Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann e Idafe Martín Pérez vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue. Oggi è Christian a prendere i comandi.
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Rutte prende il timone della Nato nel mezzo della tempesta con la Russia
Cambio della guardia alla Nato: l'olandese Mark Rutte assume oggi la carica di Segretario generale dell'Alleanza, sollevando il norvegese Jens Stoltenberg dopo “un decennio difficile”, segnato dal ritorno della guerra in Europa, dal confronto con la Russia, dal fallimento in Afghanistan e dalla prova della presidenza di Donald Trump, che rimane una fonte di incubi se dovesse tornare alla Casa Bianca dopo le elezioni di novembre.
Un ex primo ministro succede a un ex capo di governo. Questo era il requisito fissato da Washington. Per il resto, i due uomini sono molto diversi. Freddo e solido, il norvegese Jens Stoltenberg, a 64 anni, è proprio come il quartier generale dell'Alleanza a Bruxelles. Queste due qualità, in un momento di tensione e antagonismo con Mosca, hanno convinto i leader dei 31 paesi della Nato a chiedergli, nel giugno 2023, di prolungare il suo mandato alla guida dell'organizzazione per un altro anno, in assenza di un consenso sui contendenti alla sua successione.
E' stato necessario pregarlo, persino torcergli il braccio, per convincerlo ad accettare, perché il rinnovo doveva essere accettato di comune accordo. “Stoltenberg è il massimo comune denominatore in un contesto di forti divisioni e differenze sull'Ucraina”, ci ha spiegato un diplomatico europeo. “Stoltenberg non lo chiedeva, ma si è dimostrato solido nella crisi”, ha sottolineato. Il norvegese fa gli interessi degli Stati Uniti, piace ai turchi, i francesi hanno imparato ad apprezzarlo e fa comodo ai tedeschi. Gli europei dell'Est volevano il posto, ma sanno di dover aspettare. I britannici si sono messi fuori gioco uscendo dall'Ue con la Brexit.
Il posto di Segretario generale va a un europeo - gli Stati Uniti hanno il comando militare - e i membri dell'Ue, forti del loro numero (23 su 32 dopo l'adesione di Finlandia e Svezia) lo hanno assicurato a uno di loro. La scelta è caduta su Mark Rutte, 57 anni, liberatosi dopo la caduta del suo governo. L'uomo è sfuggente e al contempo facilmente avvicinabile. Ma, dietro il suo sorriso ironico, Rutte è tutt'altro che un dilettante. Membro del club dei “frugali” quando era a capo del governo olandese, è un negoziatore duro e fatica a nascondere i suoi modi populisti e sprezzanti, che gli sono valsi molte inimicizie nei paesi meridionali dell'Ue.
L'olandese ha dimostrato di possedere le qualità necessarie per l'incarico di fronte agli oppositori alla sua nomina. Ha giurato fedeltà al presidente turco Recep Tayyip Erdogan e ha concluso un accordo poco onorevole con il primo ministro ungherese, Viktor Orban, esonerando l'Ungheria da ogni sostegno all'Ucraina e autorizzando a condurre una “missione di pace” clientelare da Vladimir Putin, da cui acquista petrolio e gas. Orban sarà il problema principale di Rutte. La Nato è un'alleanza creata nel 1949, al culmine della guerra fredda con l'Urss, per garantire la difesa dei suoi membri. Tutti per uno, uno per tutti. Ma questo motto viene messo in discussione dal governo ungherese a causa della sua vicinanza a Putin. In caso di invasione russa, è improbabile che “l'Ungheria opponga resistenza”, ha dichiarato la scorsa settimana Balázs Orbán, uno stretto collaboratore del primo ministro. La dichiarazione ha raggelato l'atmosfera alla Nato e solleva la questione dello status dell'Ungheria all'interno dell'Alleanza. Mark Rutte dovrà rispondere rapidamente a questa domanda, che è stata elusa dal suo predecessore.
Il lavoro non è affascinante. L'Alleanza non ha soldi e poche risorse proprie. Dipende totalmente dai suoi Stati membri. Il Segretario generale ha ruolo che va dallo strizzacervelli al sensale. Deve parlare con tutti, ascoltare, trovare un terreno comune, allentare le tensioni, negoziare compromessi, non dire mai più di quanto sia stato autorizzato a comunicare e non mettersi mai al centro della storia. “Mark Rutte ha l'esperienza e il know-how necessari. Ha guidato governi di coalizione e sa come scendere a compromessi quando necessario”, ha sottolineato Jens Stoltenberg in una delle sue ultime apparizioni pubbliche durante il suo tour di addio. I due uomini si conoscono dal 2010 e Jens Stoltenberg ha dichiarato di avere “piena fiducia in lui”.
