Buongiorno! Sono Idafe Martín Pérez e, con Christian Spillmann e David Carretta, vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
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L'Ue ha un problema migratorio, ma non è quello che vi raccontano
Il Vertice europeo di questa settimana parlerà molto di immigrazione, di come deportare più immigrati irregolari, più velocemente, più efficientemente. Di come rinchiuderli in campi di concentramento in paesi terzi (che ovviamente non si chiamerebbero così, se mai dovessero esistere) e di cosa fare con il meccanismo di Dublino, che impone al primo paese europeo in cui mette piede il richiedente asilo di gestire la sua domanda. I leader parleranno di aumentare il tasso di deportazione, poiché circa due terzi di coloro che ricevono un ordine di espulsione non vengono effettivamente espulsi, perché i paesi di origine e di transito non collaborano. L'estrema destra grida "migrante" e tutti corrono come galline dietro l'estrema destra, anche con soluzioni che in pratica sono inapplicabili e di dubbia compatibilità legale.
Quello di cui il Vertice non parlerà è un problema molto più grave che da almeno tre decenni affligge diversi paesi dell'allargamento. L'esodo massiccio di popolazione da alcune aree del continente verso l'ovest. Dei quasi due milioni di rumeni che sono andati in Italia e Spagna. Di come la Lettonia ha perso il 30% della sua popolazione dalla caduta del Muro.
Quindici Stati membri hanno firmato una lettera chiedendo alla Commissione europea misure innovative per accelerare la deportazione di immigrati irregolari. Tra questi ci sono paesi in cui la popolazione straniera supera il 10 per cento del totale, ma anche alcuni che vedono da tempo una fuga costante dei propri cittadini verso i paesi più prosperi dell'Europa occidentale. La lettera è stata firmata da Bulgaria, Lettonia, Lituania e Romania, paesi dove trovare uno straniero, per non parlare di un immigrato irregolare, è come cercare un ago in un pagliaio, ma dove è raro trovare una famiglia che non abbia un parente emigrato nell'Europa occidentale.
Diversi paesi perdono popolazione da decenni e in alcuni casi si può parlare di esodo, poiché la perdita ha già superato il 20 per cento rispetto al decennio successivo alla caduta del Muro di Berlino. Un problema demografico di difficile soluzione in paesi con una natalità molto bassa (come in tutta Europa), ma che non possono ancora contare su un apporto di popolazione migrante. Né lo vogliono. È una sorta di suicidio collettivo, goccia dopo goccia.
La Bulgaria sfiorava i nove milioni di abitanti nel 1988, alla fine del periodo comunista, quando contava 8.986.636 persone. Da allora, con la progressiva apertura delle frontiere verso l'ovest, la popolazione ha iniziato a diminuire lentamente. Secondo i dati disponibili nelle banche dati di Eurostat e della Banca Mondiale, utilizzati in questo articolo per tutti i paesi, alla fine del 2023 il paese contava 6.445.481 abitanti. In 35 anni la Bulgaria ha perso 2.541.155 abitanti, pari al 28,2% della sua popolazione. E continua a perderne. Le proiezioni di Eurostat, sebbene debbano essere prese con cautela perché si estendono fino al 2100, prevedono che entro la fine del secolo la Bulgaria avrà 5.072.100 abitanti.
L'Ungheria, uno degli Stati membri con una retorica più dura contro l'immigrazione, ha registrato un declino demografico minore, ma segue la stessa traiettoria da decenni. Gli ungheresi se ne vanno. Nel 1980, il paese contava 10.712.781 abitanti. A poco a poco, ha perso più di un milione di abitanti, arrivando a 9.584.627 nel 2023. La perdita è del 10,5 per cento e i piani natalisti di Viktor Orban non sembrano essere la soluzione. Il tasso di natalità (numero di bambini nati per ogni 1.000 abitanti) è sceso negli ultimi tre anni da 9,8 a 9,0. Secondo Eurostat, il paese chiuderà il secolo, senza più Orban al potere, faticando a raggiungere i nove milioni di abitanti. Un rapporto di Radio Free Europe del 2023 afferma che più di 700.000 ungheresi vivono all'estero, senza contare i più di due milioni di ungheresi etnici che vivono in Romania, Slovacchia o Serbia. Da qui al 2050 il paese perderà un altro milione di abitanti. Orban ha lanciato un programma con un bilancio di oltre tre miliardi di euro per incentivare il loro ritorno. I risultati sono stati scarsi.
