Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Piccola novità per questo periodo elettorale: abbiamo deciso di aprire Il Mattinale Europeo, chiedendo ad alcuni colleghi di parlarci liberamente della campagna, dei risultati e delle poste in gioco del voto nei loro rispettivi paesi e nell’Ue.
Oggi è Karin Axelsson, corrispondente di Politiken., che ci prende per mano per condurci Danimarca, dove i risultati delle elezioni hanno colto di sorpresa molti. Grazie Karin!
L'enigma “Giorgia contro Meloni” sull'Ue
Nelle elezioni europee Giorgia Meloni ha vinto la sua scommessa in Italia, ma ha perso quella che aveva promesso ai suoi elettori nell'Unione europea. Il presidente del Consiglio italiano ha trasformato il voto per il Parlamento europeo in un plebiscito nazionale sul suo nome e sul suo operato a capo del governo. Meloni ha ottenuto quasi il 29 per cento, tre punti in più rispetto alle elezioni politiche del 2022, e 2,4 milioni di voti di preferenza personali. La leader italiana aveva promesso ai suoi elettori un cambio di maggioranza nell'Ue, esportando a Bruxelles il modello di coalizione tra centrodestra, destra sovranista e estrema destra, che lei dirige a Roma. Gli elettori europei e il Partito popolare europeo hanno bocciato il suo progetto dichiarato. I tre gruppi di destra non hanno la maggioranza dei seggi al Parlamento. Ursula von der Leyen vuole ripetere la coalizione con socialisti e liberali, anche se non ha escluso di “costruire “ponti” con altri, compresa Meloni (ma singolarmente). “Mai con i socialisti” è stato uno degli slogan di campagna di Giorgia. I risultati delle elezioni fanno di lei uno dei leader più forti nell'Ue. Per Meloni è arrivato il momento delle scelte.
L'enigma europea che è Giorgia Meloni può essere riassunto in una frase: Giorgia contro Meloni. Giorgia è la leader nazionalista di estrema destra, che fino al 2020 voleva uscire dall'euro e dall'Ue, ammirava Viktor Orban e Vladimir Putin, e che ancora oggi usa la corda del populismo per mobilitare il consenso attorno a lei. Meloni è la leader pragmatica, che dal 2020 è diventata presidente del partito dei Conservatori e riformisti europei (ECR) per costruirsi una credibilità nell'Ue, che ha saputo sfruttare abilmente una volta arrivata al potere accettando la logica della collaborazione e dei compromessi nell'Ue. In Italia Giorgia critica von der Leyen per il Green deal. In Europa Meloni fa accordi con von der Leyen sui migranti.
Da abile comunicatrice (o propagandista), Giorgia sostiene che le cose sono iniziate a cambiare a Bruxelles grazie a Meloni. Con elezioni europee lo schema è stato replicato. In campagna elettorale Giorgia ha criticato con virulenza quasi tutte le scelte politiche della Commissione uscente attribuendone la responsabilità ai socialisti anche se era guidata da una popolare. Dopo le elezioni Meloni si prepara a sostenere von der Leyen anche se significa fare patti (più o meno espliciti) con i socialisti. O almeno questa è la speranza del Ppe e della sua candidata per un secondo mandato come presidente della Commissione, che ha bisogno dei deputati di Meloni per evitare ogni rischio di bocciatura al Parlamento europeo.
Nessuno a Bruxelles ha certezze solide sull'enigma Meloni. Socialisti e liberali hanno detto di considerarla una linea rossa che Ursula von der Leyen non deve superare nelle trattative per formare una nuova maggioranza. Alcuni temono che il presidente del Consiglio italiano si metta alla testa di un grande gruppo unico della destra sovranista e dell'estrema destra, compresa Alternativa per la Germania. Altri temono che faccia un'alleanza più limitata con Marine Le Pen e Viktor Orban. L'ultima voce allarmista riguarda un possibile imminente ingresso di Fidesz nel gruppo ECR al Parlamento europeo. Orban lo ha chiesto espressamente. I polacchi del PiS hanno dato il loro assenso. Ma altre delegazioni nazionali sono pronte ad andarsene se saranno aperte le porte al leader ungherese filo russo. I Democratici svedesi, che sostengono il governo di centrodestra in Svezia, lo hanno annunciato pubblicamente.