Nulla predisponeva il flemmatico norvegese a prendere nel 2014 le redini dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord, un'alleanza militare formata nel 1949 dagli Stati Uniti e da 11 Paesi europei per difendersi dall'Unione sovietica. Negli anni 1970, da adolescente, Stoltenberg lanciava pietre contro l'ambasciata americane per denunciare la guerra in Vietnam. Poi si è avvicinato ai circoli radicali ostili alla Nato e alla Comunità europea. Da ministro, ha protestato contro gli esperimenti nucleari francesi a Mururoa partecipando a una staffetta ciclistica Oslo-Parigi nel 1995.
A capo della NATO, Jens Stoltenberg ha dimostrato sia stile, sia personalità. Alto, atletico, con gli occhi azzurri e il linguaggio del corpo sobrio (la danza di Stolt), ha sopportato qualsiasi cosa. O almeno ha mai dato a vedere quando è stato in difficoltà. Ha dovuto convincere il burrascoso presidente degli Stati Uniti Donald Trump a non lasciare l'Alleanza. Ha dovuto resistere all'accusa di “morte cerebrale” mossa dal francese Emmanuel Macron in vista del vertice di Londra del 2019. E ha dovuto calmare le tensioni provocate dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan per preservare l'unità dell'Alleanza.
Il colpo più duro è arrivato quando gli americani hanno deciso di lasciare l'Afghanistan. Stoltenberg ha dovuto affrontare l'umiliazione del caotico ritiro delle truppe alleate e l'abbandono degli afghani ai talebani “vincitori”, dopo aver assicurato che non avrebbero “mai vinto con la forza delle armi”. L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 gli ha dato un rinnovato senso di responsabilità. Sapeva dai servizi segreti alleati che la guerra era in arrivo, ma come loro non pensava che gli ucraini avrebbero resistito. Tutti si aspettavano una rapida capitolazione. Il presidente Zelensky è rimasto e organizzato la resistenza. Jens Stoltenberg ha dovuto coordinare il sostegno all'Ucraina senza portare la Nato in una guerra con Mosca. Le linee guida sono state dettate da Washington, che ha assunto il controllo della gestione delle forniture di armi con la creazione del “Gruppo Ramstein” e ha imposto a Kyiv limiti all'uso delle armi.
Jens Stoltenberg lascia la Nato più forte e meglio armata per affrontare la Russia, ma l'Alleanza rimane politicamente fragile e dipendente dagli Stati Uniti. Mark Rutte è entrato in carica pochi mesi prima delle elezioni presidenziali e, sebbene la democratica Kamala Harris sembri in vantaggio nei sondaggi, Donald Trump non può considerarsi sconfitto. Il suo ritorno alla Casa Bianca getterebbe l'Alleanza nello scompiglio, dividerebbe gli europei e sarebbe un disastro per gli ucraini.
“La Nato è tutta muscoli, ma poco cervello. L'Unione Europea è composta da membri molto deboli guidati da molte teste”, ci ha detto un diplomatico di alto livello. Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto agli europei di riflettere sulla loro sovranità e come posizionarsi rispetto agli americani. La risposta di Stoltenberg: l'Ue non deve duplicare e competere con la Nato. Non ha le risorse, la sua industria è troppo frammentata. Ma il norvegese, allineato agli Stati Uniti, non risponde sulla questione del protezionismo di Washington o sulle paure di un disimpegno americano dall'Alleanza. Alla Nato, la linea è “dobbiamo mantenere gli americani nell'Alleanza e la Russia rimane il nemico. La Turchia non sta al gioco, ma deve restare dentro la Nato per ragioni geopolitiche”. Mark Rutte manterrà senza dubbio questa linea.
La frase
“Lo Stato di diritto non è intangibile né sacro”.
Il ministro dell'Interno francese, Bruno Retailleau.
