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Kuleba mette a nudo la velleità geopolitica dell'Ue
Alla prima riunione dopo le vacanze dei ministri degli Esteri dell'Unione europea, l'ucraino Dmytro Kuleba ha dimostrato con poche parole quanto siano velleitarie le ambizioni di un'Ue geopolitica, anche quando le crisi che affronta sono considerate esistenziali, come la guerra della Russia contro l'Ucraina. “Rieccoci qui, dopo un'estate molto complicata, durante la quale sono accadute molte cose”, ha detto ieri l'Alto rappresentante, Josep Borrell, prima della riunione con i ministri dei ventisette stati membri. Al suo fianco, chiedendo agli europei di rispettare le promesse e gli annunci sulle forniture di armi e implorandoli di togliere le restrizioni per permettere all'Ucraina di colpire il territorio russo, Kuleba ha di fatto ha indicato il “re nudo” dell'Ue geopolitica. Molti tra i ventisette non mantengono gli impegni o sono impauriti dalla prospettiva di una sconfitta della Russia. Collettivamente l'Ue è paralizzata, bloccata dalle posizioni di questo o quel paese e dai veti dell'Ungheria. Vale per l'Ucraina, come per il Medio Oriente.
“Possiamo sconfiggere la Russia”, ha ricordato ieri Kuleba ai suoi omologhi europei. Con l'offensiva di Kursk “lo abbiamo dimostrato contro ogni probabilità, contro tutti quelli che dicevano che c'è uno stallo, che non si può vincere, che la strategia deve essere vista. Questi argomenti sono stati sconfitti esattamente come le forze russe nella regione di Kursk”, ha detto il ministro ucraino. “Abbiamo dimostrato che le linee rosse della Russia sono vuote. Abbiamo dimostrato che quelli che parlano di timore di escalation usano questo argomento per non prendere le decisioni di cui l'Ucraina ha bisogno”. Di fronte all'avanzata ucraina in territorio russo, la macchina della diplomazia e dell'assistenza militare dell'Ue è rimasta ferma a prima dell'estate. Un veto dell'Ungheria blocca ancora 6 miliardi di euro di aiuti militari già stanziati dall'Ue (1,5 miliardi sono fermi da 18 mesi). Soprattutto, gli stati membri non rispettano i loro impegni sulle forniture di armi e le tempistiche delle consegne.
“Vorrei sollevare una questione per noi sconcertante: la divergenza tra gli annunci di assistenza militare e la consegna effettiva”, ha detto Kuleba. Al vertice della Nato di luglio, gli alleati avevano garantito cinque sistemi Patriot e uno Samp-T. Ma non sono stati ancora consegnati. Nel marzo del 2023 l'Ue aveva promesso un milione di munizioni da artiglieria entro un anno. Ma la scadenza è stata spostata alla fine del 2024. All'inizio dell'anno, la Repubblica ceca aveva annunciato un'iniziativa per fornirne altre 850 mila. Ma l'ultima grossa consegna di munizioni all'Ucraina risale alla fine di giugno. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ieri ha promesso altri quattro sistemi di difesa aerea Iris-T per la difesa aerea. Arriveranno in tempo per evitare il peggio? “E' chiaro che la Russia vuole distruggere completamente il sistema elettrico dell'Ucraina per lasciare l'Ucraina al freddo e al buio il prossimo inverno”, ha ricordato Borrell. “La Russia vuole bombardare un paese europeo fino alla capitolazione”, ha spiegato l'Alto rappresentante.
Kuleba ha presentato un'altra richiesta che mostra tutti i limiti dell'Ue: di togliere le restrizioni all'uso di armi fornite dagli occidentali in territorio russo. L'Ucraina vuole colpire gli aeroporti militari e le basi logistiche, i centri di comando, gli arsenali e i depositi di carburante. “Obiettivi militari legittimi – e sottolineo legittimi - sul territorio della Russia”, ha sottolineato Kuleba. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha denunciato il fatto che il suo esercito è costretto a battersi “con una mano dietro la schiena”. Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, ha esposto un paradosso: “Grazie alle restrizioni occidentali, stiamo proteggendo i cieli e gli aerei russi meglio degli ucraini”. “Le restrizioni devono essere tolte (…) altrimenti le armi sono inutili”, ha riconosciuto Borrell.
