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Mandare giù il dazio del 10% di Trump: la strategia rischiosa del "male minore"
Il “dazio di base” del 10% imposto da Donald Trump sulle importazioni europee per finanziare le riduzioni fiscali negli Stati Uniti è illegale. Tuttavia, per mancanza di volontà politica, l'Unione europea non ha attivato misure coercitive da minacciare nei negoziati. Per la maggior parte degli Stati membri, accettare questo dazio è un male minore, se permetterà di evitare una guerra commerciale e a condizione di non essere costretti a fare altre concessioni come i britannici, sostiene Jean-Luc Demarty, ex direttore generale del Commercio della Commissione fino al 2019, in un'intervista con Il Mattinale Europeo.
"Donald Trump non si muoverà mai sul 10%. Si tratta di un dazio, ma è illegale secondo l'Organizzazione mondiale del commercio ed è utilizzato per alimentare le casse dello stato federale negli Stati Uniti". Ex consigliere di Jacques Delors, ex direttore generale dell'Agricoltura e poi del Commercio Estero, la DG Trade, Jean-Luc Demarty ha partecipato ai negoziati con Cecilia Malmström e Jean-Claude Juncker nel 2018, durante il primo mandato del presidente americano. Conosce molto bene le debolezze europee e le motivazioni di Donald Trump.
"Sono favorevole alla linea dura, sono a favore di misure di ritorsione. Ma c'è il mondo ideale e c'è il mondo reale. Non c'è una maggioranza qualificata tra gli Stati membri per attivare lo strumento anti-coercizione. Riconosco che accettare il 10% - se l'accordo non comporta concessioni significative sul resto e se paghiamo solo il 10% sul totale delle nostre esportazioni verso gli Stati Uniti - è un male minore. Ma non ne sono nemmeno certo", spiega l'ex funzionario europeo. "Sono piuttosto pessimista. Non ho l'impressione che gli americani siano pronti a fare concessioni sostanziali sui settori coperti dalla sicurezza nazionale", aggiunge Demarty. "In questo scenario, non attivare lo strumento anti-coercizione è stato un segno di estrema debolezza", afferma l'ex funzionario.
Rimane una settimana alla scadenza del 9 luglio, data nella quale Donald Trump ha minacciato di imporre dazi del 50% su beni e prodotti europei se non verrà trovato un accordo. Il commissario al Commercio, Maroš Šefčovič, oggi è a Washington per incontrare il Segretario al Commercio americano, Howard Lutnick, e il Rappresentante per il Commercio, Jamieson Greer. Nulla è trapelato sullo stato dei negoziati. "Non si negozia in pubblico, ma è chiaro che l'Ue dovrà ingoiare il 10%", riconosce subito l'ex funzionario, scettico sul modo di negoziare dell'attuale Commissione.
"L'Unione europea avrebbe dovuto dichiarare la coercizione, senza prendere misure. Sarebbe stato uno strumento di pressione importante per i negoziati. Uno strumento anti-coercizione non serve a nulla se non viene utilizzato. Ma senza volontà politica, non c'è una maggioranza qualificata tra gli Stati membri per utilizzarlo. Germania e Italia non vogliono attivarlo", si rammarica Demarty. "È un'ammissione di estrema debolezza". Adottato nel 2023, lo strumento mira a dissuadere i paesi terzi dall'utilizzare misure economiche come mezzo di pressione politica. In caso di coercizione, l'Ue può imporre contromisure: dazi doganali, restrizioni all'importazione o all'esportazione, limitazioni agli investimenti diretti esteri.
"L'Ue potrà continuare a commerciare con un dazio del 10 per cento. Questo ridurrà i margini, ma non è proibitivo. La difficoltà risiede nell'accettare come precedente pericoloso un dazio illegale. Sarà giuridicamente vincolante o solo un accordo tacito?", si chiede l'ex funzionario europeo. "L'altro problema sono i dazi sui settori coperti dalla sicurezza nazionale. Sono cinque: acciaio e alluminio, automobili, farmaceutica, semiconduttori e legno. Trump ha già imposto dazi del 50% per le importazioni europee di acciaio e alluminio e del 25% per le automobili. Questi dazi non bloccano il commercio ma lo penalizzano fortemente, in particolare per la Germania con le automobili, per la Svezia e la Finlandia con il legno", avverte Demarty.
"L'accordo con Washington deve essere un dazio doganale del 10 per cento senza quote, o con una quota ma a dazio zero. L'Ue non può concludere un accordo come quello stipulato con il Regno Unito, che comprende un dazio del 10 per cento per le automobili con una quota o concessioni sull'agricoltura. È inaccettabile. Significherebbe cedere completamente al ricatto di Donald Trump. I cinesi capirebbero subito che possono fare lo stesso con noi", mette in guardia Demarty.
