L'appello di Letta alla Francia e all'Ue: la salvezza passa per una grande coalizione europeista
Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue. Oggi è Christian a prendere i comandi.
L'Europa rimarrà bloccata e soffrirà, se la Francia non sarà della partita per affrontare le sfide e le minacce della guerra in Ucraina e di una più che probabile presidenza di Donald Trump negli Stati Uniti. Un governo di ampia coalizione in Francia è l'unica soluzione per evitare di aprire un'autostrada a Marine Le Pen. E la conferma di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea è imperativa per evitare una crisi istituzionale dell'Ue. Europeista convinto, ex capo di un governo di grande coalizione in Italia e presidente dell'Institut Jacques Delors in Francia, Enrico Letta conosce bene i punti di forza e di debolezza di Francia e Italia. Ha offerto al Mattinale Europeo le sue riflessioni sullo stato dell'Ue dopo le elezioni europee e sulle minacce dell'impasse politica in Francia.
Quali sono i rischi dello stallo politico in Francia per l'UE?
Se la Francia rimane in stallo, la macchina europea si fermerà. Se la Francia non sarà della partita, l'Europa ne risentirà. Lo stallo in Francia avrà due conseguenze negative: la Francia sarà soggetta a una procedura per deficit eccessivo e l'Europa si troverà immediatamente in una situazione di stallo, in un momento in cui una presidenza di Donald Trump diventa sempre più probabile dopo gli eventi del fine settimana (il candidato è stato vittima di un attentato sabato durante un comizio elettorale e ha galvanizzato i suoi sostenitori annunciando la sua determinazione a combattere e vincere le elezioni presidenziali di novembre, ndr). Nella mia relazione sul mercato unico europeo, c'è una frase: “inerzia significa declino”. La Francia ha svolto un ruolo fondamentale nell'individuare le riforme dell'Ue e nel portarle avanti. Non posso immaginare che sia possibile fare queste riforme senza la Francia. Sarà molto complicato.
Come spiega questa situazione di stallo?
Il sistema istituzionale verticale della Quinta Repubblica sta attraversando un periodo a vuoto e non riesce a trovare una soluzione a una crisi causata dalla frammentazione dell'offerta politica. Ciascuno dei tre blocchi emersi dalle elezioni legislative è composto da più partiti. Non si tratta più di convincere due o tre persone come è sempre stato, ma almeno dieci correnti. Con questa frammentazione, la verticalità delle istituzioni non funziona. In termini ciclistici, il deragliatore non funziona e non si possono cambiare le marce. Le istituzioni della Quinta Repubblica hanno bisogno di semplicità. Ma noi abbiamo la complessità. Abbiamo bisogno di orizzontalità, come in Germania, Belgio e Italia. Dobbiamo contribuire a trovare soluzioni per creare un governo stabile che aiuti l'Europa e ci permetta di bloccare il Rassemblement National. Un governo di minoranza sarà un trampolino di lancio per Marine Le Pen per le elezioni presidenziali del 2027.
Quale sarebbe il suo consiglio?
La Francia è un Paese unico e non aspetta soluzioni dall'esterno. Ma è chiaro che non c'è alternativa a un governo di larga coalizione. Tutti devono capire che con qualsiasi altra soluzione si va verso il disastro. Le alternative non funzionano e la gente se ne rende conto. Tutti devono fare un passo indietro e poi due passi avanti. Nessuno vincerà sull'altro. Bisogna essere in grado di rispettare l'altro e non cercare di imporsi sull'altro. Si devono concordare tre o quattro punti, tra cui un approccio pro-europeo e un continuo sostegno all'Ucraina, e poter lavorare su questa base. Abbiamo bisogno di una moratoria tra i candidati alle presidenziali, in modo che la campagna inizi tra due anni e non subito, come sta accadendo ora. Altrimenti Marine Le Pen sarà il prossimo presidente, perché potrà dire che tutti gli altri erano contro di lei, ma che non sono riusciti a formare un governo.
Il tempo può essere un fattore?