La virata a destra inferta all'ECR da Meloni e dal PiS dopo l'uscita dei Tory britannici a causa della Brexit ha già creato diversi malumori. Il partito ODS del premier ceco Petr Fiala, ha già preparato le valigie e potrebbe passare al PPE. I nazionalisti fiamminghi della N-VA stanno pensando di fare altrettanto, proprio nel momento in cui potrebbero offrire all'ECR un altro posto al Consiglio europeo, dove già siedono Meloni e Fiala: il loro leader Bart De Wever potrebbe diventare il nuovo primo ministro del Belgio. Anche su questo è l'ora delle scelte per Meloni. Meglio il dirompente Orban o meglio il moderato Fiala?
Gran parte dei nostri interlocutori europei è convinta che alla fine nell'Ue prevarrà Meloni su Giorgia. “Non le conviene imbarcare i partiti dell'estrema destra tossici”, ci ha detto una fonte del Ppe, sicura che Meloni sosterrà von der Leyen per un secondo mandato come presidente della Commissione. Anche una fonte vicina all'ECR confida nel pragmatismo di Meloni, perché “fare un gruppo unico dell'estrema destra sarebbe controproducente soprattutto per lei”. Meglio utilizzare la forza politica che le hanno dato le urne – e la debolezza di altri leader come Emmanuel Macron e Olaf Scholz – per incassare concessioni da von der Leyen: un portafoglio importante per il commissario italiano nella prossima Commissione, una linea ancora più dura sui migranti, altri accordi con paesi terzi per bloccare le partenze, un trattamento di riguardo sulle riforme da fare per incassare gli aiuti del Piano di ripresa e resilienza o su altri contenziosi politicamente sensibili (dalle concessioni balneari all'acquisizione da parte di Lufthansa della compagnia di bandiera ITA).
Tuttavia un margine di incertezza sulle scelte europee di Meloni rimane. Alcuni interlocutori sospettano che il vecchio istinto anti europeo di Giorgia possa riemergere. Magari non subito, ma tra tre anni. “Meloni non ha interesse a esporsi ora. Le basta aspettare il 2027, quando la Francia potrebbe ritrovarsi con Marine Le Pen come presidente”, ci ha detto un'altra fonte. Comunque sia, il Mattinale Europeo fa una scommessa. Nelle prossime settimane non sarà “Giorgia contro Meloni”, ma “Meloni più Giorgia”. Meloni sosterrà von der Leyen al Consiglio europeo. Ma il partito di Giorgia, Fratelli d'Italia, rifiuterà di entrare in maggioranza con socialisti e liberali (i suoi deputati potranno nascondersi dietro il voto segreto sul presidente della Commissione). Nel frattempo, il gruppo ECR voterà insieme al PPE su alcuni temi come lo stop ai motori termici, le concessioni agli agricoltori o le politiche anti migranti.
Questo schema dovrebbe permettere a Giorgia di dire agli italiani che non esiste una maggioranza europea e a Meloni di continuare a giocare un ruolo significativo dentro il Consiglio europeo e dentro la Commissione (dove sarà rappresentata da un commissario). Al Parlamento europeo, i deputati di Fratelli d'Italia potranno essere ricompensati uscendo dal cordone sanitario che dovrebbe essere ancora imposto solo alla parte più estremista del gruppo ECR (come gli spagnoli di Vox, i polacchi del PiS o i francesi di Reconquete!). Ma la finzione “Giorgia contro Meloni” o “Giorgia più Meloni” non potrà durare per sempre. Un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe costituire il momento decisivo. In ogni caso, le decisioni che l'Ue ha di fronte nella prossima legislatura – dall'allargamento all'Ucraina al bilancio 2028-2015, passando per eventuali riforme dei trattati – costringeranno Meloni a scegliere tra essere la più conservatrice degli europeisti o la più pragmatica degli estremisti.
