Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue. Oggi è Christian a prendere i comandi.
Il valzer delle presidenze dell'Ue
Un nuovo anno, una nuova presidenza. Il 2023 si è concluso con i fuochi d'artificio spagnoli per alcuni accordi importanti per l'Ue. Il 2024 è iniziato con un "gioioso ingresso del Belgio". Ma il Belgio non presiederà l'Unione europea, come alcuni dicono e scrivono. Altrimenti, che senso avrebbero le cariche di Presidente del Consiglio europeo e di Alto Rappresentante, due dei "posti di primo piano" del mercato che si aprirà dopo le elezioni europee del 9 giugno? Perché il 2024 è un anno di elezioni e soprattutto l'occasione per un valzer alla testa delle istituzioni europee.
L'annuncio di Charles Michel di voler chiedere il voto degli elettori il 9 giugno per essere eletto al Parlamento europeo ha messo in moto il ritmo, e senza dubbio metterà fine alle esitazioni della tedesca Ursula von der Leyen riguardo a un secondo mandato come Presidente della Commissione. La signora von der Leyen ha promesso di rendere note le sue intenzioni all'inizio dell'anno. "Deciderà lei quando sarà il momento giusto per fare il suo annuncio", ha dichiarato ieri il suo portavoce Eric Mamer.
Ursula von der Leyn "si sta muovendo sotto mentite spoglie" e non mostra "alcun desiderio di fare campagna elettorale", ha sottolineato un funzionario europeo. Il movimento di Charles Michel ha scosso von der Leyen e "non è certo che si ricandiderà", ha detto il nostro interlocutore. Non basta essere scelti dai leader europei. Bisogna anche essere in grado di costruire una maggioranza in Parlamento sul proprio nome. E von der Leyen era stata eletta molto male nel 2019, evitando un fallimento per soli 9 voti.
"Il bis sarebbe la soluzione più facile", ha commentato un diplomatico. Ma alcuni ritengono che non sarebbe una cattiva idea gettare la spugna. Ursula von der Leyen non ha fallito, è stata una buona dirigente. Ma, secondo diversi funzionari, la sua gestione dell'istituzione è stata disastrosa e non ha brillato per le sue iniziative di fronte alle crisi. Ha bruciato le sue credenziali correndo in Israele per dare a Benjamin Netanyahu un assegno in bianco a nome dell'Ue per radere al suolo Gaza. "Un grave errore politico", secondo la maggior parte delle capitali europee. "Pagherà a caro prezzo i massacri commessi a Gaza", ha dichiarato il rappresentante di uno Stato membro. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelenski, ha capito che la presidente della Commissione non ha alcun potere e che deve rivolgersi direttamente ai leader degli Stati membri.
Il Presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel, e l'Alto rappresentante, lo spagnolo Josep Borrell, non si trovano in questo dilemma. Hanno completato il loro mandato e non possono essere riconfermati. Per loro si tratta di un valzer d'addio. Charles Michel ha scelto un tempo veloce, un valzer musette, e la sua partenza è prevista per il 16 luglio. Josep Borrell ha invece optato per un valzer tango e sarà parsimonioso fino alla sua partenza. Uno dei due non sarà rimpianto, sussurrano i loro numerosi detrattori.
La Presidenza del Parlamento europeo, invece, è un valzer lento. Inizia il giorno successivo alle elezioni europee, si balla dietro le quinte e si conclude con il voto alla prima sessione plenaria del nuovo Parlamento. Potrebbero volerci quattro turni di votazione tra i candidati e l'eletto sarà presidente solo per 2 anni e mezzo. La Presidente uscente, la maltese Roberta Metsola, membro del PPE, è desiderosa di ricoprire l'incarico per una seconda metà legislatura. E' molto apprezzata, con forti possibilità di essere rieletta. Eletto nel gruppo Renew, di cui sarà una delle figure di spicco, Charles Michel potrebbe entrare in corsa come presidente del Parlamento per la seconda parte della legislatura. "In politica ci sono sorprese e circostanze, opportunità che possono essere colte", ha sottolineato Michel in un briefing con la stampa per spiegare la sua "scelta coraggiosa di affrontare le elezioni".
Chi sostituirà coloro che se ne andranno nel 2024? La storia non è ancora stata scritta. I nomi circolano e le speculazioni si moltiplicano, perché gli equilibri politici e geografici devono essere rispettati e la parità è diventata una realtà. L'ex primo ministro liberale del Lussemburgo, Xavier Bettel, e l'ex primo ministro socialista dell'Italia, Enrico Letta, sarebbero adatti alla presidenza del Consiglio. Non si deve escludere una resurrezione del premier portoghese, Antonio Costa, che si è dimesso per uno scandalo di corruzione. L'ex primo ministro belga, la liberale Sophie Wilmes, o il primo ministro dell'Estonia, la liberale Kaja Kallas, potrebbero succedere a Josep Borrell.