La tedesca Baerbock non si è espressa. Dal suo collega italiano, Antonio Tajani, è arrivato un “niet”. "Noi non siamo in guerra con la Russia, anche la Nato non e' in guerra con la Russia, quindi per l'Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all'interno del territorio ucraino”, ha detto Tajani. Borrell è stato costretto ad arrendersi. “Nel corso del Consiglio abbiamo affrontato la questione della rimozione delle limitazioni alle armi fornite all'Ucraina. Ma abbiamo concordato che questa alla fine è una decisione nazionale e gli Stati membri vogliono che rimanga così, quindi non una decisione al livello europeo".
Le decisioni sulle restrizioni alle armi vengono prese dai singoli governi, non dall'Ue nel suo insieme. I paesi baltici e i nordici hanno detto chiaramente che non ci sono limiti territoriali imposti all'Ucraina. Ma le divisioni interne all'Ue indeboliscono la postura collettiva e rendono inutili le pressioni di Borrell a favore dell'Ucraina. Vale anche sull'altra crisi su cui l'Ue geopolitica è paralizzata: la guerra a Gaza. L'Alto rappresentante ieri si è visto bocciare la proposta di imporre sanzioni contro i ministri estremisti del governo di di Benjamin Netanyahu, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir (l'Italia e l'Ungheria sono contrarie, la Germania si nasconde dietro il veto di altri paesi). Borrell ha comunque deciso di lanciare il processo davanti ai gruppi di lavoro del Consiglio. Ma “saranno i ministri a decidere”, ha detto Borrell. E l'unanimità non c'è. L'unico accordo trovato dai ventisette ministri è su una dichiarazione per chiedere una “tregua per vaccinazioni anti-polio” a Gaza. Da protagonista geopolitico, l'Ue torna al suo vecchio ruolo di attore umanitaria.
L'Ucraina non sembra più disponibile ad ascoltare le solite scuse europee. Sui ritardi nelle forniture di armi “alcuni si lamentano della burocrazia, ma abbiamo tutti imparato ad accelerare le cose in questi due anni e mezzo”, ha detto Kuleba. “Alcuni dicono che ci sono momenti delicati nella loro politica, come le elezioni. C'è sempre una spiegazione. Ma noi paghiamo per tutti questi ritardi, con i danni e la perdita di vite”. Il ministro degli Esteri ucraino ha anche ricordato alla Germania, che ha deciso di dimezzare i finanziamenti per gli aiuti militari, la posta in gioco della guerra. “Fornire assistenza militare all'Ucraina nelle circostanze in cui cui il futuro dell'Europa viene deciso non può essere soggetto a discussioni sui soldi”, ha detto Kuleba: “Sapete cosa accadrà se la Russia prevarrà. I costi per l'Europa di fermare la Russia saranno molto molto più alti che quelli di sostenere l'Ucraina per fermare la Russia in Ucraina”, ha avvertito.
Senza peli sulla lingua, il lituano Landsbergis ha puntato il dito contro la retorica dell'Ue. “Stiamo creando una narrazione, una bella storia per dire ai nostri cittadini che siamo dei combattenti del bene”, ma non prendendo decisioni difficili a favore dell'Ucraina alcuni in Europa sono “pronti a perdere”.
La frase
“Abbiamo ancora 6 miliardi di euro congelati sul mio conto corrente, che non posso usare per rimborsare il sostegno dato all'Ucraina da alcuni Stati membri. Cercherò un modo per aggirare questa situazione. Questo veto da parte di uno Stato membro perché non è accettabile”.
Josep Borrell.