La Croazia contava 4.782.179 abitanti nel 1990. Durante gli anni delle guerre balcaniche, i suoi numeri non sono cambiati molto, ma non appena la guerra è finita, la popolazione ha iniziato a diminuire. Nel 2023, la Croazia contava 3.861.967 abitanti. La perdita in poco più di 30 anni è del 19,2%. I croati saranno meno di tre milioni entro la fine del secolo. La Romania contava 23.211.395 abitanti nel 1989, alla fine del regime dittatoriale di Nicolae Ceaușescu. Oggi i rumeni sono 19.064.409. Si tratta di una perdita di oltre quattro milioni di persone, pari al 17,8% della popolazione, ma il paese continuerà su questa strada, concludendo il secolo con meno di 15 milioni di abitanti. In Spagna, secondo il suo Istituto Nazionale di Statistica, alla fine del 2022 c'erano più di 625.000 rumeni. Secondo ISTAT, in Italia vivono già quasi 1,1 milioni di rumeni.
I lituani erano 3.706.299 nel 1991, proprio quando cominciavano a godere della democrazia e dell'indipendenza. Oggi sono 2.885.891, con una diminuzione del 22,1%, e entro la fine del secolo non raggiungeranno nemmeno 1,8 milioni. Alcuni cominciano a tornare. Secondo l'ufficio nazionale di statistica ‘Renkuosi Lietuva’, la metà degli immigrati che il paese riceve sono lituani di ritorno dopo anni all'estero, anche se i numeri sono ancora molto bassi. Nel 2022, ultimo anno con dati consolidati, si stima che siano tornati 14.352 cittadini lituani. A questi si aggiungono 21.000 stranieri, ma la stragrande maggioranza sono lettoni, italiani e tedeschi, non soggetti a processi di espulsione per immigrazione irregolare. Più di 153.000 lituani vivono nel Regno Unito.
I lettoni sono passati da 2.668.140 nel 1989 a 1.871.882 oggi, con una diminuzione del 29,8 per cento, e continueranno a diminuire fino a sfiorare i 1,7 milioni. Nel 1989, gli estoni erano 1.570.589 e oggi sono 1.374.687, con una diminuzione del 12,4 per cento. Ma continueranno a ridurre la loro popolazione fino a scendere sotto i 1,3 milioni entro la fine del secolo. La Polonia contava 38.666.983 abitanti nel 1998 e oggi supera di poco i 38,6 milioni. La sua perdita di popolazione è inferiore, ma avrebbe potuto superare i 40 milioni se non fosse stato per quasi cinque milioni di persone emigrate nell'Europa occidentale. Nel 2020, secondo la Banca Mondiale, c'erano 4.825.096 cittadini polacchi all'estero.
Le proiezioni di Eurostat prevedono che più della metà degli Stati membri perderanno popolazione, e questi calcoli tengono conto dell'immigrazione dai paesi terzi. Entro la fine del secolo, secondo i dati degli statistici, la Lettonia avrà perso quasi il 40 per cento della sua popolazione, la Lituania più del 35 per cento, la Croazia quasi il 30 per cento, la Bulgaria circa il 25 per cento e la Romania il 22 per cento. Gli unici paesi che guadagnerebbero significativamente popolazione sarebbero il Lussemburgo e Malta. Gli altri non vedranno nemmeno una crescita cumulativa del 15 per cento in oltre 75 anni.
Eurostat fa stime diverse a seconda dei futuri scenari migratori. Nello scenario base, il più probabile secondo lo studio, l'Unione Europea passerebbe dagli attuali 447 milioni di abitanti a circa 420 milioni. Esiste uno scenario leggermente migliore (430 milioni) e uno molto più favorevole (470 milioni). Ma ci sono soprattutto tre scenari molto peggiori: 370 milioni di abitanti con uno scenario di bassa immigrazione, 350 milioni se si aggiunge una bassa fertilità, e lo scenario catastrofico di scendere sotto i 300 milioni con una politica di immigrazione zero. In altre parole, con l'attuale tasso di natalità e immigrazione zero, l'Unione Europea perderebbe più di un terzo della sua popolazione entro la fine del secolo.
