Processo a von der Leyen su Ungheria e Stato di diritto
Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Processo a von der Leyen su Ungheria e Stato di diritto
“Ci vediamo in Corte”, “vi portiamo in Tribunale”, “avete violato i trattati”. Il dibattito di ieri al Parlamento europeo sui risultati del Consiglio europeo di dicembre e sul vertice straordinario che si terrà il primo febbraio si è trasformato in un arringa d'accusa contro Ursula von der Leyen. La colpa della presidente della Commissione, secondo i deputati europei trasformatisi in procuratori, è di aver ceduto al ricatto di Viktor Orban, sbloccando 11 miliardi di euro per l'Ungheria, che erano stati congelati per le violazioni dello stato di diritto. Il via libera era arrivato alla vigilia della riunione dei capi di stato e di governo del 15 dicembre, quando Orban minacciava il veto non solo sui 50 miliardi di aiuti finanziari per l'Ucraina, ma anche sull'apertura dei negoziati di adesione con Kyiv. “La battaglia sull'Ungheria non è una battaglia sull'Ungheria, ma sulla democrazia liberale in Europa. Ed è una battaglia che dobbiamo vincere, su cui non dobbiamo cedere”, ha detto il deputato liberale, Guy Verhofstadt, minacciando von der Leyen di “gravi problemi” se cederà nuovamente al ricatto di Orban.
Nella sua relazione introduttiva davanti al Parlamento europeo, von der Leyen ieri ha difeso la decisione di sbloccare i fondi per Orban. Budapest ha realizzato le riforme che erano state chieste nel settore della giustizia. “Questo era quanto richiesto all'Ungheria per rispettare le condizioni per i fondi di coesione”, ha detto la presidente della Commissione. “Allo stesso tempo, circa 20 miliardi rimangono congelati” per ragioni che riguardano i diritti LGBTI, la libertà economica e il diritto d'asilo. Se l'Ungheria ha ricevuto il prefinanziamento dei fondi di RePowerEu è perché “non è soggetto ad alcuna condizione. Queste sono le regole che abbiamo concordato tutti. E le seguiremo. Questo è ciò che distingue lo stato di diritto dal potere arbitrario”, ha detto von der Leyen.
La presidente della Commissione è rimasta impassibile di fronte a una prima ondata di critiche di alcuni capigruppo, prima di lasciare in anticipo Strasburgo per volare in Italia e incontrare Giorgia Meloni. Subito dopo, il dibattito in plenaria si è trasformato in un processo contro la presidente della Commissione. “La decisione di Commissione mina ulteriormente lo stato di diritto ma anche le istituzioni democratiche dell'Ue”, ha spiegato l'eurodeputata di Renew, Sophie in't Veld: “Il problema non è un uomo o un paese. Il problema è che la Commissione europea non agisce più come guardiano dei trattati, ma come cagnolino al guinzaglio degli Stati membri”. Cedere al ricatto dell'Ungheria “costa molto più di 10 miliardi di euro. Il prezzo è la nostra credibilità”, ha aggiunto la verde Tineke Strik.
L'accusa contro von der Leyen sarà formalizzata oggi dal Parlamento europeo in una risoluzione sulla situazione in Ungheria, con la quale i deputati compiono i primi passi per portare la Commissione davanti alla Corte di giustizia dell'Ue. La decisione dell'esecutivo comunitario di scongelare i fondi viene contestata sul piano giuridico. La riforma della giustizia adottata dalle autorità ungheresi, secondo il Parlamento europeo, è solo di facciata. Per l'accusa, la decisione di von der Leyen è stata politica ed è stata adottata in tutta fretta per convincere Orban a togliere i suoi veti sull'Ucraina. “La Commissione avrebbe potuto prendersi il tempo di fare una valutazione, dopo la lettera di notifica inviata dall'Ungheria il 12 dicembre. Invece ha deciso in 22 ore”, ha spiegato il deputato del Ppe, Petri Sarvamaa, durante il dibattito in plenaria.
Nel risoluzione che sarà votata oggi i deputati chiedono alla Commissione di fare marcia indietro sulla decisione di sbloccare 10,2 miliardi di euro per l'Ungheria. Se approvato, il testo dà mandato alla commissione Affari giuridici di "prendere le misure necessarie il più presto possibile" per portare la Commissione davanti alla Corte di giustizia dell'Ue affinché statuisca sulla legalità della decisione a favore di Orban. “Ci vediamo in Corte”, ha lanciato il verde Daniel Freund, facendo eco alle parole di molti altri deputati. “Von der Leyen ha violato la legge ignorando la regola della condizionalità. Ma cosa più grave, ha violato i trattati”, ha detto in't Veld: “La scelta del momento della decisione, alla vigilia del Consiglio europeo, dimostra che serviva al Consiglio e questo è contrario all'obbligo di indipendenza della Commissione”. Moritz Korner di Renew ha minacciato di presentare “una mozione di sfiducia” contro von der Leyen, se la Commissione sbloccherà altri fondi per l'Ungheria.
