Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue. Oggi è Christian a prendere i comandi.
La Francia ha scelto l'estrema destra contro l'Europa
Lo tsunami tanto temuto alla fine c'è stato. Ieri i francesi hanno scelto di affidarsi all'estrema destra, di porre fine all'avventura dell'Unione Europea e alla partecipazione della Francia al comando integrato della Nato. Il programma di Marine Le Pen e Jordan Bardella è chiaro su questi due punti e il popolo francese ha votato con cognizione di causa. Il secondo turno delle elezioni legislative anticipate del 7 luglio dirà se il Rassemblement National riuscirà a ottenere la maggioranza assoluta dei 289 eletti - gliene mancano una sessantina, secondo le proiezioni - e a costringere Emmanuel Macron a una dura coabitazione fino alla fine del suo mandato. A meno che Macron non decida di dimettersi.
"Ho votato”. Era da tempo che queste due parole non venivano pronunciate così tanto per l'elezione dei parlamentari in Francia. Quasi 40 anni. Gli elettori si sono presentati in massa alle urne. Più di 49 milioni di francesi erano chiamati al voto ieri per il primo turno delle elezioni legislative anticipate. Quasi il 70 per cento si è presentato alle urne. Per un'affluenza così alta bisogna risalire al 1986. Ma la mobilitazione non ha fermato la marcia dell'estrema destra verso il potere. Il Rassemblement National ha ottenuto il 32 per cento dei voti espressi, secondo i risultati ancora parziali (82 per cento delle schede scrutinate). 12 milioni di francesi hanno votato per i suoi candidati e il suo programma. Gli istituti di sondaggi prevedono che il Rassemblement National otterrà tra i 230 e i 280 seggi al secondo turno, ovvero la maggioranza relativa.
La sinistra, unita sotto la bandiera del Nuovo Fronte Popolare con La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, ottiene il 25,2 per cento dei voti e tra i 125 e i 165 seggi. Ensemble, l'unione dei sostenitori di Emmanuel Macron, ha il 20 per cento, che si tradurrebbero tra i 70 e i 100 seggi al secondo turno. I Républicains, la destra europeista, ottiene il 6,7 per cento, ovvero tra i 41 e i 61 seggi. Le varie sinistre otterrebbero tra gli 11 e i 19 seggi e le altre formazioni tra i 22 e i 30 seggi. "I risultati confermano il rafforzamento della tripartizione della vita politica francese tra un blocco di sinistra, un blocco centrista e un blocco di estrema destra, ognuno dei quali rappresenta un terzo dell'elettorato. Il blocco macronista, fortemente indebolito, ha comunque ottenuto punteggi migliori rispetto alle elezioni europee, mentre i numeri totali della sinistra sono diminuiti", analizza la rivista Le Grand Continent.
"Nulla è deciso. I francesi hanno dimostrato di voler voltare pagina. Hanno praticamente spazzato via il blocco macronista”, ha detto Marine Le Pen dopo la chiusura delle urne. “Il secondo turno sarà decisivo. Abbiamo bisogno di una maggioranza assoluta affinché Jordan Bardella diventi primo ministro". Marine Le Pen era cautamente trionfante ieri sera dopo l'annuncio dei risultati. Tutto si giocherà nei ballottaggi il 7 luglio, in particolare nelle circa 300 triangolazioni in cui il candidato del suo partito si confronta con altri due rivali e nel centinaio di duelli diretti tra il suo candidato e quello del Nuovo Fronte Popolare o di Ensemble. Emmanuel Macron e Jean-Luc Mélenchon hanno invitato gli elettori a impedire al Rassemblement National di avere la maggioranza assoluta sostenendo il candidato meglio piazzato, indipendentemente dal suo colore politico.
“L'RN può ancora sperare di ottenere la maggioranza assoluta al secondo turno, ma questo dipenderà soprattutto dall'incapacità degli altri partiti di accordarsi su un "fronte repubblicano" al secondo turno” analizza Le Grand Continent. Raramente la Francia è stata così divisa, lacerata e disorientata. Raramente un'elezione in Francia ha suscitato tanto interesse e timore all'estero. "Le ripercussioni della loro scelta potrebbero essere estremamente dannose per gli altri cittadini europei", sottolinea Jean-Claude Piris, ex alto funzionario europeo. “I risultati delle elezioni parlamentari francesi sono più che preoccupanti. Ieri l'estrema destra era alle porte del potere. Oggi, quelle porte si sono socchiuse”, ha detto la presidente del gruppo socialista al Parlamento europeo, l'eurodeputata spagnola Iratxe Garcia Perez.