La frase
“Un'Europa divisa non è mai stata pacifica. E una Germania divisa non è mai stata felice (...). Pertanto, potete capire noi ucraini, perché stiamo lottando così duramente contro i tentativi della Russia di dividerci, di dividere l'Ucraina, perché stiamo facendo di tutto per evitare un muro tra le parti del nostro Paese”.
Volodymyr Zelenksy al Bundestag.
Ancora una volta, i danesi sono l'eccezione dell'Ue
di Karin Axelsson, corrispondente di Politiken.
Mentre le elezioni europee hanno rappresentato un'enorme battuta d'arresto per i partiti verdi in Germania, Francia e altrove, in Danimarca sono state un grande successo per gli ecologisti. Forse non in termini numerici - solo tre dei 15 rappresentanti eletti in Danimarca - ma in termini di significato. Il Socialistisk Folkeparti è infatti un partito socialista che si è unito ai Verdi 20 anni fa. È sempre stato visto come il fratello minore dei socialdemocratici. Ma questa volta, sorprendentemente, è uscito vincitore. Quasi un danese su cinque ha votato per i suoi candidati. L'ultima volta il partito ha eletto la più giovane europarlamentare del Parlamento europeo, Kira Marie Peter-Hansen. Questa volta potrebbe essere accompagnata dall'ex ministro degli Esteri danese, Villy Søvndal, e da un altro candidato, la cui identità non è ancora nota.
Per il primo ministro socialista, Mette Frederiksen, vittima di un'aggressione poco prima delle elezioni europee, le elezioni sono state un disastro. Le peggiori elezioni per il suo partito, quello socialdemocratico, in oltre 120 anni. Nelle ultime 24 ore sono state addotte molte ragioni, tutte legate a questioni interne come la cancellazione delle vacanze dell'anno scorso e la richiesta ai danesi di lavorare di più.
Ma non c'è dubbio che gli elettori non amano più la strana coalizione guidata da Mette Frederiksen, composta dal suo partito socialdemocratico e da due partiti liberali, Venstre (La Sinistra, un partito di centro-destra a dispetto del nome) guidato dall'ex primo ministro Anders Fogh Rasmussen, e Moderaterne (I Moderati) guidato dal ministro degli Esteri Lars Løkke Rasmussen, che ha abbandonato Venstre qualche anno. I tre partiti hanno subito un forte calo alle elezioni, spingendo Løkke Rasmussen a lanciare un appello agli altri due partiti: “I danesi non hanno visto la grandezza del nostro progetto di coalizione e dobbiamo fare un bilancio”. Resta da vedere come ciò avverrà.
La campagna europea è stata caratterizzata dalla mancanza di temi rilevanti da discutere. Una candidata ha suggerito che la Danimarca dovrebbe aderire al Patto europeo sulla migrazione ed essere in grado di accogliere almeno 7.000 richiedenti asilo. A seguito di forti critiche, la candidata ha dovuto rimangiarsi le sue parole e scusarsi giustificandosi con la stanchezza.
La Danimarca invierà a Strasburgo due eurodeputati antieuropeisti che siederanno nei due gruppi nazionalisti e di estrema destra. Il Partito del Popolo Danese, guidato da Anders Vistisen, membro del gruppo di estrema destra Identità e Democrazia (ID) al Parlamento europeo, ha ottenuto un mandato. Questo partito è ora l'unica voce in Danimarca a sostenere l'uscita dall'UE. Anche l'altro partito euroscettico, i Democratici danesi, guidati dall'ex ministro della Giustizia Inger Støjberg (nota per la “legge sui gioielli” durante la crisi dei rifugiati, in base alla quale ai rifugiati venivano sequestrati e confiscati gli oggetti di valore per pagare il loro soggiorno quando entravano in Danimarca), ha ottenuto un deputato. L'eletto entrerà a far parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR).