Al termine del dibattito Von der Leyen non era presente per replicare. Il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic, molto agitato durante il dibattito, si è limitato a ripetere le parole della presidente. “Questa Commissione ha messo lo stato di diritto tra le massime priorità”, ha detto Sefcovic: “Voglio rassicurare tutti sulla nostra massima vigilanza su questa questione molto importante”. E' una linea poco convincente davanti a un Parlamento europeo che minaccia una rivolta a pochi mesi dalle elezioni europee.
Secondo il Financial Times, il Ppe si prepara a nominare von der Leyen come suo candidato alla presidenza della Commissione. La decisione dovrebbe essere annunciata al Congresso di Bucarest del 7 marzo. La campagna di riconferma di von der Leyen finora si è concentrata sui governi, con favori politici e aiuti finanziari distribuiti ai vari capi di stato e di governo (Meloni ne è una dei principali beneficiari). Ma per tornare a essere presidente della Commissione ha bisogno anche dei voti della maggioranza del Parlamento europeo. Nel 2019 von der Leyen passò per soli nove voti.
La frase
"Le opinioni non possono essere rinchiuse. Il regime russo può tentare di relegare la sua opposizione nella provincia artica: Alexeï Navalny non viene dimenticato. #FreeNawalny"
Annalena Baerbock, ministro degli Esteri della Germania.
Follow-up
Dov'è Ursula? - La presidente della Commissione ieri è stata anche contestata da alcuni deputati europei per aver lasciato in anticipo l'aula del Parlamento europeo senza partecipare a tutto il dibattito sul Consiglio europeo e replicare agli interventi. Ursula von der Leyen doveva volare a Forlì, in Italia, per una conferenza stampa con il primo ministro, Giorgia Meloni, sulle alluvioni che avevano colpito l'Emilia Romagna un anno fa. Ma accade quasi sempre che von der Leyen abbandoni il Parlamento europeo dopo gli interventi dei capigruppo, lasciando il compito di rispondere a un vicepresidente o a un commissario. “Abbiamo un dibattito sul Consiglio europeo” e “la presidente della Commissione, come fa sempre, ascolta il primo giro di oratori e poi scompare”, ha detto ieri l'eurodeputata di Renew, Sohpie in't Veld: “E' una mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento e dei doveri previsti dal trattato. Questa Camera dovrebbe essere più stretta nell'applicare il trattato e insistere affinché la presidente della Commissione sia presente durante il dibattito dall'inizio alla fine”. Secondo il deputato greco Dimitrios Papadimoulis, del gruppo della Sinistra, “il fatto che von der Leyen non è presente è un insulto al Parlamento europeo”. Il portavoce della Commissione, Eric Mamer, ha risposto che il rispetto di von der Leyen nei confronti del Parlamento “è totale”.
"Siete ridicoli" - Poco più di sei anni fa, nel luglio 2017, fu un Presidente della Commissione europea a denunciare come inaccettabile il comportamento degli eletti europei. La sequenza, che è stata filmata, è passata agli annali della storia. Jean-Claude Juncker inveiva contro l'assenteismo degli eurodeputati per il dibattito sui risultati del semestre di presidenza maltese del Consiglio dell'UE, alla presenza del primo ministro Joseph Muscat. "Il fatto che una trentina di eurodeputati partecipino a questo dibattito è una prova sufficiente che il Parlamento non è serio, e oggi volevo dirlo. Siete ridicoli, molto ridicoli", aveva detto l'ex primo ministro del Lussemburgo. "Se il signor Muscat fosse la signora Merkel o il signor Macron, la sala sarebbe piena", disse Juncker. Il Presidente del Parlamento, l'italiano Antonio Tajani, che presiedeva il dibattito, lo richiamò all'ordine, dicendogli di "comportarsi in modo più rispettoso". Lo scontro che ne seguì fu una sorpresa. "Non spetta alla Commissione controllare il Parlamento", disse Tajani. "Lei è ridicolo", replicò Juncker. "Non siamo ridicoli. Utilizzi un bagaglio diverso", sbottò Tajani. "Non parteciperò mai più a questo tipo di incontri. Il Parlamento deve rispettare i presidenti dei piccoli paesi", concluse Juncker, prima di rendere omaggio al lavoro della presidenza maltese.