Francia
Barnier già in modalità “sopravvivenza” - Il nuovo primo ministro francese, Michel Barnier, oggi farà la sua dichiarazione di politica generale all'Assemblea Nazionale. È già in gioco la sua sopravvivenza. Dipendere dal voto del Rassemblement National ha un prezzo. “Se Michel Barnier sposta l'equilibrio a sinistra e non rispetta certe regole, ci sarà una censura”, ha avvertito ieri Laurent Jacobelli, presidente del partito di estrema destra di Marine Le Pen. Il momento della verità arriverà in tempi brevi. Il Nouveau Front Populaire, l'alleanza di sinistra guidata dalla France Insoumise, ha annunciato che presenterà una mozione di censura. Chi voterà a favore? Michel Barnier è con le spalle al muro. Se il Rassemblement National voterà con la sinistra, il governo cadrà. Di conseguenza Barnier sta facendo di tutto per accontentare l'estrema destra. Ha richiamato all'ordine e sconfessato alcuni dei suoi ministri che si erano inimicati il partito di Marine Le Pen, ma si è guardato bene dal reagire ai commenti del ministro dell'Interno Bruno Retailleau sull'immigrazione e sulla sua concezione dello Stato di diritto. L'esagerato desiderio di Barnier di non inimicarsi l'estrema destra sta creando irritazione e disagio al centro. Se supererà il testo della dichiarazione di politica generale, sarà comunque solo una tregua. Fino alla votazione del bilancio del 2025 e delle sue misure fiscali. Barnier ha ammesso sabato di non sapere “per quanto tempo” sarebbe rimasto a Matignon.
Repubblica ceca
Fiala annuncia un rimpasto di governo - Il primo ministro, Petr Fiala, domenica ha annunciato di voler procedere a un rimpasto di governo entro due settimane, dopo che la sua coalizione è stata nettamente battuta dal partito ANO di Andrej Babis alle elezioni regionali del 20 e 21 settembre. Il Partito dei pirati potrebbe lasciare la coalizione che sostiene il governo, dopo che il suo leader Ivan Bartos è stato licenziato da Fiala come ministro dello sviluppo regionale per la gestione della digitalizzazione del settore delle costruzioni. Anche l'attuale ministro degli Esteri, Jan Lipavský, che si è profilato a Bruxelles come uno dei più solidi sostenitori dell'Ucraina, è membro del partito dei Pirati. Fiala ha promesso un chiarimento sulla coalizione domani e di procedere al rimpasto di governo entro due settimane. Le elezioni legislative si terranno entro ottobre del 2025. Secondo i sondaggi, il partito ANO è nettamente in testa nelle intenzioni di voto. Dopo aver lasciato il gruppo liberale di Renew al Parlamento europeo, Babis ha deciso di aderire ai "Patrioti per l'Europa" promossi da Viktor Orban.
Geopolitica
Borrell mantiene il silenzio europeo su Nasrallah - Mentre gli Stati Uniti hanno applaudito alla morte del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un bombardamento israeliano a Beirut, e il presidente Joe Biden si è spinto a dire che “giustizia” è stata fatta, i leader europei sono rimasti in un imbarazzante silenzio. Anche i francesi, il cui paese ha subito un attacco terroristico di Hezbollah nel 1983 che ha ucciso 58 paracadutisti. Ieri l'Alto rappresentante dell'UE Josep Borrell ha affermato che Israele “ha il diritto all'autodifesa, ma nel rispetto del diritto umanitario internazionale”. Borrell ha proseguito per diversi minuti parlando di aiuti umanitari, della necessità che le Forze armate libanesi abbiano il monopolio della forza nel paese, di Hezbollah e Israele che devono concordare e rispettare un cessate il fuoco immediato e dei preparativi consolari degli Stati membri per evacuare i cittadini europei se la situazione dovesse peggiorare. Non una parola su Nasrallah. In viaggio in Messico, Borrell ha convocato ieri i ministri degli Affari esteri dell'Ue per una riunione di crisi in videoconferenza sulla situazione causata dall'eliminazione di Nasrallah. Ancora una volta l'UE si riunisce per constatare la propria impotenza in Medio Oriente. Durante la notte Israele ha avviato un'operazione di terra "limitata" nel sud del Libano.
