Buongiorno! Sono David Carretta e, insieme a Christian Spillmann, vi presentiamo Il Mattinale Europeo.
Non dimenticate di sostenerci passando a un abbonamento a pagamento.
La Danimarca, presidenza pro-europea per necessità geopolitica
La Danimarca, che dal primo luglio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea, è diventata un motore dell'integrazione europea dopo essere stata per anni uno dei membri più scettici, pronto a frenare passi avanti in comune? Il primo ministro, Mette Frederiksen, ha annunciato l'uscita dal gruppo dei paesi frugali. Nel 2022 la Danimarca ha rinunciato all'opt-out sulla politica di sicurezza e difesa comune. Il primo giugno di quell'anno, il 67 per cento dei cittadini ha approvato in un referendum la proposta del governo. E' stato il primo referendum di successo sull'Ue dopo il rigetto dell'adesione all'euro nel 2000 e quello della rinuncia all'opt-out su giustizia e affari interni nel 2015. “Siamo stati tra i più scettici verso l'Ue”, ci ha detto la ministra per gli Affari europei, Marie Bjerre. In tre anni tutto è cambiato. “Oggi non possiamo essere più pro-europei”. Per la Danimarca, “l'Europa ha la capacità di diventare una grande potenza”. Russia, Medio oriente, conseguenze dovute alle migrazioni, al cambiamento climatico e alla concorrenza globale: “A tutte queste sfide c'è una risposta: un'Europa più forte”, ha detto Frederiksen.
La guerra della Russia contro l'Ucraina e le minacce di Donald Trump ha stravolto il pensiero strategico dei leader della Danimarca e l'attitudine dei suoi cittadini verso l'Ue. I ministri del governo di Frederiksen parlano tutti della necessità di rafforzare l'Ue. Nella strada che porta dall'aeroporto di Copenhagen al centro della città ci sono cartelli, scritti da semplici cittadini, contro Vladimir Putin e Donald Trump. Il motto della presidenza danese è “Un'Europa forte in un mondo che cambia”. Tredici anni fa, in occasione del precedente semestre di presidenza, la Danimarca aveva scelto un altro slogan, dai toni molto più frugali: “Un'Europa al lavoro”. Tra i cittadini danesi, “il sostegno per l'Ue è a livelli storicamente alti. Non è mai stato così alto come oggi. Questo è principalmente dovuto allo scenario politico che sta cambiando”, ci ha spiegato Bjerre in un incontro con un gruppo di media internazionali in occasione del lancio della presidenza danese.
“Abbiamo la guerra per il terzo anno nel nostro continente. Se c'è una pace secondo i termini russi, c'è un rischio che la guerra arrivi nei paesi dell'Ue e della Nato. Sosteniamo l'Ucraina molto” come Danimarca, ma “dobbiamo essere più pro-europei perché non siamo in grado di sostenere l'Ucraina da soli”, dice Bjerre. “Vediamo i venti politici che provengono dagli Stati Uniti. Non ci è piaciuto come il presidente Zelensky è stato trattato alla Casa Bianca. Non ci piace essere minacciati con dazi e guerre commerciali dal nostro migliore amico e alleato”, spiega la ministra per gli Affari europei. Delle minacce alla Groenlandia Frederiksen e i suoi ministri non parlano volentieri. Ma “l'ordine geopolitico è cambiato e l'Europa deve essere un attore geopolitico da sola. Dobbiamo essere in grado di difenderci da soli ora e dobbiamo avere influenza globale da soli ora. Ecco perché siamo più pro-europei”, dice Bjerre. Su crisi climatica, migrazione, sicurezza “dobbiamo lavorare insieme”.
Eppure il nuovo entusiasmo danese nell'Ue incontra dei limiti. Frederiksen ha abbandonato i frugali, ma nei prossimi sei mesi la Danimarca non spingerà per uno strumento di debito comune per la difesa o per un aumento consistente del bilancio dell'Ue. La Commissione presenterà la sua proposta per il nuovo quadro finanziario pluriennale – il bilancio 2028-34 dell'Ue – il 16 luglio. La Danimarca, che ha il compito di avviare i negoziati tra i governi, non si opporrà a priori a un aumento delle risorse dell'Ue. “Entreremo in queste discussioni con mente aperta”, ma “la politica del governo danese non è un bilancio più grande o debiti comuni”, ci ha spiegato Marie Bjerre. “Dobbiamo avere un bilancio che rispondere alle sfide. Lo status quo non è un'opzione”, riconosce la ministra per gli Affari europei. La Danimarca sostiene una modernizzazione e un dirottamento delle risorse per agricoltura e coesione verso sicurezza e difesa, agenda verde, innovazione.
