massimi livelli della funzione pubblica dell'Ue, che hanno comportato contributi di paesi terzi e interessi delle imprese", ha detto il mediatore. O'Reilly ha chiesto alla Commissione l'elenco delle missioni svolte, compresi i dettagli su chi è andato, quando, dove, lo scopo della missione e del viaggio autorizzato e chi ha pagato". La scadenza per la risposta è il 29 febbraio.
Accade oggi
Parlamento europeo: sessione plenaria a Strasburgo (dibattiti sul sostegno agli agricoltori; la lotta alla disinformazione; la lotta all'antisemitismo e all'islamofobia; lo scambio automatico di dati di polizia; le priorità dell'Ue alla Commissione Onu sullo stato delle donne; la strategia di parità Lgbt; le violazioni dei diritti umani in Bielorussia, Iran e Nigeria)
Parlamento europeo: discorso del presidente rumeno, Klaus Iohannis
Parlamento europeo: conferenza stampa su un'iniziativa transpartitica sulla pace per il Medio Oriente
Consiglio europeo: discorso del presidente Michel al Forum della Bei
Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell in visita a Kyiv
Commissione: il vicepresidente Dombrovskis partecipa alla conferenza ministeriale del WTO in videoconferenza
Commissione: la commissaria Ferreira riceve il ministro degli esteri turco, Mehmet Kemal Bozay per la firma dell'accordo sul Fondo europeo di solidarietà
Commissione: la commissaria Johansson incontra in videoconferenza, l'Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi
Commissione: le commissarie Simson e McGuinness partecipano al Forum della Bei
Consiglio: riunione del Coreper
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul ricorso di Ryanair contro gli aiuti di stato a KLM per il Covid
Corte dei conti dell'Ue: parere sulla riforma della Facility per i Balcani occidentali
Eurostat: dati su turnover e produzione nel settore dei servizi a novembre