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Mattarella, Draghi, Letta: i tre predicatori italiani nel deserto dell'Ue
Martedì e mercoledì Giacomo Puccini è diventato all'improvviso popolare nelle istituzioni dell'Unione europea. “L'Europa è in allerta e pronta, Nessun dorma”, ha scritto il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, martedì sera. “Lei ha detto 'Nessun dorma. Abbiamo sentito il suo appello. E oggi discuteremo come possiamo rispondere”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, mercoledì mattina. Nessun dorma è un'aria di una delle grandi opere del compositore italiano, Giacomo Puccini. Cosa ha spinto i leader dell'Ue a citare la Turandot con tanta passione? Costa e von der Leyen rispondevano a Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica italiana, in visita per due giorni nella capitale europea. Una settimana prima, in un discorso a Coimbra, lo stesso Mattarella aveva lanciato un forte appello “Nessun dorma” in Europa. Con altri due italiani, Mario Draghi ed Enrico Letta, Mattarella da mesi cerca di dare una scossa all'Ue. Ma un conto è sentire gli appelli, un altro è ascoltarli e darvi seguito. Al di là della retorica, nei fatti, il senso di urgenza dei tre profeti italiani dell'europeismo tradizionale non è condiviso.
Sergio Mattarella è meno conosciuto degli altri due profeti nell'Ue e nelle sue capitali. Avendo un ruolo prevalentemente cerimoniale, il presidente della Repubblica italiana diventa un interlocutore fondamentale solo nei momenti di crisi politica e finanziaria. Il suo predecessore, Giorgia Napolitano, giocò un ruolo decisivo per traghettare l'Italia fuori dal caos finanziario in cui l'aveva piombata il governo di Silvio Berlusconi nel 2011, durante la crisi del debito italiano. Mattarella ha favorito l'arrivo di Mario Draghi come presidente del Consiglio all'inizio del 2021, quando l'Italia si trovò di fronte alla necessità di completare il piano nazionale di ripresa e resilienza per rilanciare l'economia dopo la pandemia di Covid-19. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha instaurato una relazione speciale con Mattarella a seguito dei ripetuti scontri con alcuni governi italiani particolarmente ostili alla Francia, come quello formato dai populisti della Lega e del Movimento 5 Stelle nel 2017. Mattarella continua a giocare un ruolo di ponte, ogni volta che i rapporti tra Macron e l'attuale presidente del consiglio, Giorgia Meloni, degenerano.
A differenza di Giorgia Napolitano, che era stato deputato europeo e presidente della commissione Affari costituzionali, Mattarella non ha sconfinato in Europa durante la sua lunga carriera politica. Cresciuto nella partito della Democrazia Cristiana, dopo lo scandalo di Tangentopoli degli anni 1990, seguì Romano Prodi nella creazione della coalizione di centrosinistra dell'Ulivo. Fu estremamente critico dell'ingresso del partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, nel Partito Popolare europeo ("un incubo irrazionale" disse nel 1995). Il pensiero di Mattarella si è sempre iscritto nell'europeismo tradizionale italiano: più integrazione europea per proteggere il paese dai suoi peggiori difetti e per guarirlo dai suoi mali cronici. Ma l'Ue deve anche essere la fonte della solidarietà comune. L'Ue è “questa straordinaria avventura di integrazione che stiamo continuando a vivere di anno in anno”, ha detto Mattarella martedì a Bruxelles.
Il discorso di Mattarella a Coimbra ha avuto più eco di altri sull'Europa pronunciati a Roma. Il contesto era il simposio COTEC che riunisce Portogallo, Spagna e Italia, quest'anno intitolato "Un appello all'azione". Mario Draghi aveva appena pronunciato il suo ennesimo discorso sui rischi dell'immobilismo nell'Ue. "Nessuno dorma potrebbe applicarsi alla nostra Unione", ha detto Mattarella: "Un’Europa rinnovata, più competitiva, più resiliente, più presente nello scacchiere internazionale. È una sfida epocale per il nostro continente, tanto più urgente se raffrontata a recenti evoluzioni negli equilibri mondiali". Per il presidente italiano, "stare fermi non è più un'opzione".