Commissione von der Leyen II
Ursula 2, per fare ammenda - Una Commissione rinnovata e rimodellata, con diversi vicepresidenti esecutivi, più collegiale, più inclusiva, meno personalizzata, con una presidente come arbitro. Secondo quanto ci è stato riferito, le grandi linee delle consultazioni condotte da Ursula von der Leyen sembrano indicare un desiderio di riappacificazione per riparare i danni causati all'interno dell'istituzione durante il primo mandato da una gestione ritenuta brutale. Ursula von der Leyen è cambiata? “All'inizio sarà così. Vedremo con il tempo”, ci ha detto una delle persone con cui abbiamo parlato. Anche il primo mandato era iniziato su questa base, ma i motivi di scontro si sono presto moltiplicati, in particolare con la squadra dell'Alto rappresentante, lo spagnolo Josep Borrell, e poi con le rivalità tra e con i commissari. Alla fine del suo mandato, la gestione dell'istituzione da parte di Ursula von der Leyen è stata fortemente criticata sia all'interno sia all'esterno. Ursula von der Leyen sta facendo ammenda?
Una Commissione politicamente sbilanciata - Con quattordici membri del Partito Popolare Europeo, compresa la presidente, la Commissione Ursula von der Leyen 2 è inclinata a destra e non è rappresentativa dell'equilibrio politico all'interno del Parlamento europeo. I socialisti sono scarsamente rappresentati, nonostante il loro leader, il cancelliere Olaf Scholz, abbia accettato di riconfermare Ursula von der Leyen, membro della CDU, all'opposizione in Germania. Sarà introdotto un riequilibrio con la creazione di diverse vicepresidenze esecutive. La spagnola Teresa Ribera per i socialisti, il francese Thierry Breton per i liberali e il lettone Valdis Dombrovskis per il PPE sono le personalità citate per questa posizione. Dombrovskis era già vicepresidente esecutivo nella Commissione Ursula 1. Il grande interrogativo è se il commissario italiano, che rappresenta un governo che si è astenuto sulla riconferma di Ursula von der Leyen al Consiglio e un partito che ha votato contro la sua elezione al Parlamento europeo, debba ricevere una vicepresidenza esecutiva. Il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni non ha ancora annunciato ufficialmente la sua decisione, ma è stato fatto il nome del Ministro per gli Affari europei Raffaelle Fitto, ex membro di Forza Italia e compatibile con il PPE. Tuttavia, Meloni potrebbe sorprendere tutti nominando una donna. L'annuncio è atteso per oggi, termine ultimo fissato dalla signora von der Leyen per la presentazione delle candidature.
La scelta dei portafogli - Tutti i leader vogliono un “buon portafoglio” per il loro commissario e molti ex ministri dell'Economia sono stati nominati. Ursula von der Leyen sta ultimando l'assegnazione dei portafogli e la portata delle responsabilità che si rifletteranno nelle lettere di missione, che conterranno deleghe e responsabilità sulle direzioni generali. Secondo le nostre informazioni, Teresa Ribera sarà responsabile del cambiamento climatico, Thierry Breton della politica industriale e il polacco Piotr Serafin del bilancio.
Gli ultimi uomini della presidente - Oggi scade il termine entro cui Ursula von der Leyen ha chiesto ai governi di inviare il loro candidato commissario e noi del Mattinale terminiamo la presentazione di quelli che sono stati finora designati. L'Austria ha scelto il ministro delle Finanze, Magnus Brunner, un falco dell'austerità, a cui sarà difficile affidare il portafoglio dell'Economia, ma che può condizionare l'applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita. Anche l'Irlanda ha scelto un ministro delle Finanze, Michael McGrath, che ha una visione ortodossa della politica di bilancio. Cipro ha indicato Costa Kadis, biologo e ministro dell'Agricoltura, che potrebbe aspirare a un portafoglio sulla politica marina, anche se si parla di lui come possibile commissario al Mediterraneo. Sempre che il portafoglio del Mediterraneo non finisca a Malta, che ha designato Glenn Micallef, il consigliere del primo ministro Robert Abela su cui von der Leyen sta facendo pressione per cambiare candidato e scegliere una donna. La Grecia ha nominato Apostolos G. Tzitzikostas, il governatore della regione della Macedonia centrale, che è stato anche presidente del Comitato delle regioni e punta al portafoglio della coesione. Il Lussemburgo ha nominato l'europarlamentare Christophe Hansen, che si è occupato di commercio, Brexit e ambiente (ma ha iniziato la sua carriera europea come consigliere di Astrid Lulling, deputata grande combattente della lotta per salvare le api). La Romania ha scelto Viktor Negrescu, che è stato ministro e deputato europeo. La Slovenia ha nominato un tecnico, l'ex presidente della Corte dei conti Tomaz Vesel.