La Danimarca si oppone a uno strumento di debito comune anche solo per la difesa. Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e alcuni Stati membri insistono per avere ulteriori opzioni di finanziamento con l'indebitamento comune europeo. Ritengono sia necessario per permettere ai governi senza spazio fiscale di raggiungere i nuovi obiettivi appena decisi alla Nato. “Il 3,5 per cento della Nato è un lavoro nazionale”, ci ha detto la ministra dell'Economia, Stephanie Lose, che presiederà le riunioni dell'Ecofin: il lancio dello strumento di prestito SAFE “non rimuove il fatto che gran parte del lavoro che va fatto sulla spesa per la difesa, deve essere fatto a livello di Stati membri”. Secondo Lose, “quando si fanno debiti, qualcuno deve pagare” e sulla difesa “ora è il momento per gli Stati membri di fare i compiti a casa”. Al massimo la Danimarca rimane “aperta a discussioni” sull'istituzione di strumenti fuori dal quadro dell'Ue come una Banca del riarmo o uno Special Purpose Vehicle, ha precisato Lose.
Quando è animata dalle migliori intenzioni pro-europee, la presidenza danese si scontra a un altro problema: le divisioni interne e i veti di alcuni Stati membri. I suoi appelli ad aumentare il sostegno militare all'Ucraina cadono nel vuoto nei paesi che non considerano la guerra della Russia come una minaccia esistenziale. Nei prossimi sei mesi l'allargamento sarà una delle grandi priorità. “Dobbiamo andare avanti perché significa più allargamento significa più sicurezza”, dice Marie Bjerre. L'obiettivo è avviare rapidamente la prima serie di capitoli negoziali con l'Ucraina e la Moldavia. Ma c'è il veto di Viktor Orban. “Stiamo lavorando per trovare soluzioni al blocco ungherese. Se non sarà possibile, vogliamo guardare a tutte le soluzioni politiche e pratiche per andare avanti”, dice la ministra per gli Affari europei. Ma diverse fonti ci hanno confermato che sarà “impossibile”. A meno di pressioni da parte degli Stati Uniti su Orban, occorrerà aspettare le elezioni legislative in Ungheria all'inizio del prossimo anno.
Sulla competitività – la seconda priorità della presidenza dopo sicurezza e difesa – la Danimarca è costretta a fare i conti con l'assenza di proposte concrete da parte della Commissione di Ursula von der Leyen. I pacchetti di semplificazioni si stanno moltiplicando e la deregolamentazione piace a Copenhagen. “La verità è che è troppo gravoso fare business in Europa”, dice Marie Bjerre. Ma il resto delle raccomandazioni del rapporto di Mario Draghi, in particolare sull'unione dei mercati dei capitali, per il momento è rimasto nel cassetto. “Ci aspettiamo che la Commissione presenti molte più proposte sull'unione di mercati dei capitali e sull'unione dei risparmi e degli investimenti”, spiega Stephanie Lose. “Non ci sono stati molti progressi”.
C'è infine un tema su cui la Danimarca non è cambiata, ma l'Ue è diventata più danese: l'immigrazione. Grazie all'arrivo di Giorgia Meloni al potere in Italia, alla sua influenza su Ursula von der Leyen e al lavoro comune insieme a Mette Frederiksen, l'Ue ha adottato la linea dura con i migranti che Copenhagen promuove da tempo. Ben prima che Meloni lanciasse il suo “modello Albania”, la Danimarca esplorava la possibilità di applicare il “modello Ruanda” per esternalizzare le procedure di asilo. Italia e Danimarca – con una leader nazionalista e una leader socialista – ora dettano l'agenda migratoria dell'Ue, promuovendo quelle che vengono chiamate “soluzioni innovative” per tenere o inviare migranti irregolari e richiedenti asilo lontani dalle frontiere dell'Ue. Finora non ci sono stati risultati concreti, se non minare il diritto internazionale ed europeo e i diritti fondamentali. “Le regole internazionali non devono proteggere i migranti meglio di quanto proteggono i nostri cittadini”, dice Bjerre.