Una settimana dopo a Bruxelles, Mattarella non ha esitato a ribadire il messaggio a Costa e von der Leyen. Con il presidente del Consiglio europeo ha insistito sulla necessità di uscire dalla “lentezza” decisionale che costringe l'Ue ad accodarsi alle decisioni “prese da altri”. Davanti alla Commissione europea e alla sua presidente ha ha sottolineato il dovere di “colmare con urgenza i ritardi accumulati nel corso di decenni in cui gli Stati membri non hanno saputo convergere su scelte condivise per rafforzare la capacità di difesa comune”. Poi ha avvertito del pericolo di illudere nuovamente i paesi candidati dell'Ue, se l'allargamento non sarà portato a termine. Il presidente della Repubblica ha toccato anche un tema tabù nell'Ue, quello delle riforme istituzionali. “Una Unione allargata dovrà essere, necessariamente, anche una Unione più forte e più coesa”. Mattarella ritiene che il ciclo istituzionale 2024-29 debba “compiere un vero e proprio salto di qualità per una riforma complessiva dell’Unione, in grado di trovare l’equilibrio nell’attuazione delle priorità europee e in un rafforzamento della struttura istituzionale”.
Enrico Letta è più conosciuto di Mattarella. Ex deputato europeo, ex presidente del Consiglio italiano, ex presidente dell'Istituto Delors, nell'aprile dello scorso anno ha pubblicato un rapporto sul completamento del mercato unico dell'Ue che gli era stato chiesto dal Consiglio europeo. “Il più grande nemico del mio rapporto è il cassetto”, aveva detto all'epoca. Tredici mesi dopo, Letta mostra sempre più segnali di impazienza nei suoi interventi pubblici. In una conversazione ad aprile con il Mattinale Europeo ha riconosciuto alla commissaria Maria Luis Albuquerque il merito di aver aperto il cantiere di un'unione dei risparmi e degli investimenti (una delle sue raccomandazioni). Ma ha ricordato anche che le sfide con Donald Trump sono diventate ancor più urgenti. Citando Elon Musk che ha minacciato di staccare la spina di Starlink all'ucraina, letta ha spiegato che "se non diventiamo autonomi e indipendenti, dipenderemo da qualcuno che può ricattarci, staccarci la spina. Le nostre vite sono minacciate. Il tema diventa essenziale. Il futuro dell'Europa deve essere la ricerca della sua autonomia e indipendenza" con "scelte che non sono state fatte fino ad ora".
Mario Draghi è il più conosciuto dei tre profeti. Presidente della Bce, ha salvato la zona euro dalla crisi del debito sovrano con il “whatever it takes” del 2012. Presidente del Consiglio italiano, ha trascinato i reticenti Emmanuel Macron e Olaf Scholz a Kyiv per dire “sì” alla richiesta di adesione dell'Ucraina all'inizio della guerra di aggressione con la Russia. Draghi ha pubblicato il suo rapporto sul futuro della competitività lo scorso settembre facendo raccomandazioni in tutti i settori, dal mercato unico fino alla difesa, dal Green deal alla semplificazione, dal mercato dei capitali al debito comune. Ursula von der Leyen ha promesso di farne la bussola della sua nuova Commissione entrata in carica il primo dicembre. A fine gennaio ha presentato un documento chiamato “Compass” che incorpora alcune delle raccomandazioni, ma non le più controverse come il debito comune. Pochi giorni dopo, il 28 febbraio, invitato all'ennesima presentazione delle sue raccomandazioni, davanti a una riunione dei parlamenti nazionali, Draghi è sbottato. "Quando mi chiedete cosa è meglio fare ora dico 'non so', ma fate qualcosa!". Sono trascorsi altri tre mesi.
Nel suo discorso a Coimbra, Draghi ha evidenziato nuovamente quanto le cose siano cambiate dalla pubblicazione del suo rapporto con l'elezione di Trump. Ha parlato di “punto di rottura” da cui l'Europa non tornerà indietro. Non si è limitato a dire che "l’emissione di debito comune dell’Ue per finanziare spese comuni è una componente chiave". Ha indicato la necessità di "cambiare il quadro di politiche macroeconomiche che abbiamo progettato dopo la grande crisi finanziaria e la crisi del debito sovrano", incentrato sulla politica fiscale restrittiva, la compressione dei salari e la competitività esterna. Ha chiesto una trasformazione fondamentale del sistema energetico con un vasto piano di investimenti a livello europeo per costruire reti e interconnessioni. Ha proposto un cloud strategico europeo, una infrastruttura comune di supercalcolo, una capacità europea di sicurezza cyber". Sulla difesa "non è troppo tardi per cambiare le prospettive tra 5-10 anni, se oggi prendiamo le misure giuste per sviluppare la nostra capacità industriale di difesa e le capacità strategiche".