Post Brexit
Gli Stati membri vogliono tenere sotto controllo von der Leyen - Stupiti dall'annuncio improvviso dell'incontro tra Ursula von der Leyen e Keir Starmer per discutere del "reset" delle relazioni tra l'Unione europea e il Regno Unito, gli Stati membri ieri hanno lanciato un avvertimento alla presidente della Commissione, ricordandole che ciò che dice o propone deve essere discusso e concordato con i ventisette. La presidenza ungherese del Consiglio dell'Ue ha messo l'incontro nell'agenda della riunione degli ambasciatori di ieri. Alla Commissione è stata chiesto di fornire i dettagli dell'incontro e dei messaggi che saranno inviati. I governi hanno accolto positivamente il cambio di tono del governo Starmer e l'idea di un'agenda positiva e pragmatica. Ma ritengono che il "reset" debba essere una decisione collettiva, non un'iniziativa autonomia di von der Leyen. Per i governi la priorità è dare attuazione agli accordi esistenti, a partire dal rispetto dei diritti dei cittadini. Altri temi prioritari evocati da molti Stati membri durante la riunione di ieri del Coreper sono la sicurezza e la difesa, la mobilità giovanile, i controlli sanitari e fitosanitari, la cooperazione energetica e la pesca.
Euro
Inflazione sotto il 2 per cento in Germania, all'1 per cento in Italia - L'inflazione in Germania a settembre è scesa sotto il 2 per cento per la prima volta da tre anni e mezzo, aumentando le chance di un nuovo tasso dei tassi da parte della Banca centrale europea in ottobre. Dopo il picco del 11,6 per cento dell'ottobre 2023, l'inflazione a settembre è stata del 1,8 per cento, in calo rispetto al 2 per cento di agosto e al di sotto delle previsioni degli economisti. Anche il dato dell'inflazione in Italia - 1 per cento in settembre - incoraggia la Bce ad allentare ulteriormente la sua politica monetaria. "Gli ultimi sviluppi rafforzano la nostra fiducia che l'inflazione tornerà all'obiettivo (del 2 per cento) in modo tempestivo. Ne terremo conto nel nostro prossimo incontro di politica monetaria a ottobre", ha detto ieri la presidente della Bce, Christine Lagarde, davanti alla commissione Affari economici del Parlamento europeo. "Non aspetteremo fino a che tutto sarà al 2 per cento per ridurre i tassi", ha aggiunto Lagarde, commentando la persistenza dell'inflazione core e nel settore dei servizi.
Rapporto Draghi
Secondo Draghi, il bilancio dell'Ue non è sufficiente per gli investimenti - “Risorse proprie e contributi nazionali”, era stata la risposta di Ursula von der Leyen alla raccomandazione di Mario Draghi di debito comune dell'Ue per finanziare un piano di investimenti da 800 miliardi di euro l'anno. Tradotto: il bilancio dell'Ue. Ma è sufficiente? “E' l'1 per cento del Pil e le necessità sono il 4-5 per cento del Pil. E' troppo piccolo”, ha risposto Draghi ieri davanti al think tank Bruegel. E gli Stati membri? “Nessuno di loro ha capacità fiscale nei bilanci nazionali per finanziarlo”. Draghi ha stimato che il 50 per cento degli investimenti dovrebbe essere finanziato con fondi pubblici. Gli 800 miliardi, inoltre, sono “una stima relativamente conservativa perché non includono l'adattamento climatico, gli investimenti in istruzione e formazione di competenze, e molte altre cose”. Convincere i governi in tempi di nazionalisti e sovranisti non sarà facile. Ma “tutti i nostri paesi sono troppo piccoli per affrontare le dimensioni delle attuali sfide. Il concetto sovranità che è alla base di questo rapporto è la sovranità europea, non la sovranità nazionale. Tutto quello che vediamo oggi è che la sovranità nazionale è un concetto troppo debole”, ha avvertito Draghi.
Draghi si difende dall'accusa di protezionismo - L'ex presidente della Bce, Mario Draghi, ieri si è difeso dall'accusa di protezionismo e statalismo, dopo che il suo rapporto è stato criticato da alcuni economisti per le raccomandazioni su una politica industriale più assertiva. L'Ue è “l'economia più aperta al mondo” e, “se dovessimo fare come gli Stati Uniti, ci faremmo del male da soli”, ha detto Draghi. “Siamo diversi dagli Usa. Non possiamo costruire un muro protezionista e non saremmo in grado di farlo, anche se volessimo, perché ci faremmo del male da soli”, ha spiegato Draghi. “I nostri suggerimenti nel rapporto sono molto cauti, settore per settore, e indirizzati solo a restaurare la parità di condizioni”. Negli Stati Uniti e in Cina la competizione è spinta “dall'innovazione, ma anche da sussidi, politiche industriali, proprietà dello stato e altre pratiche”, ha ricordato Draghi. Inoltre, occorre ricordare che “le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio sono figlie di un mondo in cui c'era armonia geopolitica”. Oggi non è più così.