La frase
“La prevedibilità è diventata una cosa rara di questi tempi”.
Volodymyr Zelensky.
Geopolitica
Zelensky accolto in una famiglia disarmata - Per la seconda volta in pochi mesi, Volodymyr Zelensky ieri ha trovato posto nella famiglia dell'Unione europea che promette di sostenere l'Ucraina per tutto il tempo necessario, dopo essere stato abbandonato da Donald Trump. Il presidente ucraino è stato accolto da Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Mette Frederiksen in occasione del lancio della presidenza danese del Consiglio dell'Ue ad Aarhus in Danimarca. “La nostra famiglia europea non sarebbe completa senza la presenza di Zelensky”, ha detto la premier danese. La decisione di Trump di interrompere le forniture di armi all'Ucraina, dopo la sospensione a febbraio seguita allo scontro nell'Ufficio ovale, ha colto di sorpresa gli europei. L'incontro di Aarhus è una replica della solidarietà del Consiglio europeo di marzo. “Se gli Stati Uniti decideranno di non fornire all'Ucraina ciò che è necessario sarà un contraccolpo grave per l'Ucraina, per l'Europa e per la Nato”, ha ammesso Frederiksen, chiedendo ai membri dell'Ue di “riempire il vuoto”. Ma è una famiglia impreparata e disarmata quella europea, che non appare in grado di sostituirsi agli Stati Uniti. “Ci sono alcuni equipaggiamenti che l'Europa non ha oggi, come missili per sistemi Patriot. Questo è cruciale”, ha spiegato Zelensky.
Costa ottiene da von der Leyen la promessa di proseguire i negoziati informali con l'Ucraina – Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, aveva annunciato ai capi di stato e di governo di voler verificare la possibilità di passare al voto a maggioranza qualificata per aprire capitoli negoziali nel processo di allargamento. L'obiettivo era superare lo stallo dovuto al veto dell'Ungheria nel processo di adesione dell'Ucraina. Ma i dubbi del servizio giuridico del Consiglio e i timori degli altri Stati membri di perdere il loro diritto di veto hanno frenato l'iniziativa di Costa. Così, ieri, il presidente del Consiglio europeo si è detto favorevole a proseguire i negoziati di adesione dell'Ucraina, aprendo i capitoli in modo informale. “Invito la Commissione e l'Ucraina a continuare il lavoro in modo che quando ci sarà la decisione possa essere adottata”, ha detto Costa. “Non dobbiamo fermarci”. La risposta di Ursula von der Leyen è stata positiva. “Invito accettato”, ha detto la presidente della Commissione, che finora si era mostrata scettica sulla possibilità di proseguire il processo di adesione in modo informale.
La Cina mostra la sua irritazione con Kallas – Il governo di Pechino ha mostrato tutta la sua irritazione, dopo che Kaja Kallas ha indurito i toni con la Cina per il suo sostegno alla Russia nella guerra contro l'Ucraina, le violazioni dei diritti umani e le pratiche commerciali scorrete. “Cina ed Europa hanno storie, culture e valori diversi. Non possono essere considerati avversari solo a causa delle differenze, né possono cercare lo scontro a causa di queste. L'Europa sta attualmente affrontando diverse sfide, ma nessuna di queste è stata causata dalla Cina in passato, presente e futuro”, ha detto il ministro degli Esteri Wang Yi, secondo il resoconto ufficiale di Pechino. “Le due parti dovrebbero rispettarsi a vicenda, imparare l'una dall'altra, svilupparsi e progredire insieme”. Pechino “auspica che la parte europea sviluppi una comprensione oggettiva e razionale della Cina e persegua una politica più attiva e pragmatica nei suoi confronti”. I commenti di Wang Yi non danno l'impressione di una relazione molto armoniosa in vista del summit Ue-Cina che si terrà a Pechino alla fine del mese.