Raramente un'elezione legislativa in Francia ha dato adito a così tanti retropensieri nell'Unione europea. Poi ci sono quelli che tifano apertamente, come il primo ministro ungherese sovranista Viktor Orban e il leader dell'estrema destra olandese Geert Wilders. Entrambi scommettono sulla vittoria del Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella. "Se tutto va secondo i piani, e che Dio ci aiuti, entro la fine dell'anno i Patrioti saranno la maggioranza in tutto il mondo occidentale", ha dichiarato Orban al quotidiano Magyar Nemzet. Il leader ungherese sogna di vedere i partiti della “Unione dei Patrioti", lanciato nel luglio 2021, al potere in Europa e uniti al Parlamento europeo per distruggere "Bruxelles" e quindi l'Unione Europea. Marine Le Pen aveva firmato questo manifesto per il "Rassemblement des Patriotes" insieme all'italiano Matteo Salvini (Lega), a Viktor Orban (Fidesz), a Jaroslaw Kaczynski (PiS polacco), a Santiago Abascal (Vox Spagna), a Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia) e a una decina di altre forze politiche.
Ieri Marine Le Pen ha invitato gli elettori contrari al Nuovo Fronte Popolare di sinistra a unirsi a quelli del Rassemblement National al secondo turno. Come reagirà la destra europeista francese? I Républicains sono divisi. Il loro presidente Eric Ciotti ha giurato fedeltà all'estrema destra. È stato ripudiato dalla leadership del partito, ma una parte consistente degli elettori lo ha chiaramente seguito. I Républicains sono fuori dalla corsa con il 10 per cento dei voti e alcuni dei loro esponenti di spicco, come François-Xavier Bellamy, capo lista alle elezioni europee del 9 giugno, dichiarano di essere pronti a votare per il Rassemblement National al secondo turno contro un candidato del Fronte Popolare, la coalizione di sinistra unita, dove domina la formazione di estrema sinistra antieuropea guidata da Jean-Luc Mélenchon.
La destra francese collaborerà con l'estrema destra per dare al governo guidato da Jordan Bardella un'unzione europea? Alcuni esponenti del Partito Popolare Europeo sono pronti a incoraggiare questa scelta. L'Italia è il modello. Giorgia Meloni è a capo di un governo di coalizione destra-estrema destra formato dal suo partito, Fratelli d'Italia, dalla Lega di Matteo Salvini e da Forza Italia, il movimento fondato da Silvio Berlusconi e ora guidato da Antonio Tajani. I vertici dei Républicains non hanno dato indicazioni di voto per il secondo turno.
Michel Barnier invita il suo partito a resistere. Membro della direzione del PPE, l'ex commissario europeo che ha negoziato la Brexit e conosce le conseguenze di una rottura con l'Ue, ieri sera ha invitato i Républicains ad "alzare un fuoco di sbarramento" in ogni circoscrizione "sia contro La France Insoumise sia contro il Rassemblement National". Ma non ha menzionato la parola "desistenza". In caso di parità di voti, vince il candidato che arriva primo. "La prossima settimana offrirà lo spettacolo sgradevole di tutti quelli che cercheranno di salire sul carro del Rassemblement National. Candidati, alti funzionari, imprenditori, giornalisti...", prevede l'ex ambasciatore Gérard Araud.
La frase
""Preferirei Patriots per l'Ucraina"
Daniel Freund, deputato europeo dei Verdi, commentando l’annuncio di Viktor Orban sul gruppo dei “Patrioti per l’Europa”.