Elezioni Europee
Von der Leyen invitata solo a mezza cena dei leader sulle nomine - Ursula von der Leyen ieri ha reclamato di essere invitata alla cena informale dei capi di Stato e di governo convocata dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, per il 17 giugno per discutere delle nomine, tra cui quella del futuro presidente della Commissione. "Si tratta di una cena informale dei membri del Consiglio europeo, di cui fa parte anche la presidente della Commissione. E quindi ci aspettiamo che lei sia presente", ci ha detto ieri la sua portavoce, Arianna Podestà. Una maggioranza di leader era contraria ad avere von der Leyen nella sala, dato che è candidata a una conferma. Gli ambasciatori dei ventisette stati membri hanno trovato un possibile compromesso. Von der Leyen potrebbe essere invitata per la discussione sull'analisi e la discussione sui risultati delle elezioni europee e cosa significano per la prossima legislatura. Probabilmente ci sarà anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Poi von der Leyen dovrà uscire dalla sala, quando i leader avranno il primo scambio di vedute sulle nomine. Una maggioranza di stati membri non vuole “che la candidata-presidente partecipi”, ci ha detto una fonte.
Orban si dà un mese per fare un unico grande gruppo delle destre - Il primo ministro, Viktor Orban, si è dato al massimo un mese di tempo per formare al Parlamento europeo un unico grande gruppo dei partiti della destra sovranista e dell'estrema destra. “Se il gruppo dei Conservatori e riformisti europei e il gruppo Identità e Democrazia, entrambi guidati da una donna, si mettono d'accordo tra loro, e ci uniamo a questa cooperazione, la destra diventerà seconda, lasciando i socialisti, i verdi e liberali dietro”, ha detto Orban in un'intervista a M1. “Solo il PPE sarà davanti a noi. Ma se creiamo un forte gruppo di destra, avrà un'attrazione gravitazionale per il PPE. Possiamo avere deputati di destra del Ppe che si uniscono, se saremo in grado di creare (un grande gruppo). Se avrà successo lo vederemo in poche settimane, non più di un mese”, ha aggiunto Orban.
L'Alde sfida Hayer per la presidenza del gruppo Renew - L'Alleanza dei liberali e democratici europei (Alde), che raggruppa i partiti liberali storici presenti al Parlamento europeo, intende presentare un suo candidato per la presidenza del gruppo Renew, sfidando la presidente uscente, la francese Valérie Hayer, che ha espresso il desiderio di essere confermata. Il gruppo Renew è formato da tre componenti: l'Alde, il Partito democratico europeo e i francesi di Renaissance. “Il partito Alde è pronto a assumere le responsabilità di leadership dentro al gruppo parlamentare. Siamo pronti a proporre un candidato per guidare il gruppo e offrire una leadership forte per il prossimo mandato”, hanno detto i capi delegazione dell'Alde dopo un incontro ieri. L'ex primo ministro belga, Sophie Wilmès, è tra i nomi più citati, insieme a quello della tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann e dello slovacco Ludovit Odor.
Geopolitica
Accordo in vista al G7 su un prestito da 50 miliardi di dollari per l'Ucraina - Il summit del G7 dovrebbe trovare un accordo politico sul meccanismo per fornire un prestito da 50 miliardi di dollari all'Ucraina, utilizzando i proventi straordinari degli attivi sovrani russi immobilizzati dalle sanzioni. “Stiamo esaminando gli aspetti tecnici. Vogliamo agire insieme come G7 e assicurarci che questo denaro sia per l'Ucraina e mantenere le nostre priorità: difesa, ricostruzione e necessità finanziarie”, ci ha spiegato un funzionario dell'Ue. Il meccanismo dovrebbe permettere anche di aggirare veti dell'Ungheria. “Il modello su cui stiamo lavorando non richiede all'unanimità per concedere il prestito”, ha detto il funzionario.