Pechino vuole la continuazione della guerra russa in Ucraina per tenere lontani gli Stati Uniti dall'Asia – Nella sua discussione con Wang Yi, Kaja Kallas ha insistito sul carattere esistenziale per l'Unione europea della guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina. L'Alto rappresentante non ha fatto breccia. Ma, secondo quanto ci è stato riferito, almeno è riuscita a spingere Wang Yi fuori dai binari del linguaggio diplomatico tradizionale. In sostanza, il ministro degli esteri di Pechino ha ammesso che la Cina sostiene la macchina di guerra di Vladimir Putin perché teme che, in caso di sconfitta strategica della Russia, gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali si concentrino sull'Asia. Le risposte di Wang Yi non augurano nulla di buono per l'Ue in vista del summit con la Cina che dovrebbe tenersi a fine mese a Pechino. Il presidente Xi Jinping spera che Ursula von der Leyen e Antonio Costa vuole mostrare solo il lato positivo della relazione sino-europea, in particolare la cooperazione nella lotta al cambiamento climatico. Kallas ritiene che sia una trappola. L'uscita di Wang Yi sulla Russia ne è la dimostrazione.
Guerra commerciale
Von der Leyen punta a un accordo di principio con Trump sui dazi – Se la Commissione riuscirà a raggiungere un accordo con l'Amministrazione Trump sui dazi imposti dal presidente americano, non sarà definitivo. “Quello a cui puntiamo è un accordo di principio”, ha detto ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, a Aarhus, durante una conferenza stampa per il lancio della presidenza danese del Consiglio dell'Ue. Secondo la presidente della Commissione, dato il “volume enorme” degli scambi tra l'Ue e gli Stati Uniti rende “un accordo nei dettagli impossibile in 90 giorni”. Von der Leyen ha ricordato che anche il Regno Unito ha concluso un accordo di principio. “Per quanto ne so, finora ci sono solo due Paesi al mondo che hanno concluso un accordo di principio”. La presidente della Commissione ha detto di essere pronta a un accordo. “Vogliamo una soluzione negoziata, ma allo stesso tempo ci stiamo preparando all'eventualità che non si raggiunga un accordo soddisfacente (...). Tutte le opzioni sono sul tavolo", ha detto von der Leyen.
Macron vuole che l'UE risponda se Trump mantiene i suoi dazi - "Per me un buon accordo è un accordo il più equo possibile, il più rapido possibile, con i dazi più bassi. Deve essere equo e fermo", ha spiegato ieri il presidente francese, Emmanuel Macron. “Se gli americani decidono di imporre dei dazi, questi devono essere compensati da una risposta da parte nostra che ci incoraggi a smantellarli”, ha insistito Macron.
Sovranisti
Il gruppo di estrema accusato di aver utilizzato illegalmente 4,3 milioni di euro - Identità e democrazia, il gruppo di estrema destra a cui nel 2024 è succeduto quello dei Patrioti, è accusato di aver speso in modo irregolare almeno 4,33 milioni di euro di fondi messi a disposizione del Parlamento europeo, secondo un'inchiesta condotta da Le Monde, Die Zeit, Falter e Kontraste. Un rapporto riservato della direzione generale delle finanze del Parlamento europeo mette in discussione finanziamenti per più di 700 mila euro in cinque anni ad associazioni senza scopo di lucro, alcune delle quali sono legate ai partiti nazionali che facevano parte del gruppo Identità e democrazia. Il rapporto indica irregolarità anche in contratti per più di 3,6 milioni di euro sottoscritti con quattro società che hanno fornito servizi esterni, in particolare nel settore della comunicazione. Tra questi ci sono Unanime e-Epolitic, due fornitori storici del Rassemblement National di Marine Le Pen. Gli altri due fornitori di servizi sono legati a un eletto locale di Alternativa per la Germania e alla Fpo austriaca. Le autorità del Parlamento europeo sono confrontate a un dilemma giuridico, dato che formalmente il gruppo Identità e democrazia ha cessato di esistere. Quasi tutti i suoi partiti nazionali sono confluiti nel nuovo gruppo dei Patrioti per l'Europa. Il segretario generale, il belga Philip Claeys, è sempre lo stesso, così come buona parte del personale.
Accade oggi
Summit Ue-Moldavia a Chisinau con i presidenti Costa e von der Leyen
Commissione: seminario del collegio dei commissari
Parlamento europeo: conferenza stampa pre sessione
Banca centrale europea: la presidente Lagarde incontra il cancelliere tedesco Friedrich Merz a Berlino
Eurostat: prezzi della produzione industriale a maggio; indice dei prezzi e vendita di case nel primo trimestre