La Commissione von der Leyen finora ha lanciato strategie, roadmap e libri bianchi. Al di là di uno sforzo di semplificazione e regolamentazione (frammentato in una serie infinita di pacchetti “Omnibus”), le proposte legislative non sono ancora arrivate. Saranno spalmate nel corso dei prossimi 18 mesi e poi dovranno essere approvate dai suoi due co-legislatori. Anche il Libro bianco sulla difesa e il piano di riarmo si fondano su soluzioni di finanziamento nazionali. L'appello contro l'immobilismo è diretto anche ai leader del Consiglio europeo, le cui conclusioni su competitività, difesa e mercato interno sono sempre più ripetitive. “Gli europei avvertono in modo acuto il senso di crisi. Crescita, energia e difesa sono le aree fondamentali in cui i governi devono provvedere ai loro cittadini, eppure in ciascuna di esse ci siamo trovati ostaggio della sorte ed esposti alle decisioni imprevedibili degli altri”, ha avvertito Draghi a Coimbra: “I rischi materiali cui andiamo incontro per la nostra crescita, i nostri valori sociali e la nostra identità, incombono su tutte le nostre decisioni”.
La frase
“La Cina è pronta a lavorare mano nella mano con l'Europa per affrontare le sfide mondiali e arrivare a più risultati benefici per le due parti e per il mondo”.
Xi Jinping dopo una telefonata con Emmanuel Macron.
Geopolitica
Il capo della Nato contraddice il presidente degli Stati Uniti - Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha lanciato l'allarme del riarmo della Russia a un "ritmo frenetico", contraddicendo le rassicurazioni del presidente americano, Donald Trump, poche settimane prima del vertice dell'Alleanza del 24 e 25 giugno all'Aia. "La Russia si sta ricostruendo a un ritmo frenetico. Attualmente produce munizioni a un livello mai visto negli ultimi decenni. Produce quattro volte più munizioni dell'intera Nato", ha dichiarato Rutte. "Abbiamo avuto fonti aperte, provenienti dai servizi di intelligence, che ci hanno detto che entro il 2027, 2030 o 2032, potrebbero essere in grado di raggiungere un livello di forza tale da tentare qualcosa di stupido". Donald Trump vede in Vladimir Putin un futuro partner commerciale e rifiuta di riconoscere la responsabilità del presidente russo nel conflitto con l'Ucraina e di considerarlo un "criminale di guerra".
Incertezza sulle sanzioni americane - Un progetto di imporre sanzioni alla Russia e dazi doganali del 500 per cento ai paesi che acquistano petrolio, gas e uranio russi è sostenuto da 81 dei 100 senatori americani, ha annunciato il suo autore, il senatore Lindsey Graham. Il testo prende di mira nominalmente la Cina e sarà presentato "se la Russia non mostrerà una seria volontà di pace in Ucraina". Ma il capo repubblicano del Senato, John Thune, ha annunciato di attendere le istruzioni della Casa Bianca per mettere il progetto al voto. Diversi leader dell'Ue hanno espresso la speranza che il Congresso approvi le sanzioni di Lindsey Graham di fronte all'immobilismo di Trump dopo che la Russia ha rigettato il cessate il fuoco.
Trump punta sul Vaticano - Discussioni tecniche che coinvolgono Russia e Ucraina potrebbero aver luogo già la prossima settimana in Vaticano, ha dichiarato mercoledì sera il presidente finlandese, Alexander Stubb in un'intervista alla rete nazionale Yle. "Ci sono più mediatori: prima solo gli Stati Uniti svolgono questo ruolo. Ora anche l'Europa è coinvolta", ha affermato Stubb, informato delle intenzioni del presidente americano durante la conversazione telefonica di alto livello dopo il suo incontro con Vladimir Putin, a cui hanno partecipato il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la prima ministra italiana Giorgia Meloni, il primo ministro britannico Keir Starmer e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ma Mosca ha smentito Stubb. "Non c'è ancora un accordo, nessun accordo concreto su prossimi incontri", ha affermato ieri il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov, interrogato dall'AFP durante il suo briefing quotidiano. "Il lavoro continua per attuare gli accordi già conclusi", ha precisato Peskov.