Alcuni governi che chiedono una politica più dura di espulsione degli immigrati in realtà hanno pochi immigrati. Secondo gli ultimi dati disponibili di Eurostat (gennaio 2023), la percentuale di popolazione straniera in Romania è dell'1,1 per cento, in Bulgaria dell'1,3 per cento, in Croazia dell'1,8 per cento, in Ungheria del 2,4 per cento, e in Lituania del 3,4 per cento. Estonia (17,3 per cento) e Lettonia (13,9 per cento) hanno ancora grandi comunità russe, retaggio del passato sovietico, a cui non concedono la cittadinanza. Non sono immigrati arrivati negli ultimi decenni.
Inoltre, una buona parte degli stranieri residenti in questi paesi sono cittadini europei, non migranti provenienti da paesi terzi che potrebbero essere in situazione irregolare. Un terzo degli stranieri residenti in Bulgaria o Croazia sono europei, quasi il 40 per cento di quelli residenti in Ungheria e quasi un terzo di quelli residenti in Romania. Nel frattempo, la percentuale di popolazione straniera è del 12,7 per cento in Spagna, del 13,5 per cento in Belgio, del 14,4 per cento in Irlanda, del 14,6 per cento in Germania, del 18,8 per cento in Austria e del 47,4 per cento in Lussemburgo. Tra questi sei paesi, solo l'Austria ha firmato la lettera che chiedeva più espulsioni di immigrati irregolari. L'hanno invece firmata Romania, Bulgaria, Ungheria e Lituania.
La frase
"Quasi nessuno ci ascolta (…). Ci sono domane, non abbiamo risposte"
Xavier Bettel, ministro degli Esteri del Lussemburgo, prima della riunione con i suoi omologhi europei sul Medio Oriente.
Migranti
Von der Leyen promette di lavorare sugli “hub di rimpatrio” - La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ieri ha aperto alla possibilità di creare degli "hub di rimpatrio" al di fuori del territorio dell'UE, dove trasferire e raccogliere i migranti che hanno ricevuto un ordine di espulsione in attesa che siano rimpatriati nei paesi di origine. "Dovremo continuare a esplorare possibili modi su come procedere per quanto riguarda l'idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell'Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sui rimpatri", ha scritto von der Leyen nella lettera indirizzata ai capi di Stato e di governo per fare il punto sulle politiche migratorie in vista della discussione al Consiglio europeo di giovedì. Von der Leyen è pronta anche a ritirare la proposta di revisione della direttiva rimpatri per presentarne una nuova versione. Nel 2018 la Commissione di Jean-Claude Juncker aveva escluso la creazione di centri di rimpatrio al di fuori dell'Ue, perché illegali secondo il diritto comunitario. Inoltre "il rischio di violare il principio di non respingimento è alto", aveva scritto la Commissione in un documento. Von der Leyen ha infine confermato il suo sostegno al protocollo tra Italia e Albania per esternalizzare le procedure di asilo dei migranti salvati in mare. "Con l'avvio delle operazioni del protocollo Italia-Albania, saremo anche in grado di trarre lezioni da questa esperienza in pratica", ha scritto la presidente della Commissione. Ieri il governo di Giorgia Meloni ha annunciato l'invio dei primi migranti in Albania.
La Commissione ricorda a Tusk gli obblighi sull'asilo - “Gli Stati membri hanno obblighi internazionali, incluso l'obbligo di garantire l'accesso alle procedure di asilo”, ha detto ieri una portavoce della Commissione europea, dopo che il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha annunciato la sospensione temporanea delle procedure di asilo a seguito dell'aumento degli ingressi di migranti dalla Bielorussia. Tusk ha accusato Bielorussia e Russia di usare i migranti come arma ibrida. “E' imperativo che l'Ue protegga la frontiera esterna”, ha detto la portavoce, ricordando che Bielorussia e Russia usano “la strumentalizzazione di migranti per obiettivi politici”. Tuttavia la Polonia non ha la possibilità di sospendere le procedure di asilo. Nemmeno il nuovo Patto su migrazione e asilo. Sulla strumentalizzazione dei migranti “nel regolamento crisi abbiamo deroghe” come limiti di tempo per registrare le domande o un periodo più lungo per le procedure di frontiera, “ma abbiamo mantenuto l'obbligo di assicurare l'accesso alle procedure di asilo”, ha ricordato la portavoce della Commissione.