La Francia non è il Belgio. Ma ci vorranno almeno due mesi per trovare una soluzione. Va detto che solo un'ampia coalizione è la soluzione. Un governo Mélenchon non ci porterà da nessuna parte, un governo di destra non ci porterà da nessuna parte, un governo di minoranza non ci porterà da nessuna parte. Bisogna capire che un governo di ampia coalizione è sempre una seconda scelta, ma che non c'è altra alternativa. Questo è già evidente. Ho presieduto uno dei tre governi di larga coalizione formatisi in Italia negli ultimi anni. Gli altri due sono stati presieduti da Mario Monti e Mario Draghi. Il panorama politico era frammentato come in Francia. La situazione era molto complicata. Era impossibile formare una maggioranza normale. Ci sono voluti 60 giorni di negoziati per formare il mio governo.
Giovedì il Parlamento europeo dovrà votare se riconfermare Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, e il voto è incerto. Quali sarebbero le conseguenze di un “no”?
Ursula von der Leyen deve essere investita con un forte sostegno. Se il Parlamento europeo si rifiutasse di votare per la sua investitura, provocherebbe una crisi istituzionale alla quale i leader non sarebbero in grado di rispondere, perché non esiste un piano B. Questo non è mai successo prima. Non è mai successo. Il presidente proposto dal Consiglio è sempre stato eletto dal Parlamento. La situazione internazionale è tale, con la prospettiva della probabile elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, che è importante avere un forte sostegno per Ursula von der Leyen. Un rifiuto aprirebbe una crisi di dimensioni che non conosciamo. La scelta fatta dai leader europei è equilibrata, con personalità di spessore. Deve funzionare. La posta in gioco è troppo importante.
La frase
“La presidenza ungherese invita diplomatici russi e cinesi a partecipare ai suoi eventi”
L'account satirico DG MEME su X, dopo il boicottaggio annunciato dalla Commissione delle riunioni informali organizzate dalla presidenza ungherese.
Parlamento
Plebiscito per la conferma di Roberta Metsola come presidente del Parlamento - Roberta Metsola ieri è stata eletta presidente del Parlamento europeo per un secondo mandato, ottenendo 562 voti contro 61 della sua rivale dell'estrema sinistra, Irene Montero. Il primo atto della nuova legislatura è andato come previsto. La maltese, candidata del Partito popolare europeo, ha ricevuto un consenso senza precedenti nella plenaria di Strasburgo, grazie al sostegno della maggioranza europeista (Socialisti&Democratici e liberali di Renew, oltre al Ppe), dei Verdi e perfino di alcune componenti dell'estrema destra. Il gruppo dei Conservatori e riformisti europei, di cui fa parte Fratelli d'Italia, ha votato in gran parte per Metsola. Quello dei “Patrioti per l'Europa” si è spaccato, con i deputati della Lega che hanno scelto di sostenere la maltese. Merito del suo bilancio come presidente del Parlamento europeo negli ultimi due anni e mezzo. Succeduta a David Sassoli, Metsola è riuscita a creare buone relazioni con quasi tutti, europeisti e anti europeisti. “Costruisco ponti”, ha rivendicato Metsola in una conferenza stampa dopo la sua rielezione, ma senza rinnegare il suo obiettivo di rafforzare le forze europeiste nel momento in cui l'estrema destra – nelle sue diverse forme – ha tre gruppi politici e quasi 200 deputati. “La maggioranza sarà ostruita attorno a quelli che vogliono costruire sulla speranza e non distruggere”, ha detto Metsola.
Il cordone sanitario regge sui vicepresidenti del Parlamento europeo - Il cordone sanitario contro i gruppi dell'estrema destra ha retto alla prova dell'elezione dei vicepresidenti del Parlamento europeo. I tre candidati presentati dai gruppi dei Patrioti per l'Europa e dell'Europa delle Nazioni Sovrane non sono stati eletti nella votazione di ieri. Il francese Fabrice Leggeri e la ceca Klára Dostálová dei Patrioti hanno ottenuto rispettivamente 177 e 116 voti. La polacca Ewa Zajączkowska-Hernik di Europa delle Nazioni Sovrane ha ottenuto 46 voti. Le due vicepresidenze che il metodo D'Hondt attribuiva ai Patrioti sono andati ai socialisti e ai liberali. Il gruppo sovranista dei Conservatori e riformisti europei non è stato incluso nel cordone sanitario. I suoi due candidati, il lettone Roberts Zile e l'italiana Antonella Sberna, sono stati eletti al secondo turno di votazione con 490 e 314 voti. Anche il gruppo di estrema sinistra, The Left, ha ottenuto un vicepresidente. Il francese Younous Omarjee ha ottenuto 311 voti.
