Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Per regnare von der Leyen allarga ai sovranisti il “centro” e intrappola i socialisti
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri ha annunciato la sua intenzione di presentarsi per un secondo mandato dopo le elezioni europee del 6-9 giugno. Era un segreto di Pulcinella. Da settimane la bolla europea era giunta alla conclusione che von der Leyen si sarebbe candidata. La conferma era già arrivata nel fine settimana alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, dove la presidente della Commissione ha moltiplicato gli interventi per indicare quali saranno le priorità dei prossimi cinque anni: l'Europa della Difesa e in particolare l'industria della difesa europea. Come abbiamo spiegato sul Mattinale Europeo è la condizione posta da Emmanuel Macron per appoggiare un secondo mandato. Ma la conferenza stampa nella sede della Cdu ieri a Berlino, affianco al leader del partito conservatore tedesco, Friedrich Merz, è stata comunque degna di nota. Perché Ursula von der Leyen ha tracciato la linea di demarcazione della sua prossima maggioranza al Parlamento europeo. La parola chiave usata da von der Leyen è “centro”. Ma, tra le righe del suo intervento, si capisce che è un centro allargato ad alcuni partiti sovranisti, cosa che porrà un problema ai socialisti e spaccherà la maggioranza pro-europea al Parlamento.
La scelta del messaggio di von der Leyen a Berlino è stato diverso da quello di Monaco, perché ha a che fare soprattutto con la politica interna tedesca. La Germania sta soffrendo gravi difficoltà economiche e l'estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD) è diventata secondo i sondaggi il secondo partito del paese. Von der Leyen ha scelto di concentrarsi sui temi della competitività e sulla democrazia. La sua Commissione, portando avanti a tappe forzate il Green deal, è stata accusata di aver pensato troppo poco alle imprese. Perfino la sua Cdu si è messa ad alzare la voce contro alcune delle norme ambientali promosse dalla Commissione, che rischiano di frenare ulteriormente la crescita. “Dobbiamo coniugare gli obiettivi climatici con l’economia”, ha detto von der Leyen: “Dobbiamo sfruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale tanto quanto dobbiamo combinarle con i principi dell’economia sociale di mercato. Dobbiamo fare progressi con la digitalizzazione” e “mantenere la burocrazia snella”. L'enfasi sulle politiche climatiche e ambientali che aveva accompagnato la sua nomina nel 2019 e i primi quattro anni di mandato è stata dimenticata.
La parte più interessante della conferenza stampa, tuttavia, è stata quella sulla democrazia e sui valori, da cui dipende “il successo dell'Europa”, ha detto von der Leyen. “Dobbiamo continuare a difenderli dalle divisioni interne ed esterne. Dobbiamo rendere forte il nostro centro”, ha spiegato la presidente della Commissione. La parola “centro” è un'indicazione della maggioranza che von der Leyen intende mette in piedi nella prossima legislatura. Ma, a differenza della maggioranza della legislatura che si sta chiudendo, la nozione di “centro” appare molto più ampia. Rispondendo alle domande dei giornalisti, von der Leyen ha compiuto un passo inusuale. Ha fatto la lista di chi sta dall'altra parte della linea rossa della democrazia. L'elenco dei leader con cui lei non intende collaborare, ma che vuole combattere. “Putin e i suoi amici, sia che si tratti di AfD, di Marine Le Pen, di (Geert) Wilders, o di altre forze estreme che ostacolano la democrazia in Europa”, ha detto von der Leyen: “Loro vogliono distruggere l'Europa”.
A prima vista nulla di nuovo. Quello evocato da von der Leyen è il cordone sanitario contro l'estrema destra che è riunita nel gruppo Identità e democrazia dentro il Parlamento europeo. Solo che dentro il Parlamento europeo il cordone sanitario tradizionalmente era stato applicato anche ai partiti della destra sovranista, riunita nel gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr). Quali partiti fanno parte dell'Ecr? Tra gli altri, ci sono Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, il Partito Legge e Giustizia (PiS) appena cacciato dal potere a Varsavia, l'estrema destra spagnola di Vox, il partito di estrema destra francese Reconquête diretto dai simpatizzanti putinisti Eric Zemmour e Marion Maréchal. Presto potrebbe anche esserci Fidesz, il partito del primo ministro ungherese, Viktor Orban, che si sta dimostrando uno degli amici più fedeli di Vladimir Putin. Anche il PiS polacco, prima delle elezioni dello scorso ottobre, aveva iniziato a prendere le distanze dall'Ucraina per cercare di sfruttare lo scontento del suo elettorato per le difficoltà dell'economia o dell'agricoltura. Alcuni partiti nazionali dell'Ecr mostrano crescenti segnali di malessere. I nazionalisti fiamminghi della N-VA se ne vogliono andare. I democratici svedesi e i cechi di Petr Fiala potrebbero farlo, se Orban sarà fatto entrare.