Dopo elezioni europee
Orban, Babis e Kickl lanciano il nuovo gruppo dell'estrema destra - “Patrioti per l'Europa”. E' questo il nome del nuovo gruppo che alcuni leader di estrema destra vogliono lanciare al Parlamento europeo, dietro la spinta decisiva di Viktor Orban. Il primo ministro ungherese ieri ha presentato il progetto a Vienna affianco all'ex premier ceco e leader del partito ANO, Andrej Babis, e al leader del partito di estrema destra austriaco FPÖ, Herbert Kickl. Tra gli obiettivi principali del nuovo gruppo c'è la fine degli aiuti all'Ucraina per difendersi dall'aggressione della Russia. “Gli storici decideranno tra qualche anno quanto sia stato importante questo giorno: pensiamo che questo sia il giorno in cui la politica europea inizierà a cambiare”, ha detto Orban in conferenza stampa, accusando l'élite di Bruxelles di mantenere lo status quo contro la volontà degli elettori. I tre partiti fondatori – Fidesz per l'Ungheria, la FPÖ per l'Austria e ANO per Repubblica ceca – hanno sottoscritto un documento comune. Kickl ha spiegato che l'iniziativa di eiri era “un punto di partenza” e che “tutte le forze politiche che lo desiderano e che vogliono unirsi ai nostri sforzi di riforma politica sono benvenute. Da quello che ho sentito negli ultimi giorni, ce ne saranno altri”, ha detto Kickl.
La Lega di Salvini pronta a saltare sul gruppo di Orban, in attesa di Le Pen - A prima vista il lancio dei “Patrioti per l'Europa” può sembrare un fallimento. Per formare un gruppo al Parlamento europeo servono partiti di sette paesi diversi. Orban è riuscito a reclutarne solo due per il lancio a Vienna. “Nessuno dei pezzi grossi (Le Pen, Meloni, AfD, PiS). Un'umiliazione politica alla vigilia della presidenza ungherese dell'Ue”, ha scritto su X il corrispondente dell'Economist, Stanley Pignal. Inoltre il tempo sta scadendo. Il 4 febbraio è la data ultima per comunicare la formazione di nuovi gruppi in modo che rientrino nella ridistribuzione di cariche e funzionari da parte del Parlamento europeo. Ma la reazione della Lega di Matteo Salvini lascia pensare ad altri sviluppi imminenti. “Vogliamo allargare il più possibile il perimetro di un gruppo forte, patriottico, coeso. Valutiamo molto favorevolmente le parole di altri leader che oggi si sono detti disponibili”, ha detto Salvini. Secondo alcune fonti, Marine Le Pen avrebbe dato la benedizione. “Patrioti per l'Europa sarebbe dunque una metamorfosi del vecchio gruppo Identità e democrazia, di cui faceva parte la FPÖ austriaca. Con Fidesz e Ano, il totale degli eletti salirebbe a 75, lo stesso numero di Renew.
L'incognita del PiS, che esita tra Meloni e Orban - Il vero pezzo grosso per il progetto di Viktor Orban di lanciare un grande gruppo di estrema destra è il partito polacco Legge e Giustizia (PiS). La scorsa settimana, il suo leader Mateusz Morawiecki non ha escluso di lasciare il gruppo dei Conservatori e riformisti europei, dove è scoppiato uno scontro tra gli italiani di Giorgia Meloni e i polacchi del PiS sugli incarichi interni. Il PiS esige di mantenere il posto di segretario generale per affidarlo all'ex ambasciatore della Polonia presso l'Ue. Questa settimana i membri dell'ECR si riuniranno in Sicilia e la delegazione polacca ha confermato la sua presenza. Con 18 eletti il PiS è in grado di cambiare radicalmente gli equilibri tra i due grandi gruppi della destra estrema e della destra sovranista. L'altra incognita è rappresentata dal tentativo di Alternativa per la Germania di formare un altro gruppo di estrema destra chiamato “I Sovranisti”.
Presidenza ungherese
Orban a Bruxelles per guidare il primo giorno della sua presidenza dell'Ue - Dopo Vienna ieri, Viktor Orban oggi sarà a Bruxelles per il primo giorno del semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell'Ue. Il premier ungherese dovrebbe incontrare il suo omologo belga, Alexander De Croo per il passaggio di testimone con la presidenza belga. Il tour di Orban questa settimana potrebbe proseguire fino a Kyiv. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, gli ha consigliato di andare in Ucraina come presidente di turno dell'Ue. Alcuni diplomatici sperano che Orban gestirà la presidenza “in modo accettabile”. Il premier ungherese “è qualcuno di estremamente pragmatico”, ci ha detto un funzionario.
