Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Orban paralizza di nuovo l'Ue sull'Ucraina
Come alla fine di ogni semestre, quando l'Unione europea deve adottare decisioni decisive per aiutare l'Ucraina a difendersi dall'aggressione della Russia, Viktor Orban si mette di traverso. L'Ungheria sta bloccando la creazione del Fondo di assistenza per l'Ucraina che, dotato di 7,7 miliardi, dovrebbe finanziare le forniture di armi a Kyiv. Nonostante l'accordo politico raggiunto a marzo, i ministri degli Esteri e della Difesa nelle loro riunioni di oggi e domani non saranno in grado di dare il via libera ai sette atti giuridici necessari per creare il Fondo di assistenza per l'Ucraina all'interno della European Peace Facility. La causa, ancora una volta, è il veto del governo ungherese. In giugno sono attese altre decisioni fondamentali per l'Ucraina. Orban è accusato da alcuni stati membri di voler sabotare l'azione dell'Ue per facilitare la vittoria della Russia. L'Ungheria vuole “intralciare la capacità dell'Ucraina di difendersi dall'aggressore”, ci ha detto un diplomatico. Irrisolto, il problema Orban è diventato “altamente problematico”. I capi di stato e di governo avranno il coraggio di risolverlo?
L'accordo politico sul Fondo di assistenza per l'Ucraina era stato raggiunto il 18 marzo. L'Alto rappresentante, Josep Borrell, aveva promesso di muoversi in fretta, anche per compensare i ritardi accumulati dagli Stati Uniti per lo stallo al Congresso sui finanziamenti per l'Ucraina. Il nuovo strumento dovrebbe permettere trasferimenti e acquisti congiunti di armi, non solo degli stati membri ma anche da parte del governo di Kyiv. A marzo i ventisette avevano deciso di allocare 5 miliardi di euro al Fondo di assistenza per l'Ucraina per il 2024, a cui si devono aggiungere 2,7 miliardi di euro dai proventi straordinari degli attivi russi immobilizzati per le sanzioni. All'epoca in molti erano rimasti sorpresi dalla decisione dell'Ungheria di acconsentire al Fondo di assistenza per l'Ucraina in cambio di una piccola concessione: la quota ungherese di fondi non deve andare ad armi letali. Ma Borrell e gli altri stati membri erano stati troppo ottimisti. Al momento della verità, è arrivato il veto di Orban.
Il comportamento dell'Ungheria è “oltraggioso”, spiega il diplomatico, le cui parole mostrano il livello di esasperazione di alcuni stati membri. L'Ungheria da un anno continua a bloccare l'ottava tranche da 500 milioni di euro della European Peace Facility, e di conseguenza anche la nona e la decima tranche. La Polonia è particolarmente danneggiata: Varsavia attende 400 milioni di euro di rimborsi dall'Ue per le armi che ha già trasferito a Kyiv.
La ragione iniziale del veto dell'Ungheria era la presenza nella lista ucraina delle organizzazioni che sponsorizzano la guerra della banca ungherese Otp, che opera in Russia e nei territori occupati. Dopo pressioni dell'Ue, il governo di Volodymyr Zelensky ha accettato di togliere Otp dalla lista. Ma Orban si è inventato un'altra scusa: le imprese ungheresi sarebbero boicottate in Ucraina. “Le domande e le condizioni per togliere il veto continuano a cambiare”, denuncia il diplomatico. “Questo non è un modo di negoziare”. Alcuni stati membri non considerano più quello di Budapest un governo in buona fede, che negozia per difendere alcuni interessi nazionali particolari. “E' sabotaggio”, dice un alto funzionario.
Borrell e i suoi servizi sperano di arrivare a un accordo nel corso del mese di giugno. Dopo le elezioni europee Orban potrebbe essere più propenso a fare compromessi. La Germania è convinta che, come in passato, il premier ungherese abbia scelto una tattica transazionale: il veto cadrà, una volta che Orban avrà ottenuto in cambio lo sblocco di alcuni miliardi di fondi dell'Ue, congelati per le violazioni dello Stato stato di diritto. In dicembre era andata così sul via libera politico ai negoziati di adesione: Orban era uscito dalla sala del Consiglio europeo al momento della decisione, dopo aver ottenuto dalla Commissione di Ursula von der Leyen lo sblocco di 10 miliardi di euro. Ma poi il premier ungherese ha bloccato (fino a fine febbraio) il pacchetto da 50 miliardi di euro di aiuti finanziari per Kyiv per i prossimi quattro anni. E ora ha la possibilità di paralizzare l'Ue su una serie di altre decisioni chiave per l'Ucraina.