I vicepresidenti del Parlamento europeo - Tutto è andato secondo i piani e, anche se ci sono voluti due turni di votazioni, non ci sono stati incidenti durante l'elezione dei vicepresidenti del Parlamento europeo ieri. Il primo vicepresidente sarà Sabine Verheyen (PPE, Germania) che ha ottenuto 604 voti. Seguono in ordine Ewa Kopacz (PPE, Polonia), Esteban González Pons (PPE, Spagna) Katarina Barley (S&D, Germania), Pina Picierno (S&D, Italia), Victor Negrescu (S&D, Romania), Martin Hojsik (Renew, Slovacchia), Christel Schaldemose (S&D, Danimarca), Javi López (S&D, Spagna), Sophie Wilmès (Renew, Belgio), Nicolae Stefanuta (Verdi, Romania), tutti eletti al primo turno. Robert Zile (ECR, Lettonia), Antonella Sberna (ECR, Italia) e Younous Omarjee (The Left, Francia) sono stati eletti al secondo turno.
Maggioranza Ursula
I dubbi dentro il PPE su von der Leyen - Dopo Roberta Metsola domani è il turno di Ursula von der Leyen. Dentro la Commissione e il Parlamento europei circolano calcoli ufficiosi che danno la sua elezioni da parte del Parlamento europeo praticamente certa. Domani tra 375 e 425 deputati dovrebbero votare a favore di un suo secondo mandato. Ma all'ultimo minuto dentro il PPE sono riemersi dei dubbi sulla presidente della Commissione, che potrebbero rimettere in discussione il raggiungimento dei 361 voti necessari per la maggioranza assoluta. “Diversi deputati ritengono che von der Leyen non sia più una conservatrice, ma una leader di sinistra”, ci ha detto una fonte del PPE. “Il gruppo è come una pentola a pressione”, conferma una seconda fonte interna. I francesi dei Républicains, gli austriaci della Ovp e gli sloveni di SDS potrebbero votare contro von der Leyen. L'interrogativo è quanti altri deputati del PPE si ribelleranno all'ordine di scuderia. Anche nella Cdu-Csu il sostegno per von der Leyen non è entusiasta. Ma diverse altre fonti ci hanno assicurato che alla fine prevarrà la disciplina. Il numero di disertori nel PPE dovrebbe essere limitato.
Le voci sul “piano B” Metsola - I dubbi dentro il PPE stanno alimentando le voci di un diabolico piano B per mettere Roberta Metsola alla presidenza della Commissione. La maltese è uno dei nomi alternativi a Ursula von der Leyen che erano circolati prima delle elezioni europee. Forte dei 562 voti ottenuti ieri in plenaria, non avrebbe difficoltà a ottenere la fiducia del Parlamento europeo. Ma i capi di stato e di governo potrebbero essere meno propensi a scegliere un'esponente politico che non ha esperienza di governo. In ogni caso, la linea ufficiale dei portavoce del gruppo PPE che abbiamo interrogato è questa: “Non c'è piano B. C'è solo un piano A”.
Il dilemma di Fratelli d'Italia - Ursula von der Leyen ieri ha incontrato il gruppo sovranista dei Conservatori e riformisti europei (ECR) per cercare di raccogliere il maggior numero di voti possibile in vista del voto di domani al Parlamento europeo. La riunione non è andata bene per la presidente della Commissione, ma nemmeno malissimo. La delegazione polacca del PiS era scatenata contro von der Leyen. Tre deputati della N-VA belga, tre del partito del premier ceco Petr Fiala e due lituani di Alleanza nazionale dovrebbero votare a favore. La grande incognita è cosa faranno i deputati di Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni. Ieri i suoi rappresentanti hanno cercato in ogni modo di evitare le domande dei giornalisti. “Nessuno sa ancora cosa faranno”, ci ha detto una fonte vicina al partito. Gli europarlamentari di Fratelli d'Italia stanno ancora aspettando una decisione da parte di Meloni. “Potrebbero astenersi oppure votare a favore senza dirlo, o votare a favore pubblicamente”, ci ha spiegato una seconda fonte. L'elezione di Antonella Sberna alla vicepresidenza del Parlamento basterà a convincere Meloni?