Per capire le intenzioni del Ppe e di von der Leyen vale la pena recuperare una frase pronunciata da Margaritis Schinas all'incontro inaugurale della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, che si è tenuto nella rappresentanza della Baviera a Berlino il 12 febbraio. “A Roma Giorgia Meloni, almeno per me, non è stata un catalizzatore per i populisti, è stata uno sbarramento contro i populisti”, ha detto Schinas. Oltre a essere vicepresidente della Commissione responsabile per lo stila di vita europeo, Schinas è uno dei pesi massimi del Ppe. Meloni si è sicuramente comportata in modo pragmatica da quanto è al potere. Ma definirla “uno sbarramento contro i populisti” è quantomeno discutibile, dato che il primo ministro italiano ha costruito tutta la sua carriera facendo campagne populiste contro l'Ue e usando le argomentazioni fallaci e le tecniche manipolatorie tipiche del resto dell'estrema destra europea.
Il fatto è che von der Leyen ha già individuato quali saranno i tre grandi elettori che possono garantirle un secondo mandato. Oltre al Ppe e ai suoi capi di stato e di governo, gli altri due sono Emmanuel Macron e Giorgia Meloni. Il primo garantisce per il fronte liberale e il gruppo di Renew. La seconda incarna il fronte dei sovranisti pragmatici. Con una serie di favori, Von der Leyen si è assicurata anche il sostegno di alcuni leader socialisti, come il premier spagnolo Pedro Sanchez. Al Consiglio europeo la manovra politica avrà successo per garantirle la nomina in giugno. Ma von der Leyen cammina su un filo sottile. Dopo la benedizione dei capi di stato e di governo, von der Leyen avrà anche bisogno di una maggioranza al Parlamento europeo. Corteggiare i sovranisti (anche quelli pragmatici come Meloni) potrebbe spingere i deputati Socialisti e Verdi a votare contro di lei.
I Verdi si sono già fatti sentire. Terry Reintke, che è uno dei due Spitzenkandidaten dei Verdi, ieri ha posto una domanda: il Ppe e von der Leyen “lavoreranno con forze autoritarie e di estrema destra in futuro che vogliono smantellare la protezione del clima, la sicurezza sociale e la democrazia in Europa? Oppure lavoreranno con forze pro democratiche e progressiste per costruire un futuro sicuro, sostenibile e democratico?”. Il messaggio è chiaro. Von der Leyen e il Ppe dovranno scegliere: o i Verdi o l'Ecr. Ad assere decisivi nel voto di conferma al Parlamento europeo saranno dunque i socialisti. Senza di loro von der Leyen, che nel 2019 era passata per appena nove voti, non avrà una maggioranza. In passato il gruppo dei Socialisti&Democratici non si è mai mostrato particolarmente coraggioso. La domanda nel 2024 è se i socialisti saranno pronti a dare battaglia contro i sovranisti o preferiranno un patto con il diavolo cadendo nella trappola di von der Leyen e del Ppe.
La frase
“L’Europa è la mia casa, proprio come la Bassa Sassonia”.
Ursula von der Leyen, annunciando la sua candidatura per un secondo mandato come presidente della Commissione.
Geopolitica
Nulla di fatto al Consiglio Affari Esteri per l'Ucraina - L'atmosfera cupa della Conferenza sulla sicurezza di Monaco non è bastata per spingere i ministri degli Esteri dell'Unione europea a un sussulto sull'Ucraina. Il Consiglio Affari Esteri di ieri non è riuscito a sbloccare le trattative né sulla riforma della European Peace Facility, che dovrebbe garantire 5 miliardi di euro per le forniture di armi a Kyiv nel 2024, né sul tredicesimo pacchetto di sanzioni, che dovrebbe permettere di colpire società cinesi, indiane e turche che aggirano le misure restrittive dell'Ue. Sulla Europea Peace Facility il principale ostacolo rimane la Germania, che considera il suo contributo eccessivo (il 25 per cento del totale) tenendo conto delle forniture di armi bilaterali. Sulle sanzioni è l'Ungheria di Viktor Orban a bloccare. Il ministro ungherese degli Esteri, Peter Szijjarto, ha definito le sanzioni come “prive di senso, che servono solo come vetrina” per il terzo anniversario dell'inizio della guerra russa. Alcuni diplomatici hanno comunque interpretato le parole di Szijjarto in modo positivo. La speranza rimane che l'Ungheria non metta il veto mercoledì durante la riunione degli ambasciatori dei ventisette al Coreper. “Spero che venga approvato entro il 24 febbraio”, ha detto l'Alto rappresentante, Josep Borrell.