"Trump ha obiettivi legittimi (ridurre le tasse, re-industrializzare, correggere il deficit commerciale) ma utilizza mezzi inappropriati", sottolinea l'ex funzionario europeo. "Inoltre, il metodo di Donald Trump non avrà alcun effetto benefico sul deficit commerciale degli Stati Uniti, causato da squilibri macroeconomici: un risparmio insufficiente, un deficit pubblico eccessivo, un consumo eccessivo. Non si può re-industrializzare con i dazi doganali. Servono aiuti pubblici mirati, la formazione di una forza lavoro, ricerca dedicata", sottolinea. "Ciò che fa Trump è una politica che porta al contrario del risultato desiderato, con il rischio a lungo termine di una perdita di fiducia nel dollaro, il cui valore è crollato del 10% dal Liberation Day (2 aprile 2025, giorno dell'annuncio dei dazi doganali). Diventerà sempre più complicato finanziare il debito americano", analizza Demarty.
"Il problema fondamentale degli scambi commerciali mondiali risiede nello squilibrio del modello economico del capitalismo cinese, basato esclusivamente sull'export con eccessi mostruosi di risparmio, un'insufficienza di consumo e sovrainvestimenti che generano eccedenze strutturali in termini di capacità. Il vero problema è lì", rileva Demarty. "Se Trump riflettesse un po', metterebbe insieme un'alleanza della maggior parte dei paesi favorevoli all'economia di mercato per piegare i cinesi, costringerli a cambiare il loro sistema e rafforzare le regole dell'OMC", sostiene l'ex capo della DG Trade della Commissione. Invece, gli Stati Uniti bloccano la nomina di nuovi giudici nell'organo d'appello, l'istituzione che risolve le controversie commerciali all'interno dell'Omc e ne ostacolano il buon funzionamento.
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato durante il vertice europeo del 26 giugno la sua intenzione di lanciare una "mini-OMC". "Buona idea, ma cattiva tempistica", secondo Jean-Luc Demarty. "Prima bisognerebbe preparare il terreno su nuove regole, consultare, discutere. L'idea è intelligente, ma non ha senso menzionare ora una nuova organizzazione senza la Cina né gli Stati Uniti, perché sarebbe necessario che il resto del mondo fosse con noi. L'annuncio arriva troppo presto. Si dà l'impressione di aver perso la speranza di riportare gli Stati Uniti al tavolo nel 2028".
La frase
“Investire nella difesa senza preservare lo stato sociale dell'Unione europea sarebbe un suicidio collettivo”.
Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, in un'intervista all'agenzia LUSA.
Geopolitica
Ucraini ed europei colti di sorpresa dalla riduzione degli aiuti americani all'Ucraina - Il Pentagono martedì sera ha annunciato di aver smesso di fornire alcuni sistemi di armamenti all'Ucraina a causa del calo dei propri stock di munizioni, in un momento critico nella guerra di aggressione condotta dalla Russia. Patriot, pezzi di artiglieria, droni e missili per gli F16: il colpo è duro per l'Ucraina "Ogni ritardo" nella forniture di armi "incoraggerebbe" la Russia, ha detto il ministero degli Esteri ucraino, dopo aver convocato l'incaricato d'affari americani John Ginkel. Gli europei sono stati colti di sorpresa. Il ministro della Difesa danese, Troels Lund Poulsen, ieri ha confessato di averlo scoperto dagli articoli sui media americani. L'annuncio "evidenzia la necessità per l'Europa di fare di più per l'Ucraina e investire di più per l'Ucraina", ci ha detto Lund Poulsen. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha detto che "non si può fare a meno del sostegno concreto degli Stati Uniti", perché "nel breve periodo l'Ucraina non può farcela senza tutto il sostegno necessario su munizioni e sistemi di difesa".
Kallas alza la voce con la Cina – L'Alto rappresentante, Kaja Kallas, ieri ha indurito i toni con la Cina in un incontro con il ministro degli Esteri, Wang Yi. Il tredicesimo dialogo strategico Ue-Cina doveva preparare il summit alla fine del mese che si terrà a Pechino. Kallas ha ribadito l'impegno dell'UE a collaborare in modo costruttivo con la Cina per affrontare le sfide globali. Ma l'Alto rappresentante ha usato toni più duri del solito su commercio, Russia e diritti umani. Pechino deve "porre fine alle sue pratiche distorsive, comprese le restrizioni alle esportazioni di terre rare, che rappresentano rischi significativi per le aziende europee", ha detto l'Alto rappresentante. Quanto all'Ucraina, Kallas ha accusato le imprese cinesi che sostengono lo sforzo di guerra russo come una "grave minaccia" e ha chiesto alla Cina di "cessare immediatamente ogni sostegno materiale a sostegno del complesso militare-industriale russo". L'Alto rappresentante ha infine espresso "preoccupazione per i diritti umani in Cina e per le minacce ibride in Europa provenienti dalla Cina".