La Germania chiede di uscire dalla zona di comfort delle sanzioni - Il governo di Friedrich Merz sembra intenzionato ad adottare una posizione sempre più dura nei confronti della Russia dentro l'Unione europea, nel momento in cui i ventisette devono decidere cosa fare sulle sanzioni a seguito del fallimento dei negoziati condotti da Donald Trump. “Dobbiamo uscire dalla nostra zona di comfort e adottare misure che vadano davvero oltre lo status quo”, ha detto il capo gabinetto di Merz, Thorsten Frei, in un'intervista a Reuters. Frei ha indicato che il suo governo potrebbe sostenere un embargo sulle importazioni di gas e uranio e la confisca degli attivi sovrani russi immobilizzati nell'Ue. “Queste sono esattamente il tipo di misure che farebbero davvero male alla Russia”, ha detto Frei. Finora la Germania si era sempre opposta alla confisca degli attivi russi per timori giuridici e di stabilità finanziaria della zona euro. Frei non ha escluso un aumento degli aiuti militari all'Ucraina.
Il Parlamento approva dazi proibitivi su zucchero e fertilizzanti russi - Il Parlamento europeo ieri ha approvato la proposta della Commissione di aumentare del 50 per cento i dazi dell'Ue sui prodotti agricoli di origine russa e Bielorussia, come zucchero, aceto, farina e mangimi. La proposta inoltre prevede un dazio del 6,5 per cento sui fertilizzanti importati dai due paesi, a cui si aggiungo dazi compresi tra 40 e 45 euro a tonnellata per il biennio 2025-2026. L'approccio è graduale per consentire agli agricoltori di trovare altri fornitori di fertilizzanti. I dazi quelli russi e bielorussi aumenteranno fino a 430 euro per tonnellata entro il 2028. I ricavi delle esportazioni di fertilizzanti da parte di Russia e Bielorussia sono considerati dall'Ue come un contributo diretto al finanziamento della guerra russa contro l’Ucraina. Il regolamento affida alla Commissione il compito di monitorare eventuali aumenti di prezzo e gli effetti sul mercato interno e sull’agricoltura europea per adottare misure correttive se necessario. Da notare che la delegazione di Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni, si è astenuta. “La necessità di tenere alta la pressione sulla Russia deve essere portata avanti con strumenti che non danneggino ulteriormente le imprese europee, a partire da quelle agricole", hanno detto i deputati di Meloni.
Ritornano quote e dazi per i prodotti agricoli ucraini - Gli Stati membri dell'Ue ieri hanno approvato una soluzione ponte per permettere all'Ucraina di esportare con più facilità i suoi prodotti agricoli quando il 6 giugno scadranno le misure commerciali autonome che avevano sospeso quote e dazi per sostenere la sua economia durante la guerra. La guerra continua, ma quote e dazi ritorneranno. E non solo per i prodotti agricoli "sensibili" per cui erano già state introdotte delle clausole di salvaguardia. Le quote oltre le quali saranno applicati i dazi aggiuntivi corrispondono a quelle dell'accordo Deep and Comprehensive Trade Area (DCTA) in vigore prima della guerra. Per l'Ucraina il colpo rischia di essere pesante. Il governo di Kyiv ha stimato le perdite in 3-3,5 miliardi di euro l'anno. Il “whatever it takes” dell'Ue sul sostegno all'Ucraina ha un limite: le proteste degli agricoltori contano di più per la Commissione e diversi Stati membri, come Polonia e Ungheria.
Costa dona un premio da 150 mila dollari all'UNHCR – Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ieri ha ricevuto il premio per la pace Houphouet-Boigny dell'Unesco per il suo ruolo come leader politico e l'impegno per la pace e i paesi in via di sviluppo. Il premio è stato attribuito il 7 ottobre del 2024, prima che assumesse le sue funzioni come presidente del Consiglio europeo. Costa ha deciso di donare i 150 mila euro del premio all'UNHCR per il lavoro che svolge per assicurare la vita, la dignità, al sicurezza e i diritti fondamentali dei rifugiati e gli sfollati nel mondo. L'UNHCR ha informato Costa che il denaro servirà a finanziare programmi di educazione in Sudan. “Ricevere questo premio rappresenta un'enorme responsabilità per me”, ha detto Costa, aggiungendo di “voler continuare a difendere i valori per i quali questo premio è stato creato”. Durante la cerimonia, in segno di rispetto, Costa ha ricevuto un abito tradizionale e un battesimo con il nome di Gouda, “Uomo di pace”.