Giugno sarà un altro momento di scelte ucraine per l'Ue. Oltre al Fondo di assistenza per l'Ucraina, i ventisette devono approvare il quattordicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Devono adottare il quadro dei negoziati di adesione e decidere se avviare formalmente i negoziati con la convocazione di una conferenza intergovernativa. Devono approvare l'accordo di sicurezza tra l'Ue e l'Ucraina, che potrebbe includere l'invio di istruttori nel paese. Devono introdurre un nuovo regime di sanzioni per combattere l'influenza straniera. Su ciascuna di queste decisioni pesa il veto potenziale o già annunciato dell'Ungheria. “L'opposizione ungherese non è su un singolo provvedimento. E' preoccupante perché è più fondamentale”, spiega il diplomatico. Di fatto, Orban sta paralizzando l'Ue.
Tra gennaio e febbraio, dopo il veto ungherese di dicembre sul pacchetto di aiuti finanziari da 50 miliardi di euro, alcuni governi avevano sollevato la possibilità di usare l'articolo 7 del trattato per togliere all'Ungheria il diritto di voto. Erano stati immaginati “piani B”, come la creazione di strumenti intergovernativi per escludere Budapest dai processi decisionali sull'Ucraina. Poi non se ne fece nulla, nella convinzione che alla fine Orban fa sempre un passo indietro. Lo sblocco degli aiuti americani ha fatto venire meno il senso di urgenza. Ma con le elezioni presidenziali e il rinnovo del Congresso degli Stati Uniti a novembre, l'Ue non può permettersi di mettere la difesa dell'Ue e la sicurezza europea alla mercé del veto di Orban.
Dal primo luglio c'è un'aggravante. L'Ungheria assumerà la presidenza di turno del Consiglio dell'Ue, moltiplicando il suo potenziale dirompente. Toccherà al governo ungherese fissare l'agenda delle riunioni tra ministri e ambasciatori e negoziare decisioni o sanzioni, proponendo i compromessi necessari all'Ue. Per bloccare tutto, basta non mettere un provvedimento all'ordine del giorno. Nel prossimo semestre, l'Ue rischia di trovarsi nelle mani del cavallo di Troia di Vladimir Putin.
La frase
“Abolire i diritti fondamentali delle donne, delle minoranze e degli immigrati. Su questo tema Meloni e Von der Leyen hanno concluso accordi non in linea con i nostri valori”.
Nicolas Schmit, commissario lussemburghese e candidato del Pse per la presidenza della Commissione.
Geopolitica
Il G7 va avanti con i piani per moltiplicare gli aiuti all'Ucraina - I ministri delle Finanze del G7 hanno detto di aver fatto dei progressi sul piano promosso dagli Stati Uniti per usare i proventi straordinari degli attivi russi immobilizzati come garanzia per fare leva sui mercati e fornire fino 50 miliardi di prestito all'Ucraina. "Stiamo facendo progressi nelle nostre discussioni sulle possibili strade”, dice il comunicato finale della riunione che si è tenuta a Stresa. Tuttavia non ci sono cifre o dettagli, dimostrazione che molti aspetti giuridici e tecnici devono ancora essere discussi. "Non siamo ancora pronti (...), ma questo è ora un argomento su cui si lavora intensamente", ha detto il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Più ottimista, il segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, ha spiegato che questa è “l'opzione principale”. Il ministro italiano Giancarlo Giorgetti ha evocato la possibilità di un ruolo della Banca mondiale. Ma gli europei vogliono garanzie sulla condivisione dei rischi legali e finanziari. Il piano sarà discusso dai capi di stato e di governo nel summit che si terrà in Italia a metà giugno. I ministri delle Finanze del G7 hanno anche promesso che “i beni sovrani della Russia nelle nostre giurisdizioni rimarranno immobilizzati finché la Russia non pagherà per il danno che ha causato all'Ucraina".
L'Ue non ha prove di trasferimenti di armi letali dalla Cina - La scorsa settimana il ministro britannico della Difesa, Grant Shapps, aveva accusato la Cina di fornire materiali letali alla Russia. “Posso rivelare che abbiamo prove che Russia e Cina stanno collaborando su equipaggiamento da combattimento da usare in Ucraina”, aveva detto Shapps durante una conferenza a Londra. L'Unione europea non ci vuole credere. “Non abbiamo prove di trasferimento di equipaggiamento letale”, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue: “Quello che abbiamo è un aumento del commercio di prodotti a uso duale che viene utilizzato dall'industria russa per fabbricare armi”. I ministri degli Esteri e della Difesa dell'Ue, tra oggi e domani, si concentreranno sulle varie iniziative per fornire armi e munizioni all'Ucraina. Il milione di munizioni di artiglieria promesso per marzo non arriverà prima dell'autunno. Ma la Repubblica ceca dovrebbe annunciare le prime forniture del suo piano per le munizioni in giugno. L'iniziativa della Germania sulla difesa aerea è in alto mare. Sono arrivate promesse di soldi, radar e missili. Ma nessun paese dell'Ue sembra disponibile a trasferire lanciatori Patriot.