L'Affaire Metsola-Tabone
Metsola accusata di nepotismo dopo la nomina del cognato - “Se questo non è nepotismo, allora cos'è il nepotismo?”. La domanda è stata posta dall'europarlamentare socialista di Malta, Alex Agius Saliba, dopo la decisione di Roberta Metsola di nominare Matthew Tabone come suo nuovo capogabinetto. Tabone è un collaboratore di lunga data della presidente del Parlamento europeo, ma è anche il marito della sorella Lisa. “Immaginate se io o un rappresentante del Partito Laburista nominassimo un membro della famiglia alla posizione più alta del nostro ufficio. Immaginate quante storie, proteste e richieste di dimissioni dopo che siamo stati accusati dal nepotismo dilagante”, ha scritto Alex Agius Saliba su Facebook. Invece “silenzio dopo che Roberta Metsola ha nominato suo capo di gabinetto il marito della sorella”. Secondo l'ex eurodeputato olandese ed ex direttore di Transparency international, Michel van Hulten, la nomina di Tabone “invia il segnale completamente sbagliato all'inizio di una nuova legislatura parlamentare”.
Rapporto Draghi
Mercoledì Draghi davanti ai leader dei gruppi al Parlamento europeo - Quando sarà presentato il rapporto sul futuro della competitività europea di Mario Draghi? La Commissione non ha annunciato ancora una data. Ma il momento si avvicina. Secondo una nostra fonte, Draghi parteciperà mercoledì prossimo alla riunione della Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo per uno scambio di vedute con i leader dei gruppi politici. Il documento inizialmente era atteso per giugno, poi per giugno. Si dice che Ursula von der Leyen voglia fare del rapporto Draghi il punto di riferimento per il lavoro dei prossimi cinque anni, ma l'ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio italiano ha promesso che conterrà scelte “difficili” per i governi.
Geoeconomia
La Cina rinuncia a imporre dazi sul cognac - Il governo cinese ieri ha annunciato che non imporrà dazi sul brandy e sul cognac importati dall'Unione europea, in un primo segnale di distensione dopo una serie di conflitti commerciali con Bruxelles. L’indagine antidumping era stata avviata dalla Cina il 5 gennaio, pochi mesi dopo che la Commissione aveva iniziato a esaminare i sussidi cinesi concessi ai veicoli elettrici. Ma Pechino ha comunque il fucile carico: il ministero del commercio cinese ha comunque affermato di aver constatato “dumping” sul brandy importato dall'Ue, che potrebbe portare a tariffe doganali del 34,8 per cento. “Prendiamo nota”, ha detto un portavoce della Commissione, Olof Gill. Secondo l'esecutivo comunitario, l'indagine cinese è “discutibile”. La Commissione “non esiterà a prendere tutte le misure necessarie per difendere gli esportatori dell’Ue”, ha avvertito il portavoce.
Accade oggi
Consiglio informale dei ministri della Difesa a Bruxelles
Commissione: la presidente von der Leyen a Praga partecipa al forum GLOBSEC 2024
Banca centrale europea: discorso di Isabel Schnabel a un evento organizzato dalla Banca di Estonia
Eurostat: stima flash dell'inflazione ad agosto; dati sulla disoccupazione a luglio