Secondo Filippo Grandi (UNHCR), concentrarsi sui confini non funziona - L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Filippo Grandi, ieri ha lanciato un appello ai membri dell'organizzazione a "non concentrarsi sui confini" per affrontare i flussi di migranti e richiedenti asilo, perché chiudere le frontiere non funziona. La critica è diretta in particolare all'Unione europea e agli Stati Uniti. “Non concentratevi solo sui vostri confini”, ha detto Grandi in un discorso a Ginevra. “Quando i rifugiati e i migranti li raggiungono, i governi sono sotto pressione politica per prendere decisioni reattive. Di riflesso, si concentrano sui controlli, sull'impedire alle persone di muoversi, sugli schemi per affidare ad altri, esternalizzare o persino sospendere l'asilo che violano i loro obblighi legali internazionali”, ha detto Grandi. Secondo l'Alto commissario per i rifugiati queste misure non sono solo illegali, ma “sono inefficaci”. Grandi ha invitato i paesi occidentali a “guarda a monte, alle cause profonde nei paesi di origine”. Le guerre in Sudan e in Libano potrebbero incrementare ulteriormente i flussi, ha avvertito Grandi.
Geopolitica
L'Ue irrilevante in Medio Oriente - “Quasi nessuno ci ascolta più”. Il capo della diplomazia lussemburghese Xavier Bettel è realista. Le profonde divisioni tra gli Stati membri di fronte alla guerra di Israele per eliminare Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano hanno reso l'Unione europea inudibile. “Siamo visti come semplici coriandoli sulla scena internazionale”, ha lamentato Bettel.
Il sostegno dell'Ue a Unifil è stato difficile da ottenere - Gli attacchi di Israele alla Forza delle Nazioni Unite in Libano (Unifil) sono “totalmente inaccettabili”, ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue, Josep Borrell. Ma dietro queste parole si nasconde una terribile realtà. “Ci sono volute ore di discussioni per raggiungere un accordo tra i 27 sul sostegno alla Forza delle Nazioni Unite in Libano (Unifil)”, ha ammesso lo spagnolo. “Non è stato facile. Sta diventando difficile trovare un accordo su ciò che è accettabile e ciò che non lo è”, ha lamentato Xavier Bettel.
L'Ue spaccata su embargo o sostegno militare a Israele - “Su questo tema c'è un'enorme divisione” tra gli Stati membri dell'Ue, ha sottolineato Josep Borrell. Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto “la fine della fornitura di armi per i combattimenti a Gaza” e ha detto che “la Francia non ne fornisce”. Macron ha preso di mira gli Stati Uniti, che hanno appena annunciato il dispiegamento di una batteria di difesa aerea ad alta quota (THAAD) e di personale militare americano in Israele per contribuire a rafforzare le difese aeree dello Stato ebraico, in seguito all'esplosione di un missile sparato da Hezbollah contro una base dell'IDF (esercito israeliano) a Binyamina, a sud di Haifa. Il missile ha attraversato le difese antiaeree israeliane. “Penso che coloro che forniscono armi non possano chiedere un cessate il fuoco ogni giorno e continuare a fornirle”, ha dichiarato Macron. Berlino ha risposto a Macron, riprendendo le forniture di armi a Israele. Il cancelliere Olaf Scholz è sotto pressione da parte del suo avversario Friedrich Merz, leader della CDU/CSU e candidato al cancellierato tedesco, che è favorevole a un sostegno più deciso della Germania a Israele.