Malumori per la posizione della Germania sulla European Peace Facility - Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, ieri ha criticato la posizione di Berlino che blocca la riforma della European Peace Facility. “E' disdicevole che non siamo in grado di trovare una soluzione”, ha detto Landsbergis, ricordando che “un piccolo paese” come il suo “non non può permettersi di sostenere l'Ucraina quanto è necessario”. Landsbergis ha spiegato che i ventisette si stanno dividendo “su questioni tecniche, ma non c'è niente su questa guerra che è tecnico. Abbiamo bisogno di grandi decisioni”. Anche il ministro degli Esteri dell'Estonia, Margus Tsahkna, si è lamentato degli ostacoli posti da Berlino. “E' l'Ucraina che ha bisogno del sostegno” della European Peace Facility, “non l'Estonia o la Germania”, ha detto Tsahkna.
La Lituania chiede di fare l'all-in sull'Ucraina - Dopo che la premier danese, Mette Frederiksen, ha annunciato la cessione di tutta l'artiglieria all'Ucraina, il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, ieri ha chiesto agli altri stati membri di fare un “all-in” a favore di Kyiv, trasferendo tutte le armi a disposizione. “I russi fanno l'all-in per distruggere l'Ucraina e chissà chi altro”, ha detto Landsbergis. “Anche noi dobbiamo fare l'all-in. Non possiamo avere mezze misure. Se l'Ucraina cade, noi saremo i prossimi. Putin non ha intenzione di fermarsi e non saremo in grado di fermarlo”, ha spiegato il ministro lituano.
La Repubblica ceca cerca soldi per 800 mila munizioni - La Repubblica ceca ha trovato 800 mila munizioni di artiglieria nel mercato mondiale, ma sta cercando dei partner per poter finanziare l'acquisto e procedere rapidamente al trasferimento verso l'Ucraina. Si tratta di 500 mila proiettili calibro 155mm e 300 mila calibro 122 mm. “E' dal mercato globale. Dobbiamo trovare le risorse finanziarie per questa operazione”, ha spiegato il ministro degli Esteri ceco, Jan Lipavský, lanciando un appello alla comunità internazionale e ai paesi europei a essere efficaci e flessibili per trovare un modo per procurarsi queste munizioni di cui l'Ucraina ha disperatamente bisogno”. Lipavský ha sottolineato che non “per forza” deve essere l'Ue a pagare. L'importante è trovare “il modo più efficace per procurarci queste munizioni”. Secondo le nostre fonti, la Repubblica ceca sta lavorando con i Paesi Bassi, la Danimarca e il Canada per raccogliere i fondi. L'Alto rappresentante, Josep Borrell, ha detto di essere pronto a rimborsare gli acquisti extra Ue anche con la European Peace Facility.
Borrell dà il nome di Navalny al regime di sanzioni sui diritti umani - Ieri il Consiglio Affari generali ha ricevuto Yulia Navalnaya, la moglie dell'oppositore russo, Alexeny Navalny, morto venerdì in un carcere russo. Prima della riunione l'Alto rappresentante, Josep Borrell, ha proposto di mettere il nome di Navalny sul regime delle sanzioni sui diritti umani dell'Ue "per fare in modo che il suo nome sia iscritto per sempre nel lavoro dell'Ue per difendere i diritti umani". La nuova denominazione dovrebbe essere "The Navalny Human rights sanctions regime". Alcuni stati membri hanno anche proposto delle sanzioni mirate contro i responsabili del decesso di Navalny. Ci permettiamo un suggerimento per andare oltre la retorica. Navalny con la sua fondazione ha lasciato in eredità un elenco di 7.945 persone tra politici, funzionari, militari, oligarchi e propagandisti che fanno parte della cerchia di Vladimir Putin. Anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha incontrato Navalnaya. “Il mondo ha perso un guerriero che non ha mai smesso di opporsi all'oppressione della Russia”, ha detto Michel.