Vacca sacra
La Corte dei conti fustiga il poco verde dei piani nazionali della Pac - C’è un abisso tra i valori-obiettivo climatico-ambientali dell’Ue e i piani agricoli elaborati dagli Stati membri nell'ambito della riforma della Politica agricola comune, ha denunciato ieri la Corte dei conti dell'Ue in una relazione sui piani agricoli nazionali. Tutti gli Stati membri si sono avvalsi delle esenzioni per le condizioni agricole e ambientali. Alcuni hanno ridotto o ritardato l’applicazione delle misure verdi necessarie per ottenere i fondi dell’Ue. Nel complesso, gli auditor della Corte concludono che i piani nazionali della Pac non sono molto più ambiziosi sulla tutela ambientale rispetto al passato. Inoltre, in risposta alle proteste degli agricoltori di inizio anni, sono stati allentati alcuni requisiti di condizionalità (come la rotazione delle colture per migliorare la qualità del suolo) riducendo ulteriormente l’impatto verde dei piani nazionali. "L’impostazione della politica agricola comune è migliorata sotto il profilo ecologico. Tuttavia, rispetto al passato, non abbiamo riscontrato differenze sostanziali nei piani agricoli degli Stati membri", ha detto Nikolaos Milionis, il membro della Corte dei conti responsabile dell’audit. "La nostra conclusione è che le ambizioni climatico-ambientali dell’Ue non trovano sponda a livello nazionale e che mancano, inoltre, elementi chiave per valutare la performance ecologica".
Retroscena
Il professore di Ursula costa meno alla Commissione dei danni dei trattori - La scorsa settimana vi abbiamo raccontato delle polemiche per la decisione di Ursula von der Leyen di attribuire al professor Peter Strohschneider il massimo consentito per il suo ruolo di presidente del Dialogo strategico sul futuro dell'agricoltura. Le regole sui consiglieri speciali della Commissione prevedono il pagamento di un salario equivalente a quello di un funzionario di grado AD9, AD10 o AD12. Ma la presidente ha deciso di attribuire a Strohschneider il grado AD 16, con un tetto di 150 mila euro di compenso per otto mesi di lavoro. Secondo una nostra fonte, l'ammontare è comunque inferiore ai danni subiti dalla Commissione durante le manifestazioni degli agricoltori all'inizio dell'anno. Riparare i vetri del Berlaymont è costato più di 300 mila euro. Avere un presidente del Dialogo sull'agricoltura che è riuscito a trovare un consenso con gli agricoltori è stato un investimento. Strohschneider è riuscito a mettere d'accordo le organizzazioni agricole con gli altri attori della filiera agro-alimentare su un documento che contiene proposte di riforma della Pac che non saranno facili da digerire per il mondo agricolo.
Accade oggi
Nato: cerimonia del passaggio di consegne tra Jens Stoltenberg e il nuovo segretario generale Mark Rutte
Commissione: la presidente von der Leyen in Svizzera pronuncia un discorso per il 70esimo anniversario del Cern e incontra la presidente della Confederazione Viola Amherd
Commissione: il vicepresidente Sefcovic incontra Pascal Lamy, vicepresidente del Paris Peace Forum
Commissione: discorso della vicepresidente Jourova al Forum della sicurezza di Varsavia
Commissione: il commissario Hahn a Mumbai incontra il governatore della Banca di India, Shaktikanta Das
Commissione: il commissario Schmit a Berlino per il "Berlin Global Dialogue
Commissione: la commissaria Ivanova a Skopje partecipa all'Incontro ministeriale dei Balcani occidentali
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Banca centrale europea: discorso di Isabel Schnabel alla Conferenza organizzata da Bce, Fed di New York e Banca del Canada
Eurostat: stima flash dell'inflazione a settembre: dati sul trattamento dei rifiuti nel 2022