La CDU più combattiva della SPD su Putin - “Direi a Putin: se i bombardamenti non si fermano, il primo passo sarà quello di eliminare le restrizioni sulla gittata. E il secondo passo sarà la fornitura dei Taurus. Dopodiché, Putin deciderà da solo se intensificare la guerra”, ha annunciato ieri Friedrich Merz, leader della CDU/CSU e candidato alla cancelleria in Germania, in un'intervista a Politik. La campagna elettorale è in corso e Merz sta adottando una linea dura contro il cancelliere della SPD Olaf Scholz e i suoi alleati di governo, accusandoli di “mancanza di visione strategica”. Scholz è totalmente allineato con Washington sugli aiuti all'Ucraina e si rifiuta di consegnare i missili a lungo raggio Taurus richiesti da Kyiv, per paura che questa decisione provochi “un'escalation”. Il governo tedesco ha stanziato altri 1,4 miliardi di euro in aiuti militari bilaterali all'Ucraina quando Zelensky ha visitato Berlino come parte del suo tour di alleati la scorsa settimana.
Il conflitto ucraino sta diventando globale - “Stiamo assistendo a una crescente alleanza tra la Russia e regimi come la Corea del Nord. Non si tratta più solo di trasferimenti di armi. Ora si tratta di trasferire persone dalla Corea del Nord alle regioni dell'Ucraina occupate dalle forze russe”, ha avvertito il presidente Volodymyr Zelensky. L'internazionalizzazione del conflitto in Ucraina preoccupa gli europei. Ma la risposta è stata inadeguata. “Abbiamo visto le informazioni, ma non abbiamo prove della presenza nordcoreana”, ci ha spiegato un alto funzionario dell'Ue. “Le sanzioni saranno esaminate se la presenza di truppe nordcoreane sarà confermata in Ucraina”, ha aggiunto.
Post Brexit
La sicurezza del Regno unito è indivisibile da quella dell'Ue - La sicurezza del Regno Unito e dell'Europa è indivisibile”, ha detto ieri il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, prima di un incontro con l'Alto rappresentante, Josep Borrell, per procedere nel “reset” delle relazioni post Brexit sulla politica estera e di difesa. “Siamo convinti che in questi momenti difficili, un continente forte abbia bisogno di una partnership forte”, ha risposto Borrell, sottolineando la volontà di creare “le fondamenta di un legame più forte” tra le due sponde della Manica. I due hanno concordato di tenere un dialogo semestrale di politica estera e consultazioni regolari sull'aggressione della Russia contro l'Ucraina, l'Indo-pacifico e i Balcani.
Stato di diritto
Il rapporto annuale sullo Stato di diritto è inutile? – Liberties, una rete di 37 organizzazioni di promozione e difesa dei diritti umani, afferma in un rapporto che il rapporto annuale sugli standard democratici e sul rispetto dello Stato di diritto, pubblicato dalla Commissione Europea (di solito a luglio) da cinque anni, serve solo a fornire un quadro generale della situazione, ma è inutile come strumento per forzare dei miglioramenti. Le ONG ritengono che il rapporto sia migliorato in questi cinque anni, ma che abbia ancora “omissioni significative e debolezze metodologiche”. La Commissione Europea presenta ogni anno il suo rapporto come se fosse un meccanismo per evitare le violazioni dello Stato di diritto negli Stati membri, ma riesce appena a segnalarle, senza ottenere cambiamenti significativi, sostiene Liberties. Sostiene inoltre che la maggior parte degli Stati membri non prenda sul serio le raccomandazioni. Come migliorare? Liberties crede che una soluzione sarebbe (e indica l'irlandese Michael McGrath, prossimo commissario europeo per la Democrazia, la Giustizia e lo Stato di diritto) “integrare il rapporto sullo Stato di diritto con gli strumenti già esistenti, come le procedure di infrazione o il meccanismo di condizionalità” dei fondi. Affinché i governi prendano sul serio le raccomandazioni e le applichino, invece di limitarsi a leggerle e riporle in un cassetto.
Lituania
I socialdemocratici si preparano al cambio di regime a Vilnius - Il partito socialdemocratico LSDP è arrivato in testa nel primo turno delle elezioni legislative di domenica in Lituania e la sua leader, Vilija Blinkevičiūtė, cercherà di formare una maggioranza di sinistra che potrebbe estromettere i conservatori di Gabrielius Landsbergis dal potere per la prima volta in 12 anni. I socialdemocratici hanno ottenuto il 19,4 per cento contro il 18 per cento di Unione della Patria. Ma i calcoli politici tradizionali rischiano di saltare a causa della progressione nelle urne del partito di estrema destra, Nemuno aušra, che ha ottenuto il migliore risultato della sua breve storia con il 15 per cento. Il partito è stato fondato meno di un anno fa, l'11 novembre del 2023, e il suo leader Remigijus Žemaitaitis è sotto inchiesta per antisemitismo. La leader socialdemocratica Blinkevičiūtė vuole formare una coalizione con il Partito Democratici per la Lituania e l'Unione dei contadini e dei verdi. Il conservatore Landsbergis spera che il cordone sanitario contro l'estrema destra faccia nascere una coalizione arcobaleno che gli permetta di restare al potere. Occorrerà aspettare il secondo turno del 27 ottobre per capire i colori del prossimo governo a Vilnius.