Per la Commissione, se Ursula von der Leyen rinuncerà a un secondo mandato, l'italiano Mario Draghi sarebbe l'uomo giusto. Sempre che non venga scelto per il Consiglio europeo. Tutto ciò che resta da fare è che gli interessati siano disponibili, che i leader dei loro Paesi non si oppongano alla loro nomina e che le regole che disciplinano le nomine siano rispettate, perché il Partito Popolare Europeo (PPE) non ha intenzione di rinunciare facilmente alla presidenza della Commissione europea, carica che detiene da 20 anni.
La frase
"A tutte quelle voci che si chiedono se Viktor Orban potrebbe ricoprire la carica di presidente ad interim del Consiglio europeo, se Charles Mchel dovesse diventare eurodeputato: preserviamo la nostra calma strategica".
Zoltan Kovacs, segretario di stato ungherese per la Comunicazione internazionale.
Corsa ai sussidi
Vestager lancia la corsa della Germania ai sussidi dell'IRA - La Commissione europea ha autorizzato ieri una misura tedesca del valore di 902 milioni di euro per sostenere Northvolt nella costruzione di un impianto di produzione di batterie per veicoli elettrici, dando per la prima volta il via libera agli aiuti di Stato per contrastare l'Inflation reduction act dell'Amministrazione Biden (IRA). "Si tratta del primo caso di aiuto volto a pareggiare" i sussidi offerti dall'IRA, ha dichiarato la vicepresidente responsabile della concorrenza, Margrethe Vestager. Senza l'aiuto dello Stato tedesco, "Northovolt avrebbe impiantato lo stabilimento negli Stati Uniti, dove avrebbe beneficiato degli aiuti dell'Ira. Ora gli investimenti e i posti di lavoro saranno nell'Unione Europea", ha detto Vestager. L'aiuto assumerà la forma di una sovvenzione diretta di 700 milioni di euro e di una garanzia di 202 milioni di euro. L'impianto avrà una capacità annua di 60 GWh, che si traduce in 800.000-1 milione di veicoli elettrici all'anno, a seconda delle dimensioni della batteria. L'impianto Northvolt inizierà la produzione nel 2026 e raggiungerà la piena capacità nel 2029.
Habeck respinge le accuse “arroganti” sulla parità di condizioni nel mercato interno - Che il quadro temporaneo degli aiuti di stato sia stato fatto su misura delle esigenze della Germania è un segreto di Pulcinella a Bruxelles. La conferma è il fatto che Vestager ieri abbia invitato alla sua conferenza stampa il ministro tedesco dell'Economia, Robert Habeck, per annunciare insieme il via libera ai sussidi della Germania a Northvolt per contrastare l'Ira americano. Ma Habeck ha definito come “arroganti” le accuse dei paesi con poco spazio fiscale di favorire l'economia della Germania, compromettendo la parità di condizioni nel mercato interno. "La vera competizione non è tanto tra Germania e Italia o Danimarca e Paesi Bassi, o Ungheria e Repubblica Ceca. È tra l'Europa e la Cina e gli Stati Uniti, e il sistema che abbiamo sviluppato negli ultimi decenni guarda solo al mercato interno”, ha detto Habeck rispondendo a una nostra domanda. Il ministro ha avvertito che tutta l'economia europea sarebbe a rischio se la Germania non investisse in tecnologie critiche. "Dobbiamo pensare all'Europa come a un sistema economico unico", ha detto Habeck.
Geopolitica
L'impotenza dell'unanimità sull'Ucraina - L'unanimità lascia l'UE impotente di fronte alle sanzioni che vengono aggirate per impedire alla Russia di continuare la sua guerra contro l'Ucraina. Interrogata per l'ennesima volta sulla vendita alla Russia da parte di aziende di paesi terzi di attrezzature e tecnologie europee di cui è vietata l'esportazione, la Commissione ha riconosciuto ieri che le sanzioni "vengono aggirate". Sono previste sanzioni anche contro questi comportamenti, ma non vengono attuate. "Noi proponiamo delle sanzioni, ma spetta agli Stati membri adottarle e devono essere adottate all'unanimità. Senza unanimità, non ci sono sanzioni. Il problema è l'unanimità", affermano i portavoce dell'esecutivo europeo. Cina e Turchia sono sospettate di chiudere un occhio sulle azioni delle loro aziende. Pechino e Ankara non si sono associate alle sanzioni contro Mosca. Un paradosso per la Turchia, membro della NATO, ma gli altri membri dell'Alleanza non protestano. Come possiamo protestare se gli interessi e la politica hanno la precedenza sulla moralità? Alcune aziende cinesi sono state rimosse dalla lista nera delle società che hanno aggirato le sanzioni europee su richiesta di alcuni Stati membri preoccupati di non offendere Pechino. "Il meccanismo per l'elusione delle sanzioni è un meccanismo di ultima istanza ed è preferibile dialogare con i Paesi terzi per risolvere i problemi", ha spiegato la Commissione. "Gli scambi a volte danno frutti", ha assicurato uno dei portavoce.