Riarmo
La presidenza danese non spingerà per il debito comune sulla difesa – La Danimarca può essere uscita dal gruppo dei frugali, ma il governo di Mette Frederiksen rimane scettico su nuovi strumenti di debito comune anche per la difesa. Dopo il via libera a SAFE, la presidenza danese dell'Ue non ha intenzione di spingere all'Ecofin per opzioni di finanziamento che siano basate sul debito comune. “Il 3,5 per cento della Nato è un lavoro nazionale”, ci ha detto il ministro dell'Economia, Stephanie Lose, che presiederà le riunioni dell'Ecofin. La Danimarca per contro rimane “aperta a discussioni” sull'istituzione di una Banca del riarmo o sulla creazione di uno Special Purpose Vehicle al di fuori del quadro dell'Ue, ha precisato Lose.
La Danimarca non userà SAFE (a meno che non serva all'Ucraina) – La Danimarca non ha intenzione di richiedere i prestiti di SAFE, lo strumento da 150 miliardi di euro del piano di riarmo presentato dalla Commissione. “Non abbiamo piani di usare lo strumento SAFE in questo momento”, ci ha detto ieri il ministro della Difesa, Troels Lund Poulsen: “Abbiamo un'economia forte e siamo in grado di investire da soli”. Grazie a una politica di bilancio prudente, la Danimarca paga rendimenti più bassi dell'Ue sui mercati. “Dal punto di vista economico non abbiamo bisogno di SAFE”, ci ha confermato il ministro dell'Economia, Stephanie Lose, che tuttavia non esclude la possibilità di utilizzare lo strumento a favore dell'Ucraina.
La Polonia vuole debito comune per sussidiarie la difesa – Appena terminata il semestre di presidenza del Consiglio dell'Ue, la Polonia ha presentato un “non-paper” sul prossimo quadro finanziario pluriennale, tornando alla carica “sull'emissione di nuovo debito comune attraverso l'approccio 'prendere in prestito per spendere' (borrowing for spending)". Lo sviluppo di capacità di difesa dell'Ue “costituisce un bene pubblico europeo. Di conseguenza dovrebbe essere finanziato in linea con il principio di solidarietà”, si legge il documento informale, pubblicato in vista della proposta di quadro finanziario pluriennale che la Commissione presenterà il 16 luglio. Sulla difesa, il governo polacco è anche pronto a "discutere potenziali iniziative di riarmo al di fuori del quadro finanziario pluriennale per consentire la partecipazione di Paesi terzi che la pensano allo stesso modo".
MFF
Gli amici della coesione si oppongono alla riforma von der Leyen sul bilancio – A due settimane dalla presentazione della proposta sul nuovo quadro finanziario pluriennale (il bilancio 2028-34 dell'Ue) il gruppo di paesi “amici della coesione” ha inviato un avvertimento a Ursula von der Leyen: i fondi per le regioni non devono essere messi in discussione. In un “non-paper” di una sola pagina, Italia, Polonia, Spagna, Bulgaria, Croazia, Grecia, Lettonia, Lituania, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Slovacchia, Ungheria hanno affermato la loro opposizione all'idea di von der Leyen di un fondo unico per la coesione e l'agricoltura, le cui risorse dovrebbero essere versate sulla base di riforme e investimenti. “Solo un bilancio distinto e solido e una metodologia di allocazione basata sulle regioni, che tenga conto dei diversi livelli di sviluppo regionale, insieme a una legislazione autonoma dedicata alla politica di coesione, possono garantire che il prossimo quadro finanziario pluriennale assicuri unità, competitività e convergenza a lungo termine tra le regioni dell'Ue”, hanno detto i 14 paesi.
Guerra commerciale
Le legislazioni europee sul digitale non sono negoziabili con Washington - Henna Virkkunen, commissaria incaricata dell'applicazione delle legislazioni adottate dall'UE per regolamentare le piattaforme, è categorica. “La legge sui servizi digitali (DSA), la legge sui mercati digitali (DMA) e la legge sull'Intelligenza artificiale sono regole molto importanti per garantire tecnologie affidabili. Quindi, non fanno parte dei negoziati commerciali da parte nostra”, ha affermato Virkkunen in un'intervista a Politico. Questa posizione reggerà ora che i negoziati commerciali con Washington sono entrati nella fase finale in vista del 9 luglio, data limite fissata da Donald Trump all'UE per siglare un accordo o vedersi imporre dazi doganali del 50% per le sue esportazioni? I dirigenti delle piattaforme americane denunciano il DSA come un mezzo di censura e accusano il DMA di prenderli di mira ingiustamente.