Stato di diritto
Il PE chiede al Consiglio di procedere con l'articolo 7 contro l'Ungheria – Nella risoluzione che sarà adottata oggi dal Parlamento europeo, i deputati chiederanno anche al Consiglio di andare avanti con la procedura dell'articolo 7 del trattato per privare l'Ungheria del diritto di voto (e di veto). Il Parlamento “chiede al Consiglio europeo e agli stati membri di agire e determinare se l'Ungheria ha commesso violazioni gravi e persistenti dei valori dell'Ue secondo l'articolo 7(2)”, dice il testo. Per fare la constatazione basta una maggioranza di quattro quinti degli stati membri, dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo. Il ministro degli Esteri belga, Hadja Lahbib, ieri si è nascosta dietro il fattore tempo (l'avvicinarsi delle elezioni europee) per giustificare l'inazione. “Serve cooperazione e volontà di tutte le istituzioni. Posso solo far notare che il tempo lasciato a noi per muoverci su questo è molto breve in questo anno elettorale”.
Euro
Partenza sprint per il trilogo sulla riforma del Patto stabilità - Il Parlamento europeo ha approvato ieri la sua posizione sulla riforma del Patto di stabilità e crescita e i negoziati al trilogo con la presidenza belga del Consiglio sono iniziati pochi minuti dopo. Formalmente i due testi – quello del Parlamento e quello dell'Ecofin – sono molto distanti. I deputati, per esempio, chiedono un periodo di 10 anni per ridurre il debito e vorrebbero concedere ai governi molto più margine di manovra per fare investimenti. Il ministro delle Finanze belga, Vincent Van Peteghem, martedì ha riconosciuto che le posizioni del Parlamento europeo “sono molto diverse” da quelle dell'Ecofin. Con la legislatura che si sta chiudendo, i governi puntano a giocare sul fattore tempo per convincere il Parlamento europeo a cedere. “Abbiamo bisogno di un'intesa in poche settimane”, ha avvertito il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni, lanciando un appello allo “spirito di compromesso da parte di tutti".
Lagarde manda il primo segnale di un taglio dei tassi in estate - La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ieri ha inviato il primo segnale di un potenziale cambio di direzione sui tassi di interesse, annunciando che è "probabile" un taglio del costo del denaro già in estate. "A meno di un altro shock importante, abbiamo raggiunto un picco" sull'inflazione, ha detto Lagarde in un'intervista a Bloomberg a margine del World Economic Forum di Davos. Un taglio in estate "direi che è probabile. Ma devo essere cauta, perché stiamo anche dicendo che dipendiamo dai dati e che c’è ancora un livello di incertezza e alcuni indicatori non sono ancorati al livello in cui vorremmo vederli”, ha spiegato Lagarde. Nella lotta contro l'inflazione “siamo sulla strada giusta, stiamo andando verso il 2 per cento, ma a meno che e finché non saremo sicuri che sia sostenibile al 2 per cento – nel medio termine – e non avremo i dati per supportarlo, non canterò vittoria. Non ancora", ha aggiunto Lagarde.
"Osare" di nuovo il debito comune - A Emmanuel Macron piace scuotere i suoi partner europei. Da Davos, dove sta partecipando al World Economic Forum, il presidente francese ha invitato gli europei a fare più investimenti pubblici nelle "grandi priorità del futuro" nel 2024. E per farlo ha proposto loro di "osare di nuovo con gli Eurobond", l'emissione di nuovo debito comune, un tema molto delicato per la Germania e i Paesi "frugali". Serio o provocatorio, in un momento in cui gli europei non sanno come trovare 19 miliardi di euro per l'aumento imprevisto degli interessi sul loro primo grande prestito comune di 750 miliardi di euro per finanziare la ripresa economica minata da Covid?
Plenaria
Una legge che vieta il greenwashing sulle etichette - Il Parlamento ha dato ieri il via libera a una direttiva che migliorerà l'etichettatura dei prodotti, vietando l'uso di indicazioni ambientali ingannevoli. Il testo è stato approvato con 593 voti favorevoli, 21 contrari e 14 astensioni. L'obiettivo è proteggere i consumatori da pratiche commerciali ingannevoli e aiutarli a fare scelte migliori quando fanno acquisti. L'Ue ha aggiunto all'elenco delle pratiche commerciali vietate una serie di abitudini commerciali problematiche legate al greenwashing e all'obsolescenza precoce dei prodotti. Le nuove norme mirano a rendere l'etichettatura dei prodotti più chiara e affidabile, vietando l'uso di indicazioni ambientali generiche come "ecologico", "naturale", "biodegradabile", "neutro per il clima" o "ecocompatibile", se non sono dimostrate. L'uso delle etichette di sostenibilità sarà regolamentato, data la confusione causata dalla loro proliferazione e dalla mancanza di dati comparativi. In futuro, nell'Ue saranno consentiti solo i marchi di sostenibilità basati su sistemi di certificazione ufficiali o stabiliti da autorità pubbliche. Inoltre, la direttiva vieterà di dichiarare che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull'ambiente grazie a sistemi di compensazione delle emissioni.