Francia
L'Ue si disinteressa del rimpasto alla francese - Il mondo politico a Parigi è in ebollizione per il rimpasto che il presidente francese, Emmanuel Macron, realizzerà nei prossimi giorni. Il primo ministro, Elisabteh Borne, ieri ha presentato le dimissioni. Macron vuole un altro profilo per rilanciare il suo secondo quinquennato, in particolare dopo che la nuova legge sull'immigrazione è stata approvata con i voti del Rassemblement National, spaccando la sua maggioranza. Far saltare la testa del primo ministro in Francia è una tradizione dei presidenti in difficoltà. Macron e Borne avevano pranzato insieme il 3 gennaio. Poi il presidente ha trascorso il fine settimana nella residenza della Lantnerne a Versailles per trovare la migliore soluzione per il paese (e sé stesso). Borne resterà per gli affari correnti fino alla nomina del suo successore. Chi? Tutta questa trepidazione lascia indifferenti Bruxelles e le altre capitali dell'Ue. Né la Commissione, né i leader degli altri 26 stati membri si interessano più di tanto al rimpasto. In effetti è il presidente che fa la politica estera della Francia, compresa la politica europea. Al massimo l'Ue getterà un occhio verso Parigi per capire se cambieranno i principali ministri: Esteri, Finanze, Difesa e Interni.
Slovacchia
Pellegrini si candida alle elezioni presidenziali in Slovacchia - Peter Pellegrini, ex primo ministro, leader del partito HLAS e attuale presidente del Parlamento in Slovacchia, ha indetto ieri le elezioni presidenziali per marzo e aprile e ha dichiarato che intende candidarsi per sostituire la presidente uscente, la liberale Zuzana Caputova. Il primo turno si terrà il 23 marzo. Il secondo turno, che si terrà nel caso in cui nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta, avrà luogo il 6 aprile. Si prevede che le elezioni saranno una corsa tra la coalizione di governo guidata dal Primo Ministro Robert Fico e i candidati indipendenti più vicini all'opposizione liberale. Una vittoria di Pellegrini, alleato di Fico, consoliderebbe il controllo sul potere da parte dell'attuale coalizione. "Se la leadership del partito accetterà la mia candidatura e tutte le condizioni saranno soddisfatte, allora annuncerò la mia candidatura il 19 gennaio", ha dichiarato Pellegrini, dopo aver annunciato le date delle elezioni in conferenza stampa. I suoi principali avversari per ora sono l'ex ministro degli Affari esteri del precedente governo, Ivan Korcok, e un diplomatico internazionale, Jan Kubis.
Polonia
Per la Commissione non c'è bacchetta magica in Polonia - “Siamo all'inizio di un nuovo periodo in Polonia che fa seguito ai risultati elettorali e alla formazione del nuovo governo. Nessuno pensa che sia possibile di spazzare via tutte le difficoltà con una bacchetta magica”, ha detto ieri il portavoce della Commissione, Eric Mamer, rispondendo a una nostra domanda su alcune decisioni di Donald Tusk in continuità con le politiche del Partito Legge e Giustizia (PiS). Il 4 gennaio il nuovo primo ministro ha annunciato che non accetterà “nessun meccanismo forzoso” per ricollocare richiedenti asilo. “Non accetteremo un solo migrante. La Polonia non sarà mai parte di un meccanismo di questo tipo”, ha detto Tusk. Il suo governo, inoltre, continua a bloccare l'importazione di alcuni prodotti agricoli dall'Ucraina in continuità con l'embargo imposto dal PiS. "Serve un lavoro importante e del tempo", ha detto il portavoce della Commissione, promettendo di continuare la cooperazione con il nuovo governo diretto da Tusk.
Accade oggi
Commissione: discorso della presidente von der Leyen alla Camera di Commercio di Stade in Germania
Commissione: il commissario Schmit riceve Enrico Letta
Consiglio: riunione del Comitato Politico e di sicurezza
Eurostat: dati sulla produzione e sul turnover nel settore dei servizi a ottobre 2023; dati sulla disoccupazione a novembre 2023