Diverse indagini contro le piattaforme stanno per essere concluse - Diverse indagini avviate sulle pratiche delle piattaforme digitali nell'ambito della DSA stanno per essere concluse, ha annunciato Virkkunen. “Ci sono molte indagini in corso e siamo in grado di trarre conclusioni su molte di esse nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”, ha annunciato il commissario nella sua intervista a Politico. Le conclusioni più attese sono quelle dell'indagine aperta nei confronti di X, la piattaforma del multimiliardario Elon Musk, che negli Stati Uniti è in aperto conflitto con il presidente Donald Trump. Il regolamento sui servizi digitali (DSA) prevede sanzioni pecuniarie fino al 6% del fatturato mondiale annuo dell'azienda colpevole.
Green deal
La Commissione presenta obiettivi climatici “ambiziosi”, ma “pragmatici e flessibili” - "Con il target climatico del meno 90 per cento entro il 2040 siamo chiaramente ambiziosi. Tuttavia siamo pragmatici e flessibili sul come raggiungerlo”, ha detto ieri il commissario responsabile per il Clima, Wopke Hoekstra, illustrando la proposta della Commissione sui nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni. Ci sarà un ruolo, anche se limitato, per i crediti internazionali di alta qualità. La proposta della Commissione prevede una serie di altre flessibilità, che dovrebbero consentire agli Stati membri di ridurre lo sforzo per la riduzione delle emissioni. Parlamento europeo e governi dovranno approvare i nuovi obiettivi e le modalità per raggiungerli con la procedura ordinaria. Per contro, gli Stati membri dovranno adottare all'unanimità gli impegni di riduzione delle emissioni per il 2035 che l'Ue deve presentare a settembre in vista della COP30 in Brasile.
Proteste, dubbi e opposizione sugli obiettivi 2040 presentati dalla Commissione – La proposta della Commissione sui nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2040 non ha creato entusiasmi. La presidenza danese del Consiglio dell'Ue “avrebbe voluto la proposta prima”, ci ha detto il ministro per il Clima, Lars Aagaard, che dovrà negoziare i nuovi obiettivi, inclusi gli impegni per il 2035 da presentare alla COP30. Dopo l'offensiva lanciata da Emmanuel contro i nuovi obiettivi, Aagaard ha detto di aspettarsi che “ci sia sostegno da parte della Francia per una posizione dell'Ue che resti ambiziosa sul clima”. La coalizione CAN Europe (Climate Action Network) ha definito la proposta della Commissione come “un compromesso costoso”. Il gruppo dei Socialisti & Democratici ha chiesto “cautela” sui crediti internazionali. Peter Liese, il portavoce del PPE per il clima, ha messo in dubbio la necessità di avere obiettivi per il 2040. "Il 90 per cento e' controverso, non solo per Tusk e Meloni, ma la scorsa settimana anche Macron ha chiaramente detto di essere molto critico, il che mi ha personalmente scioccato e confuso, ma dobbiamo comunque prenderne atto", ha detto Liese. "Per questo credo che il dibattito sia: ci sarà un obiettivo 2040 o non ci sarà affatto?”.
Maggioranza von der Leyen
Von der Leyen alla prova della mozione di censura - La prossima settimana, Ursula von der Leyen sarà costretta a presentarsi davanti al Parlamento europeo per rispondere del PfizerGate e affrontare un voto su una mozione di censura, dopo che la conferenza dei presidenti ha preso atto delle 79 firme raccolte dal deputato rumeno di estrema destra Gheorghe Piperea. Il dibattito è previsto per lunedì 7 luglio, mentre il voto è stato calendarizzato per giovedì 10 luglio. E' praticamente impossibile che la mozione di censura sia approvata con la maggioranza dei due terzi necessaria. Socialisti, liberali e verdi non voteranno una mozione presentata dall'estrema destra, anche se potrebbero esserci dei franchi tiratori dati i malumori interni alla maggioranza pro europea nei confronti della presidente della Commissione. L'effetto della mozione, alla fine, potrebbe essere di rafforzare Ursula von der Leyen, nel momento in cui socialisti e liberali stanno contestando sempre più apertamente la presidente per il suo allineamento all'agenda del PPE e dell'estrema destra.
Accade oggi
Presidenza danese del Consiglio dell'Ue: visita della Commissione ad Aarhus in Danimarca per l’avvio della presidenza di turno dell’Ue; conferenza stampa di Ursula von der Leyen e Mette Frederiksen
Comitato delle regioni: sessione plenaria
Banca centrale europeo: pubblicazione del resoconto dell'incontro del Consiglio dei governatori del 4 e 5 giugno
Eurostat: prima pubblicazione dei conti settoriali per il primo trimestre; bilancia dei pagamenti nel primo trimestre; spese per l'istruzione nel 2022; dati sulla produzione e il consumo di carbone nel 2024