Presidenza Orban
La lettera di Orban a Michel per chiedere di aprire il dialogo con la Russia - Viktor Orban propone all'Ue di cambiare completamente strategia sull'Ucraina, perché la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane comporterà un onere finanziario molto significativo “a svantaggio” degli europei per sostenere Kyiv. E in ogni caso Trump negozierà una pace sulla base dei suoi termini, senza aspettare di insediarsi alla Casa Bianca. Sono questi gli elementi principali contenuti nella lettera che il premier ungherese ha inviato al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dopo i suoi incontri con Vladimir Putin, Xi Jinping e Donald Trump. Due pagine e dieci punti – che il Mattinale ha potuto leggere – per dire che l'Ue ha sbagliato tutto a “copiare la politica pro guerra” dell'Amministrazione Biden. Trump “non aspetterà fino al suo insediamento, ma sarà pronto ad agire immediatamente come mediatore di pace. Ha piani dettagliati e ben fondati per questo”, ha scritto Orban. Inoltre con Trump “la proporzione dell’onere finanziario tra Stati Uniti e Ue cambierà in modo significativo a svantaggio dell’Ue per quanto riguarda il sostegno finanziario all’Ucraina”. Orbán chiede ai leader dell'Ue di “iniziare un nuovo capitolo della nostra politica” con “uno sforzo per diminuire le tensioni e/o creare le condizioni per un cessate il fuoco temporaneo e/o avviare i negoziati di pace”.
Michel scrive a Orban per sconfessare la sua missione di pace - Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha compiuto un passo inusuale ieri, prendendo carta e penna per sconfessare Viktor Orban e la sua "missione di pace" in Ucraina perché va contro le posizioni dell'Ue e la stessa pace in Ucraina. Nella lettera di due pagine - che il Mattinale ha potuto consultare – Michel accusa Orban di minare la posizione dell'Ue sull'Ucraina "concordata per consenso dal Consiglio europeo” sul “nostro fermo impegno a sostenere l’Ucraina e il suo popolo per tutto il tempo necessario e con l’intensità necessaria", scrive Michel. La seconda contestazione a Orban riguarda la lealtà istituzionale e l'abuso del ruolo di presidente di turno dell'Ue. "La presidenza di turno del Consiglio non ha alcun ruolo nel rappresentare l'Unione in seno scena internazionale e non ha ricevuto alcun mandato dal Consiglio europeo", scrive Michel. Terzo "non posso accettare la tua affermazione secondo cui abbiamo condotto una 'politica favorevole alla guerra'. E' proprio l'opposto", sottolinea il presidente del Consiglio Europeo: "La Russia è l’aggressore e l’Ucraina è la vittima che esercita il suo legittimo diritto all’autodifesa". Quarto: "Senza l’Ucraina non si può discutere sull’Ucraina". Infine, Michel ricorda a Orban che "la via più diretta per raggiungere la pace è che la Russia ritiri tutte le sue forze dall’Ucraina".
L'Ecofin contro la presidenza ungherese sull'Ucraina - Una ventina di ministri delle Finanze dell'Ue ieri ha criticato il ministro ungherese, Mihaly Varga, per non aver incluso nel programma della presidenza il sostegno all'Ucraina. “Il fatto che Orban sia andato a trovare Putin a Mosca è un insulto non solo per l’Ucraina ma per tutti gli altri ventisei stati membri”, ha accusato la svedese, Elisabeth Svantesson. “Grande delusione", ha detto il tedesco Christian Lindner. Durante l'Ecofin, Varga ha presentato sette priorità per la presidenza ungherese, tra cui la competitività, la demografia, il rafforzamento delle capacità di difesa e la lotta contro l'immigrazione clandestina. Ma non ha menzionato l'Ucraina. Una ventina di paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Polonia, Grecia e paesi baltici hanno protestato. L'Ecofin deve “continuare a fornire un aiuto finanziario adeguato all'Ucraina”, ha detto l'italiano Giancarlo Giorgetti. "Siamo ovviamente pronti a garantire scambi regolari di opinioni sull'impatto economico e finanziario della guerra in Ucraina", è stata la risposta di Varga.