Il PE chiede regole dell'Ue sullo streaming musicale - Il Parlamento europeo chiede regole europee per garantire che l'industria dello streaming musicale sia equa e sostenibile e promuova la diversità culturale. In una risoluzione adottata ieri con 532 voti favorevoli, 61 contrari e 33 astensioni, gli eurodeputati chiedono di porre rimedio allo squilibrio nell'assegnazione dei proventi del mercato dello streaming musicale, che attualmente lascia la maggior parte degli autori e degli interpreti con una remunerazione molto bassa. I deputati insistono sulla necessità di un nuovo quadro giuridico europeo per il settore. I deputati ritengono che i "tassi delle royalty pre-digitali" attualmente applicati debbano essere rivisti, condannando i cosiddetti sistemi di "payola" che costringono gli autori ad accettare entrate inferiori o nulle in cambio di una maggiore visibilità. I deputati propongono inoltre di "riflettere sulla possibilità" di imporre agli operatori della musica in streaming quote per le opere musicali europee.
Migranti
Amnesty denuncia le deportazioni di rifugiati del Caucaso in Russia - Le autorità degli stati europei devono immediatamente fermare il trasferimento di rifugiati e richiedenti asilo del Caucaso settentrionale in Russia, dove sono a rischio di tortura e altri maltrattamenti e potrebbero essere costretti a combattere nella guerra di aggressione russa contro l'Ucraina, dice Amnesty International. L'ong ha pubblicato una ricerca dal titolo "Europa: Il punto di non ritorno", nella quale rileva che le autorità di Croazia, Francia, Germania, Polonia e Romania hanno o hanno tentato di estradare o deportare richiedenti asilo fuggiti dalle persecuzioni nel Caucaso settentrionale per cercare asilo negli stati europei, negando loro il diritto alla protezione internazionale. Secondo Amnesty, a causa della loro identità religiosa ed etnica (ceceni, daghestani e ingusci di religione musulmana) i richiedenti asilo vengono considerati come “estremisti pericolosi” che rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale, giustificando il loro rimpatrio malgrado i rischi. Amnesty ricorda che per i paesi dell'Ue "il divieto di rimpatrio a rischio di tortura e altri maltrattamenti è assoluto e non ammette eccezioni, nemmeno per motivi di sicurezza nazionale. La base giuridica per i trasferimenti verso la Russia è spesso opaca o falsa, compreso l’uso di prove segrete fornite dai servizi di sicurezza e accuse infondate provenienti dalla stessa Russia".
Errata corrige - L'assenza di Charles Michel dal dibattito sul Consiglio europeo ieri era dovuta a una lombalgia acuta e non a una pubalgia, come abbiamo scritto erroneamente sul Mattinale. Ci scusiamo con i lettori e con Michel. E gli auguriamo una rapida guarigione.
Accade oggi
Parlamento europeo: sessione plenaria a Strasburgo (dibattiti sulla catastrofe ecologica della microplastica in Spagna; la politica comune della pesca; l'ecosistema marittimo)
Commissione: discorso del commissario Gentiloni alla sessione "Prevenire fratture economiche" al World Economic Forum di Davos
Commissione: il vicepresidente Schinas riceve i leader religiosi
Commissione: il commissario Breton partecipa a un'audizione al Senato francese sulla politica industriale europea
Commissione: la commissaria Simson ad Atene partecipa alla ministeriale del gruppo di Alto livello sulla connettività energetica dell'Europa centrale e sud-orientale
Parlamento europeo: la presidente Metsola in visita a Malta
Consiglio: riunione del Coreper II
Banca centrale europea: pubblicazione del resoconto della riunione del 13 e 14 dicembre del Consiglio dei governatori
Banca centrale europea: discorso della presidente Lagarde al World Economic Forum di Davos
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sull'indennità per ferie non godute in caso di dimissioni volontarie in Italia; sentenza sull'accesso alle informazioni, la libertà di espressione e informazione e gli incidenti aerei
Corte di giustizia dell'Ue: conclusioni dell'Avvocato generale nella causa Caixabank; conclusioni dell'Avvocato generale sull'abuso di posizione dominante di Intel
Comitato economico e sociale: sessione plenaria
Eurostat: bilancia dei pagamenti a novembre; produzione nel settore delle costruzioni a novembre
Nato: riunione del Comitato militare