L'Ungheria blocca l'Ue su Gaza e i coloni violenti in Cisgiordania - Non è solo sull'Ucraina che l'Ungheria di Viktor Orban sta paralizzando l'Unione Europea. L'Alto rappresentante, Josep Borrell, ieri ha spiegato di aver ottenuto il consenso di ventisei stati membri sia sulla richiesta di una "pausa umanitaria immediata" a Israele che porti a "un cessate il fuoco sostenibile, al rilancio senza condizioni degli ostaggi e alla forniture di assistenza umanitaria". La dichiarazione chiede anche al governo israeliano di "non lanciare l'operazione militare contro Rafah", ha spiegato Borrell. Anche sulle sanzioni contro i coloni israeliani violenti in Cisgiordania l'Ungheria rappresenta il principale ostacolo. "Le sanzioni proposte non sono state adottate esattamente per lo stesso motivo, poiché non abbiamo raggiunto la necessaria unanimità", ha detto Borrell.
L'avvertimento di Kaag su Rafah - "Un'estensione delle operazioni militari” da parte di Israele “a Rafah avrebbe conseguenze umanitarie disastrose per i civili innocenti che sono lì”, ha avvertito ieri il coordinatore umanitario e per la ricostruzione delle Nazioni Unite per Gaza, Sigrid Kaag, a margine del Consiglio Affari esteri. “C'è più di un milione di persone stipato a Rafah in alloggi di fortuna. Le condizioni igieniche sono preoccupanti, gli aiuti che riescono ad entrare sono insufficienti ed è sempre più difficile distribuirli”, ha spiegato Kaag, sottolineando che “le condizioni di sicurezza stanno impedendo gli sforzi degli operatori umanitari dell'Onu e delle ong locali di assistere le persone”. Tuttavia non c'è consenso tra i 27 ministri degli Esteri sulla necessità di evitare l'offensiva di Israele a Rafah. L'Alto rappresentante, Josep Borrell, ha deplorato il fatto che non ci sia stato un accordo su una dichiarazione a nome dell'Ue per chiedere al governo israeliano di non lanciare un'azione militare a Rafah. "Purtroppo, non è stata una dichiarazione unanime. L'ho dovuta fare per mio conto, in rappresentanza della grande maggioranza degli stati membri, ma non tutti", ha detto Borrell.
L'Ue lancia la missione Aspides nel Mar Rosso - Il Consiglio Affari esteri di ieri ha lanciato formalmente Eunavfor Aspides, un'operazione difensiva di sicurezza marittima il cui obiettivo è ripristinare e salvaguardare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo, dopo la serie di attacchi condotti dagli Houthi yemeniti. Con questa missione “l’Ue risponde rapidamente alla necessità di ripristinare la sicurezza marittima e la libertà di navigazione in un corridoio marittimo altamente strategico”, ha detto l'Alto rappresentante, Josep Borrell: “L’operazione svolgerà un ruolo chiave nella salvaguardia degli interessi commerciali e di sicurezza, per il bene dell’Ue e della più ampia comunità internazionale”. Il mandato difensivo prevede l'accompagnamento di navi civili e la loro protezione da possibili attacchi in mare. L’operazione sarà attiva lungo le principali linee marittime di comunicazione nello stretto di Baab al-Mandab e nello stretto di Hormuz, nonché nelle acque internazionali del Mar Rosso, del Golfo di Aden, del Mar Arabico, del Golfo di Oman e il Golfo Persico. Il comandante dell'operazione sarà il commodoro greco Vasilios Griparis, mentre il comandante della forza sarà il contrammiraglio italiano Stefano Costantino. Il quartier generale dell'operazione avrà sede a Larissa, in Grecia.
Stato di diritto
Il piano di Tusk per restaurare lo Stato di diritto al Consiglio Affari generali - Su richiesta del governo polacco, il Consiglio Affari generali di oggi discuterà dello stato di diritto in... Polonia. La decisione è inusuale, ma dimostra la volontà di Donald Tusk di chiudere il più rapidamente possibile la procedura dell'articolo 7 per violazioni dei valori fondamentali e dello stato di diritto. La presidenza belga dell'Ue aveva calendarizzato la discussione per il mese di giugno. Oggi la Polonia intende illustrare al Consiglio Affari generali come intende riformare la giustizia per tornare all'indipendenza del sistema giudiziario, messa in discussione dal precedente governo nazionalista del PiS. Il piano prevede l'adozione di diversi progetti di legge che dovrebbero toccare i principali organi giudiziari della Polonia, malgrado il rischio di un veto da parte del presidente Andrzej Duda, vicino al PiS. L'obiettivo di Tusk è anche sbloccare quasi 60 miliardi di euro di fondi dell'Ue che sono stati congelati per violazioni dello stato di diritto.