Francia
In Francia, il caos come affari correnti - Emmanuel Macron ha accettato ieri le dimissioni di Gabriel Attal e dei suoi ministri, ma ha chiesto loro di occuparsi degli affari correnti fino alla nomina di un nuovo governo. Il capo dello Stato ha invitato le “forze repubblicane” a lavorare insieme a questo scopo. Ma non c'è nulla all'orizzonte. “L'unica strada percorribile è una coalizione di comunisti, ecologisti, socialisti, partiti di centro, i Républicains moderati che stanno diventando autonomi. Un'unione di leader. Uscire dalla postura e dalla finzione, per il nostro Paese”, ha sintetizzato l'ex ministro dei Trasporti Clément Beaune in un messaggio su X. Ma bisognerà aspettare che il fuoco si spenga, perché la fiaccola arde tra i membri del Nuovo Fronte Popolare. Il partito La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon rifiuta la candidatura dell'economista Laurence Tubiana, difesa da socialisti, ecologisti e comunisti. E volano gli insulti. La deputata della France Insoumise Sophia Chikirou, consigliere di Jean-Luc Mélenchon, ha definito i socialisti “cimici”. Che atmosfera...
Green deal
La Corte dei conti critica la Commissione sull'idrogeno - Secondo una relazione della Corte dei conti europea, l’Ue è riuscita solo in parte a porre le basi per il mercato emergente dell’idrogeno rinnovabile. Nonostante La Commissione abbia avviato diverse azioni positive, permangono problemi lungo tutta la catena del valore dell’idrogeno ed è improbabile che l’Ue raggiunga gli obiettivi per il 2030 in materia di produzione e importazione di idrogeno rinnovabile. Secondo la Corte, la Commissione ha fissato obiettivi eccessivamente ambiziosi per la produzione e l’importazione di idrogeno rinnovabile (10 milioni di tonnellate per ciascuna entro il 2030), che non erano basati su analisi approfondite, ma di valutazioni politiche. Inoltre, la Commissione non dispone di una visione completa né del fabbisogno né dei finanziamenti pubblici disponibili per sviluppare l'idrogeno. Secondo gli auditor, i finanziamenti dell’Ue (18,8 miliardi di euro per il periodo 2021-2027), sono dispersi tra più programmi. Non vi è ancora alcuna garanzia che il potenziale di produzione di idrogeno dell’Ue possa essere sfruttato appieno o che i finanziamenti pubblici consentiranno di trasportare l’idrogeno verde all’interno dell’UE dai paesi con un buon potenziale di produzione a quelli con una elevata domanda da parte del settore industriale.
Accade oggi
Parlamento europeo: sessione plenaria a Strasburgo (elezioni dei questori; dibattito sulla guerra della Russia contro l'Ucraina; voto sull'istituzione delle commissioni permanenti)
Commissione: il vicepresidente Dombrovskis incontra in Italia il ministro degli Esteri, Antonio Tajani
Commissione: il vicepresidente Schinas a Tripoli in Libia partecipa al Forum internazionale sulle migrazioni trans-mediterraneo
Commissione: il commissario Wojciechowski partecipa al primo incontro dell'osservatorio dell'Ue sulla catena agro-alimentare
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sull'accesso ai contratti conclusi dalla Commissione sull'acquisto dei vaccini Covid; sentenza sulla designazione di TikTok/Bytedance come gatekeeper ai sensi del Dma
Corte dei conti dell'Ue: relazione speciale sulla politica industriale dell’Ue in materia di idrogeno rinnovabile
Comitato economico e sociale: il presidente Oliver Röpke visita il Ghana per partecipare alla cerimonia di apertura del 20° anniversario dell'ECOSOCC dell'Unione africana e firmare un memorandum d'intesa
Consiglio: riunione del Coreper I e II
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Eurostat: dati sull'inflazione a giugno