Riarmo
La Repubblica ceca chiede la clausola nazionale di salvaguardia – La Repubblica ceca si è aggiunta al gruppo di paesi che intendono usare la flessibilità di bilancio promessa da Ursula von der Leyen con la sospensione del Patto di stabilità e crescita per incrementare la spesa per la difesa. Il governo di Praga ha chiesto alla Commissione di attivare la clausola nazionale di salvaguardia che permetterà di spendere l'1,5 per cento di Pil in più per il riarmo. Complessivamente sono quindici gli Stati membri che hanno fatto ricorso a questa possibilità. Ma mancano alcune delle più grandi economie dell'Ue: Francia, Italia, Spagna e Paesi Bassi.
Una coalizione di volenterosi per la preparazione e la resilienza - Belgio, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia ieri hanno lanciato una coalizione europea per la preparazione civile e la resilienza per adottare misure addizionali urgenti di fronte all'aumento delle minacce militari, ibride e terroristiche la manipolazione e l'interferenza straniera, e i disastri naturali o per mano dell'uomo. Gli sforzi saranno incentrati sulla preparazione e resilienza della società, sulla valutazione globale del rischio e delle minacce a livello dell'Ue, sulla conoscenza situazionale, sulla protezione delle infrastrutture critiche e sul coordinamento degli sforzi civili e militari con una complementarietà ottimizzata Ue-Nato. Il fatto che la coalizione sia formata solo da otto paesi mostra quanto la percezione delle minacce sia diverse tra i ventisette Stati membri.
Allargamento
Kallas lancia un avvertimento a Vucic – L'Alto rappresentante, Kaja Kallas, ieri ha lanciato gli avvertimenti più espliciti arrivati finora dall'Ue al presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, per la sua deriva autoritaria e filo russa. Sull'allargamento “dobbiamo vedere azioni che confermino le parole”, ha detto Kallas in una visita a Belgrado chiedendo progressi e riforme sulla libertà dei media, le leggi elettorali, la corruzione e l'autonomia delle università. “Le riforme devono essere reali, non solo riempire una casella sulla carta”, ha detto Kallas. Quanto alla Russia, “la Serbia ha di fronte una scelta geostrategica su dove vuole essere Il futuro europeo della Serbia dipende dai valori che sceglie di rispettare”, ha avvertito Kallas. Anche la normalizzazione con il Kosovo è “fondamentale per il futuro europeo della Serbia. E' tempo di superare il passato e concentrarsi sul futuro comune”. Sulla Bosnia-Erzegovina, Kallas ha chiesto “un ruolo costruttivo per sostenere la stabilità del paese”.
Romania
George Simion respinto, Nicusor Dan diventa presidente - La Corte costituzionale rumena ha respinto ieri all'unanimità la richiesta di George Simion, il candidato di estrema destra sconfitto durante la ripresa dell'elezione presidenziale di domenica, di annullare il voto per interferenze straniere. La Corte ha convalidato l'elezione di Nicusor Dan come nuovo presidente. "Si tratta di un mandato chiaro a favore della democrazia e di un futuro europeo forte", ha commentato l'eurodeputato rumeno Siegfried Muresan (PPE).