Nuovo rinvio sul quadro negoziale per l'Ucraina - A proposito di veti dell'Ungheria, la decisione dei ventisette sul quadro negoziale con l'Ucraina e la Moldavia è stata rinviata. La presidenza belga del Consiglio dell'Ue avrebbe voluto ottenere il via libera degli ambasciatori degli stati membri nella riunione di oggi del Coreper. Ma, di fronte alle continue obiezioni dell'Ungheria, è stata costretta a spostare la discussione tra gli ambasciatori alla prossima settimana. “Occorre trovare un accordo con gli ungheresi, ma deve essere un accordo che va bene a tutti gli altri ventisei”, ci ha spiegato un diplomatico. L'avvio dei negoziati di adesione con l'Ucraina non è l'unico tema in stallo a causa di Orban. Gli ambasciatori ieri hanno discusso delle conclusioni del Consiglio europeo. “Una questione critica è che ci sono molte parentesi aperte, in particolare sull'Ucraina: pacchetto di sanzioni contro la Russia, apertura dei negoziati, sostegno militare”, ci ha spiegato un'altra fonte.
Orban rischia l'esclusione dal B9 - Lo scoop è dei nostri colleghi del Financial Times. Ieri si è riunito in Lettonia i B9 (i Nove di Bucarest), il gruppo dei paesi dell'Europa orientale membri della Nato: Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia. Sono gli ex del Patto di Varsavia diventati membri dell'Ue. Di fronte ai molteplici veti dell'Ungheria sul sostegno all'Ucraina, sia nell'Ue sia nella Nato, alcuni altri paesi membri del B9 stanno pensando di cacciare il paese di Viktor Orban. Budapest ha messo il veto anche alla bozza di conclusioni dell'incontro del B9 di ieri a Riga. Dal primo luglio l'Ungheria assumerà la presidenza di turno del Consiglio dell'Ue. Ieri una fonte ci ha spiegato che, se Orban manterrà la sua politica ostruzionista sull'Ucraina, la presidenza ungherese è a rischio di fallimento.
La Commissione propone di prolungare la protezione temporanea - La Commissione europea ieri ha proposto agli Stati membri di prorogare di un altro anno, fino al 4 marzo 2026, la protezione temporanea per le persone in fuga dall'aggressione russa contro l'Ucraina. Secondo l'esecutivo comunitario, "dati i continui attacchi russi alle infrastrutture civili e critiche in tutta l'Ucraina, attualmente non esistono condizioni sicure e durature per il ritorno delle persone". Una decisione dovrebbe essere presa già al Consiglio Affari interni di domani a Lussemburgo.
Von der Leyen annuncia 1,4 miliardi di garanzie e sovvenzioni all'Ucraina - Alla Conferenza sulla Ripresa dell’Ucraina che si è tenuta ieri a Berlino, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato la firma di nuovi accordi per fornire un miliardo di euro di garanzie e 400 milioni di euro di sovvenzioni per sostenere la ripresa e la ricostruzione del paese. “Oggi diamo il via al nostro piano di investimenti nell’ambito dello strumento, firmando i primi accordi del valore di 1,4 miliardi di euro con le nostre banche partner per attirare ulteriori investimenti del settore privato”, ha detto Ursula von der Leyen. I fondi andranno a beneficio delle aziende private, comprese le piccole e medie imprese, dei comuni e delle imprese statali ucraine. Si concentreranno in particolare sulla riparazione, riabilitazione e sviluppo delle infrastrutture energetiche, che sono state pesantemente prese di mira dalla Russia negli ultimi mesi.