Conclave europeo
Meloni isolata sulle nomine, ma non sulle politiche dell'Ue - Venerdì per i giornalisti è stata la tradizionale giornata dei retroscena post Consiglio europeo. Diplomatici e funzionari ci hanno raccontato cosa è accaduto durante la riunione a porte chiuse dei capi di Stato e di governo. Una costante è emersa: Giorgia Meloni è rimasta isolata sui “Top Jobs”, decidendo di opporsi al trio von der Leyen-Costa-Kallas, ma sulle politiche dell'Ue il suo pensiero sta diventando sempre più mainstream. Giovedì i leader hanno avuto una discussione su alcuni emendamenti proposti da Emmanuel Macron e Olaf Scholz sull'Agenda strategica, in particolare sui temi dell'immigrazione e del Green deal. “Entrambi hanno dovuto fronteggiare una forte reazione da parte di quasi tutti gli altri leader”, ci ha spiegato una fonte. La prima a prendere la parola contro le modifiche proposte da Macron e Scholz è stata la danese Mette Frederiksen. Subito dopo è stata Meloni a guidare la carica per bocciare un approccio più umano sui migranti e impegni più ambiziosi sul Green deal. “La lezione è interessante”, ci ha detto un altro diplomatico: “Quando Francia e Germania hanno la stessa opinione generalmente era utile. Ora è l'opposto”.
L'avvertimento di Meloni agli altri leader sul voto del Parlamento europeo su von der Leyen - Durante il dibattito sui “Top Jobs” al vertice di giovedì, Giorgia Meloni ha accusato gli altri leader di “dividere il Consiglio europeo” e ha lanciato un avvertimento in vista del voto di conferma di Ursula von der Leyen al Parlamento europeo. “Se pensate di poterlo fare senza di me, vi assumete un rischio molto grande”, ha detto Meloni, secondo quanto ci ha raccontato un testimone. Meloni ha ricordato che nel 2019 c'era stato il 14 per cento di defezioni nei gruppi che ufficialmente sostenevano von der Leyen. Al Parlamento europeo i 24 eletti di Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni, si asterranno come la loro leader? Nella plenaria di Strasburgo un'astensione vale come un voto contrario. Per ottenere la maggioranza assoluta servono 361 voti a favore. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, al momento dice di non avere un piano B in caso di bocciatura.
Von der Leyen sotto accusa per non aver fatto proposte sui finanziamenti della difesa - La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è stata accusata di aver reso il dibattito tra i leader al Consiglio europeo più difficile, dopo non aver dato seguito alla loro richiesta di presentare una serie di opzioni su come finanziare la spesa per la difesa. “Abbiamo chiesto alla Commissione europea di mettere sul tavolo un rapporto su possibili opzioni su finanziamenti pubblici e privati. La Commissione ha deciso di non preparare il rapporto, ma di fare una vaga relazione orale”, ci ha detto un funzionario dell'Ue. Ursula von der Leyen ha voluto “non prendere il rischio di dire cose che non sarebbero state apprezzate dalle persone attorno al tavolo”, ha aggiunto il funzionario. Le persone attorno al tavolo erano quelle che dovevano confermarla per un secondo mandato. “Il fatto che non ci sia stato il documento sulle opzioni, ha reso il dibattito più difficile, perché non è stato basato sull'oggettività”. Germania e Paesi Bassi hanno escluso qualsiasi forma di debito comune per finanziare gli investimenti nella difesa.
Accade oggi
Inizio della presidenza ungherese del Consiglio dell'Ue
Banca centrale europea: discorso della presidente Lagarde all'apertura del forum della Bce sulle banche centrali di Sintra in Portogallo
Commissione: il vicepresidente Sefcovic a Lisbona pronuncia un discorso all'evento Jacques Delors Agora
Commissione: la commissaria Simson a Santiago del Cile
Corte dei conti dell'Ue: relazione speciale sul riconoscimento delle qualifiche professionali nell'Ue