Digitale
Breton contro TikTok - La Commissione ieri ha avviato una procedura formale per valutare se TikTok violi le regole del Digital Services Act (DSA) sulla tutela dei minori, la trasparenza della pubblicità, l'accesso ai dati per i ricercatori, nonché la gestione del rischio di design che creano dipendenza e contenuti dannosi. Sulla base dell'indagine preliminare e delle risposte di TikTok alle richieste di informazioni, la Commissione punta il dito sugli effetti negativi effettivi o prevedibili derivanti dalla progettazione del sistema TikTok, compresi i sistemi algoritmici, che potrebbero stimolare dipendenze comportamentali. L'obiettivo è contrastare i rischi potenziali per l'esercizio del diritto fondamentale al benessere fisico e mentale della persona, al rispetto dei diritti del minore, nonché il suo impatto sui processi di radicalizzazione. La Commissione contesta anche le impostazioni predefinite sulla privacy per i minori come parte della progettazione e del funzionamento dei sistemi di raccomandazione. L'avvio di una procedura formale conferisce alla Commissione il potere di adottare misure provvisorie e decisioni di non conformità. “Come piattaforma che raggiunge milioni di bambini e adolescenti, TikTok deve rispettare pienamente il Dsa e ha un ruolo particolare da svolgere nella tutela dei minori online”, ha detto il commissario al Mercato interno, Thierry Breton.
Elezioni europee
La Commissione smentisce Leggeri, ex direttore di Frontex candidato di Le Pen - Annunciando la sua candidatura con il Rassemblement National di Marine Le Pen, l'ex direttore esecutivo di Frontez, Fabrice Leggeri, aveva accusato la Commissione di avere un “progetto” per favorire l'immigrazione nell'Ue. “Le dichiarazioni del signor Legger sulla migrazione e l'asilo sono semplicemente false", ha risposto ieri una portavoce della Commissione. L'esecutivo comunitario, tuttavia, non ha rinnegato il sostegno che aveva garantito a Leggeri durante il suo mandato alla testa dell'agenzia dei guardia frontiere dell'Ue, nonostante il coinvolgimento di Frontex in diversi casi di respingimenti di migranti. “La Commissione non fa commenti sulle candidature”, ha detto la portavoce. Almeno la Commissione ha riconosciuto che con Leggeri ci sono state “difficoltà persistenti nella gestione dell'agenzia” Frontex.
Franco-tedesco
Le Maire annuncia un’iniziativa franco-tedesca contro la burocrazia dell'Ue - Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, ieri ha annunciato un’iniziativa con il tedesco Robert Habeck per ridurre la burocrazia europea, accusata di frenare la crescita europea. “Nessuno può rassegnarsi ad avere da 1 a 1,5 punti di scarto di crescita tra il continente europeo e il continente americano. È lì il problema strutturale, ‘the elephant in the room”, ha detto Le Maire. Secondo il ministro francese, “la crescita europea è incatenata dalle orme, dalle regole dalle direttive e dai regolamenti” imposti alle imprese europee, mentre quelle cinesi non li devono rispettare. “Bisogna rimuovere le catene della crescita economica europea”. Le Maire ha promesso “proposte su cui stiamo lavorando da diverse settimane con il ministro dell'Economia tedesco, Robert Habeck, durante il Consiglio economico franco-tedesco il prossimo 5 marzo. Non vogliamo più che la crescita europea sia incatenata da un eccesso di standard”, ha detto Le Maire.
Accade oggi
Consiglio di associazione Ue-Georgia
Presidenza belga dell'Ue: riunione informale dei ministri del Turismo
Commissione: la presidente von der Leyen partecipa all'European Industry Summit organizzato dalla presidenza belga del Consiglio dell'Ue
Commissione: i commissari Dombrovskis e Breton ricevono il ministro francese del Commercio, Franck Reister
Commissione: discorso del vicepresidente Schinas al Summit della Bei
Commissione: il commissario Schmit partecipa alla conferenza sulla crisi degli alloggi organizzata dal Comitato economico e sociale europeo
Commissione: il commissario Gentiloni riceve il sindaco di Parma, Michele Guerra
Commissione: la commissaria Ferreira presenta un rapporto di un gruppo di alto livello sul futuro della politica di coesione
Commissione: discorso della commissaria Kyriakides al Collegio d'Europa di Bruges
Commissione: il commissario Reynders riceve Enrico Letta
Commissione: la commissaria Urpilainen in visita in Angola
Commissione: la commissaria McGuinness partecipa a una conferenza di alto livello sull'alfabetizzazione finanziaria
Parlamento europeo: visita della presidente Metsola in Grecia
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Nato: evento sull'industria spaziale
Eurostat: dati sulla bilancia dei pagamenti a dicembre 2023; dati sul pil regionale nel 2021 e 2022; dati sulla produzione nel settore delle costruzioni a dicembre 2023; dati sulle richieste di asilo a novembre 2023