Dilemma Georgiano per l'Ue - Sanzionare o non sanzionare? Questo è il dilemma a cui saranno confrontati oggi i ministri degli Esteri dell'Ue nella loro discussione sulla Georgia. Non ci saranno decisioni. L'adozione della legge sulle interferenze straniere da parte del partito al governo, Sogno Georgiano, sarà discusso tra gli “affari correnti”. Ma i ventisette sono divisi sulla strategia da seguire. In una riunione degli ambasciatori mercoledì scorso, solo la Danimarca ha evocato esplicitamente “sanzioni” contro Sogno Georgiano. Polonia e paesi Baltici sono favorevoli e spiegano che la Georgia rischia di trasformarsi nella nuova Bielorussia. La Francia non le esclude. L'Italia, insieme a Portogallo, Grecia e Bulgaria, consiglia un approccio prudente: giusto minacciare conseguenze, ma occorre anche inviare i messaggi giusti a ciascun interlocutore, compresi messaggi positivi alla popolazione in piazza contro la cosiddetta “legge russa”. La sola adozione di sanzioni – secondo l'Italia e altri paesi - sarebbe un regalo a Sogno Georgiano, perché potrebbe dire che l'Ue abbandona la Georgia. Risultato: l'Alto rappresentante, Josep Borrell, dovrebbe essere incaricato di presentare una “lista di opzioni” su come reagire se Sogno Georgiano adotterà definitivamente la “legge russa” e altre misure che allontanano la Georgia dall'Ue. Una sospensione del processo di adesione appare certa.
L'Ue studia il ritorno di EUBAM a Rafah (ma non subito) - I ministri degli Esteri oggi discuteranno anche del possibile ritorno di EUBAM a Rafah, dopo che gli Stati Uniti hanno informalmente chiesto il ritorno dei soldati dell'Ue al valico di frontiera tra l'Egitto e la Striscia di Gaza. EUBAM significa: European Union Border Assistance Mission. Lanciata nel 2005, la missione è stata di fatto sospesa nel 2007, dopo la presa del potere di Hamas a Gaza. I precedenti tentativi di riattivarla non hanno funzionato. “EUBAM è un'opzione”, ci ha detto un diplomatico. Tuttavia “ci sono una serie di condizioni che devono realizzarsi per prendere la decisione”, ha aggiunto. Non basta un invito americano. E' necessario il consenso di Israele, Egitto e Nazioni Unite. I ministri discuteranno di altri due temi scottanti: l'ordinanza della Corte internazionale di giustizia che ha intimato a Israele di fermare la sua offensiva su Rafah e il riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Spagna, Irlanda e Norvegia.
Franco-tedesco
Macron in visita di Stato da Scholz - Emmanuel Macron ieri ha iniziato la prima visita di stato di un presidente francese in Germania dai tempi di Jacques Chirac. Nella prima tappa a Berlino Macron ha incontrato il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, e ha attraversato la Porta di Brandeburgo con il sindaco della città, Kai Wegner. Al di là dei simboli, la visita di Macron dovrebbe essere l'occasione per cercare di riparare le relazioni franco-tedesche, caratterizzate da visioni divergenti sui principali temi dell'agenda europea. I rapporti personali con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, sono ai minimi. Da quando Scholz è salito al potere nel 2021, Parigi e Berlino si sono scontrati apertamente su questioni che vanno dalla difesa all’energia nucleare, passando per il tipo di sostegno da garantire all'Ucraina per difendersi dalla Russia o i dazi contro i veicoli elettrici cinesi. La futura agenda strategica dell'Ue e le nomine dei leader delle istituzioni dell'Ue saranno sicuramente sul menù del faccia a faccia tra Macron e Scholz.
Elezioni Europee
Schmit accusa von der Leyen di aver abolito la collegialità nella Commissione - Il commissario lussemburghese, Nicolas Schmit, ha accusato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, di non aver consultato il collegio prima di firmare gli accordi sui migranti con Tunisia ed Egitto, violando il principio della collegialità. "Von der Leyen non ci ha mai consultato sugli accordi con la Tunisia e l'Egitto. Non c'è stata alcuna discussione al collegio dei commissari", ha detto Schmit, che è anche lo Spitzenkandidat del Partito socialista europeo, in un’intervista a La Vanguardia. "Se ci fosse stata avrei sicuramente votato contro". Schmit si è detto in "disaccordo" con von der Leyen sul suo modo di gestire la Commissione, ricordando che è "un'istituzione collegiale, non un sistema presidenziale". Ci sono "26 commissari, con le loro conoscenze e sensibilità e vanno ascoltati. Siamo stati sostenuti dal Parlamento e abbiamo legittimità democratica, non solo il presidente ce l’ha", ha ricordato Schmit. Il candidato del Pse ha anche criticato von der Leyen per l'avvicinamento a Giorgia Meloni, che "non ha rinunciato alla sua vera strategia di trasformare l'Italia in un qualche tipo di stato autoritario. E di trasferire queste idee anche in Europa".