Bilancio
Il PPE contro von der Leyen sul quadro finanziario pluriennale – Il gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE) si prepara a opporsi alla proposta che la Commissione di Ursula von der Leyen dovrebbe presentare a luglio sul nuovo bilancio 2028-34 dell'Ue. "Un unico piano nazionale per Stato membro, come previsto dalla Commissione, non può costituire la base per una gestione condivisa della spesa dopo il 2027”, si legge nella bozza di documento che fissa la posizione del PPE sul quadro finanziario pluriennale e che abbiamo potuto consultare. Von der Leyen, anche lei del PPE come il commissario al Bilancio Piotr Serafin, ha illustrato le sue idee in un discorso questa settimana. Il PPE è contrario a usare il modello dello Strumento di ripresa e resilienza post pandemia per versare i fondi pre allocati agli Stati membri con un assegno unico sulla base di riforme e investimenti. "Il Gruppo Ppe respinge qualsiasi tentativo di centralizzazione ispirato ai piani nazionali di ripresa e resilienza, che attribuirebbe maggior potere alla Commissione e agli Stati membri, riducendo drasticamente il ruolo del Parlamento europeo come autorità legislativa, di bilancio e di discarico”, si legge nel documento. Inoltre, il PPE “rifiuta l'idea che agricoltura e coesione debbano sottostare alle regole dello Strumento di ripresa e resilienza e che i finanziamenti siano concessi solo al raggiungimento di traguardi e obiettivi legati a riforme specifiche a livello nazionale".
Il PPE vuole superare il tetto dell'1 per cento sul bilancio – La Commissione e la sua presidente non si sono ancora espressi sull'ammontare delle risorse che dovrebbero essere allocate al bilancio dell'Ue dopo il 2027. Ma il PPE chiede che “la dimensione del prossimo quadro finanziario pluriennale si discosti dal limite storicamente restrittivo e autoimposto dell'1 per cento del reddito nazionale lordo". Sarà difficile. Anche perché il PPE è favorevole a nuove risorse proprie solo se “non si traducono in nuove tasse sui cittadini”. L'alternativa sono contributi nazionali o nuovo strumento di debito. "Il gruppo PPE ritiene che tutti gli strumenti e i meccanismi debbano essere esplorati per dotare l'Unione delle risorse necessarie, in particolare nel settore della sicurezza e della difesa. Il ricorso al finanziamento congiunto potrebbe essere considerato come una delle opzioni per reperire tali risorse, ma solo in casi eccezionali”, dice la bozza di documento.
Green deal
Il Parlamento conferma la ritirata dalla carbon tax alle frontiere – Il Parlamento europeo ieri ha approvato con 564 voti a favore, 20 contrari e 12 astensioni le proposte della Commissione per modificare il Meccanismo di aggiustamento carbonio alle frontiere (l'acronimo è CBAM) nell'ambito del primo pacchetto di semplificazione Omnibus. L'obiettivo è di ridurre l’onere amministrativo per piccole imprese e importatori occasionali. Il Parlamento ha adottato alcuni emendamenti tecnici alla proposta iniziale, appoggiando l’introduzione di una nuova soglia minima di 50 tonnellate per l’applicazione della tassa in modo da esentare circa il 90 per cento degli importatori, principalmente piccole e medie imprese e privati, che importano quantità ridotte di prodotti soggetti al CBAM. L’obiettivo ambientale del meccanismo resta comunque invariato: secondo la stima della Commissione, il 99 per cento delle emissioni totali di CO2, legate per lo più alle importazioni di ferro, acciaio, alluminio, cemento e fertilizzanti, continuerà a essere coperto dalle regole. Dopo il via libera di ieri, il Parlamento avvierà i negoziati con il Consiglio, dove sono rappresentati i governi.
Accade oggi
Consiglio Ricerca e spazio
Parlamento europeo: la presidente Metsola in Ohio partecipa all'Assemblea parlamentare della Nato
Banca centrale europea: discorso del capo economista Philip Lane all'Istituto universitario europeo di Firenze sull'inflazione e la disinflazione nell'area euro
Eurostat: dati sul commercio con l’Ucraina nel primo trimestre
Putroppo un Europa che non esiste ( sembra di ricordare Metternich: l’Italia e’ solo un’espressione geografica)
Dopo 80 anni non si e fatto nessun passo avanti verso uno stato federale. Solo trattati economici che avanzano zoppicando allargati a ben 27 paesi con le regole di quando i paesi erano 6.
Un nuovo membro entra quando sembra avere le regole richieste, poi dopo aver ricevuto notevoli benefici, si cambia queste regole e grazie al voto all’unanimita non lo si puo’ cacciare.
Se non si ha la volonta’ ma soprattutto la capacita’ di affrontare questi nodi si fa tutto sommato sola una controproducente retorico, a beneficio unicamente del grande carrozzone burocratico creato e dei sovranisti che in auesta situazione purtroppo continuano e continueranno a crescere.