Geoeconomia
Inchiesta sui sussidi degli Emirati in un'acquisizione delle telecom - La Commissione europea ieri ha avviato un'indagine approfondita per valutare, ai sensi del regolamento sulle sovvenzioni estere, l'acquisizione da parte di Emirates Telecommunications Group Company PJSC ("e&") del controllo esclusivo di PPF Telecom Group, escluse le attività ceche. Il sospetto della Commissione è che i sussidi di cui beneficia e&, società controllata dagli Emirati Arabi Uniti, possano distorcere il mercato interno dell’Ue. I presunti sussidi assumono in particolare la forma di una garanzia illimitata da parte degli Emirati Arabi Uniti e di un prestito da parte delle banche controllate dagli Emirati Arabi Uniti che facilitano direttamente l'acquisizione. PPF è un operatore di telecomunicazioni in Repubblica ceca, Bulgaria, Ungheria, Serbia (Yettel) e Slovacchia (O2) con più di 10 milioni di clienti.
Francia
Le elezioni mandano in tilt il piccolo mondo politico francese - La zizzania sta creando scompiglio nelle sedi dei partiti a tre settimane dal primo turno delle elezioni legislative anticipate imposte dal presidente Emmanuel Macron con lo scioglimento dell'Assemblea nazionale. Il partito Les Républicains “sta per implodere” dopo il clamore suscitato dalla decisione del suo presidente Eric Ciotti di allearsi con il Rassemblement National, ci ha detto uno dei suoi responsabili. Il Front Populaire, il progetto di unire tutte le forze di sinistra, è già in crisi per il rifiuto di Raphaël Glucksmann di allearsi con il partito di estrema sinistra antieuropeo La France Insoumise. E il progetto dell'estrema destra di rinnovare i legami tra Marine Le Pen e sua nipote Marion Maréchal è stato stroncato dall'ideologo di Reconquête Eric Zemmour, che è stato dichiarato persona non grata dal Rassemblement National con grande costernazione di Marion Maréchal. La crisi francese sta angosciando e preoccupando i leader degli altri paesi dell'Ue. Il 27 e 28 giugno è previsto un importante vertice europeo. Il vertice dovrà nominare i nuovi leader delle istituzioni dell'Ue e adottare le linee guida e gli obiettivi per il periodo 2024-2029. Ma la Francia sarà “assente”, con un presidente concentrato sui suoi affari interni. “L'Europa è mortale, l'Europa può morire”, aveva avvertito Emmanuel Macron nel suo discorso della Sorbona del 24 aprile. Probabilmente non aveva previsto di essere lui l'artificiere.
Paesi Bassi
Wilders annuncia un accordo sulla composizione del governo - Nei Paesi Bassi il leader di estrema destra, Geert Wilders, ieri ha annunciato un accordo tra i quattro partiti della coalizione sulla composizione del prossimo governo che sarà diretto da Dick Schoof, l'ex capo dei servizi di intelligence del paese. Il governo sarà composto da 30 ministri e sottosegretari, per metà politici provenienti dai partiti della coalizione e per l'altra metà tecnici. Il PVV di Wilders dovrebbe ottenere cinque posti ministeriali, il Nuovo Contratto sociale e i liberali del VVD quattro, e il Movimento civico-contadino due. I leader dei quattro partiti non entreranno a far parte del governo.
Accade oggi
Commissione: conferenza stampa dei commissari Schinas e Johansson sul piano di attuazione del Patto su migrazione e asilo
Nato: il segretario generale Stoltenberg in Ungheria incontra il premier Viktor Orban
Commissione: riunione settimanale del Collegio dei commissari
Commissione: il commissario Breton incontra i membri del Consiglio dell’Acea
Commissione: la commissaria Simson partecipa alla Settimana europea per l’energia sostenibile
Commissione: la commissaria Ivanova incontra i principali investitori nel settore tecnologico
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul ricorso del Tour de France contro un marchio di una catena tedesca
Banca centrale europea: discorso di Isabel Schnabel alla commissione Finanze del Bundestag tedesco
Consiglio: riunione del Coreper I e II
Eurostat: dati sulle condizioni di vita in Europa, la povertà e l'esclusione sociale nel 2023; dati sull'energia a marzo