Green deal
L'idrogeno blu non è così verde - I progetti sull'idrogeno blu, che potrebbero essere classificati dall'Ue come a basse emissioni, in realtà rischiano di rilasciare emissioni di CO2 equivalenti a quelli dell'intera Danimarca, secondo un'analisi del sito DeSmog realizzata in collaborazione con il professore Christophe Coutanceau del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS). Lo studio – pubblicato da Le Monde – si basa sui dati dell'Agenzia internazionale per l'energia su 46 progetti di idrogeno blu già operativi o pianificati nell'Ue, nel Regno Unito e in Norvegia. Secondo lo studio, l'idrogeno blu potrebbe emettere circa 38 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, a causa delle perdite di metano e delle emissioni di anidride carbonica. Il consumo di gas naturale per produrre idrogeno blu è stimato in 48 miliardi di metri cubi all'anno, più della quantità annuale di gas bruciata in Francia. "Sostenere l'idrogeno blu significa condannare l'Europa a un futuro di gas fossile che distrugge il clima”, ha detto Dominic Eagleton, Senior Fossili Fuels Campaigner presso Global Witness. Se classificato come a basse emissioni, l'idrogeno blu potrebbe beneficiare di miliardi di euro di sovvenzioni.
Vacca sacra
Malumori al Parlamento per le mancate risposte di Strohschneider sul futuro della PAC - Il professore tedesco Peter Strohschneider ha presieduto il “Dialogo strategico sul futuro dell'agricoltura”. A inizio settembre ha presentato un rapporto su cui è riuscito a trovare il consenso di tutti gli attori dell'agro-alimentare. Purtroppo si è parlato di lui più per lo stipendio che gli ha attribuito Ursula von der Leyen che per il contenuto del documento. Ieri era prevista una sua audizione alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, con gli altri partecipanti al Dialogo strategico. Ma più che un'audizione è stata un “monologo”. Almeno così lo ha definito Dario Nardella, coordinatore dei Socialisti nella commissione Agricoltura. Una volta concluso il suo intervento introduttivo, che era presente solo in videoconferenza, il professor Strohschneider non ha risposto alle domande dei deputati. “E' una mancanza di attenzione e rispetto” verso il Parlamento europeo, ha denunciato Nardella. Ancora più duro il coordinatore del PPE, Herbert Dorfmann: il professor Strohschneider “era pagato abbastanza, avrebbe dovuto essere qui di persona”.
Accade oggi
Consiglio Affari generali (a Lussemburgo)
Consiglio Energia (a Lussemburgo)
Conferenza intergovernativa Ue-Albania sull'apertura del primo capitolo dei negoziati (a Lussemburgo)
Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Borrell partecipa a un evento sulla pace in Medio Oriente organizzato dal gruppo dei Socialisti&Democratici
Commissione: il commissario Hahn partecipa alla celebrazione dei 25 anni dell’Olaf
Commissione: il commissario Wojciechowski, a Parigi, partecipa all’Idf World Dairy Summit
Commissione: la commissaria Dalli in Umbria partecipa alla riunione ministeriale del G7 sull'inclusione
Commissione: il commissario Hoekstra riceve Liu Zhenmin, inviato speciale della Cina per il clima
Commissione: il commissario Lenarcic nelle Filippine partecipa alla conferenza ministeriale sulla riduzione dei rischi di disastri
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Corte dei conti dell'Ue: conferenza sulla trasparenza e la tracciabilità dello Strumento per la ripresa e la resilienza (RRF)
Eurostat: dati sulla produzione industriale ad agosto; dati sulle persone a rischio povertà per regione nel 2023; cause di morte nel 2024