Le Pen propone a Meloni di unirsi - La leader del Rassemblement National in Francia, Marine Le Pen, ieri ha proposto al presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, di unire le forze in un unico grande gruppo al Parlamento europeo. «Penso che io e lei siamo d’accordo sulle questioni essenziali, tra le quali c’è il riprendere controllo dei nostri rispettivi paesi", ha detto Le Pen in un'intervista al Corriere della Sera. "Adesso è il momento di unirsi, sarebbe davvero utile. Se ci riusciamo possiamo diventare il secondo gruppo del Parlamento europeo. Penso che un’occasione così non dobbiamo lasciarcela sfuggire", ha spiegato Le Pen. La leader di estrema destra francese ha escluso di sostenere un secondo mandato di Ursula von der Leyen, accusandola di cercare di "comprare voti" con la sua proposta di allargare la maggioranza a Meloni. "La presidente della Commissione sa che il suo tempo è finito e cerca di comprare voti. Ma per quel che ci riguarda mai, mai voteremo per Ursula von der Leyen, che ha condotto una politica disastrosa per i popoli europei. È arrivato il tempo di chiudere definitivamente il suo mandato tossico", ha detto Le Pen.
L'estrema destra divisa su AfD - La decisione di giovedì del gruppo di estrema destra Identità e democrazia di espellere il partito tedesco Alternativa per la Germania non è stata unanime. Nella riunione dell'ufficio di presidenza, le sette delegazioni nazionali si sono spaccate praticamente a metà, anche se il peso di italiani e francesi ha prevalso. Il Rassemblement National di Marine Le Pen e la Lega di Matteo Salvini hanno votato a favore della cacciata di AfD insieme al Partito del Popolo Danese e al partito ceco Libertà e Democrazia Diretta (SPD). Per contro, i belgi del Vlaams Belang e gli austriaci della FPO, che sono alleati tradizionali di Le Pen e Salvini, si sono opposti insieme al partito estone EKKRE.
Lituania
Nauseda vince le elezioni presidenziali in Lituania - Il presidente uscente, Gitanas Nauseda, ieri ha vinto le elezioni presidenziali con un ampio margine nel secondo turno contro il primo ministro, Ingrida Simonyte. Al termine di una campagna dominata dalle preoccupazioni per la sicurezza per la Russia, Nauseda ha ottenuto oltre il 75 per cento dei voti, contro il 24,1 per cento della sua avversaria. Con i suoi 2,8 milioni di abitanti, la Lituania è stata uno dei più convinti sostenitori dell'Ucraina dopo l'invasione russa del 2022 e teme di essere uno dei prossimi obiettivi di Vladimir Putin. Il sostegno a Nauseda è il più alto registrato nel paese dalla riconquista dell'indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991. "L'indipendenza e la libertà della Lituania sono come un fragile vaso che dobbiamo custodire ed evitare che si rompa", ha detto Nauseda dopo la pubblicazione dei primi risultati ieri. I poteri del presidente in Lituania sono relativamente limitati, ma comprendono la guida delle forze armate e la rappresentanza del paese al Consiglio europeo. Sarà Nauseda a partecipare alle trattative sulle nomine dopo le elezioni europee del 6-9 giugno.
Accade oggi
Consiglio Affari esteri
Consiglio Agricoltura e pesca
Servizio europeo di azione esterna: conferenza sul Sostegno al futuro della Siria e della regione
Commissione: la presidente von der Leyen a Berlino partecipa al 26° Forum Internazionale Wdr Europa
Commissione: il commissario Gentiloni a Venezia partecipa alla cerimonia del premio La Malfa
Commissione: la commissaria Jutta Urpilainen a Saint John's partecipa alla quarta Conferenza internazionale sui piccoli Stati insulari in via di sviluppo organizzata dall'Onu
Banca centrale europea: discorso di Philip Lane all'Institute of International and European Affairs di Dublino sull'inflazione nella zona euro
Eurostat: dati sul commercio con la Russia nel primo trimestre del 2024
Nato: il segretario generale Stoltenberg a Sofia partecipa all'Assemblea parlamentare della Nato