Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
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Solo gli ungheresi libereranno l'Ue dal problema Orban
Viktor Orban, il primo ministro ungherese, ha usato nuovamente il suo diritto di veto per compromettere il sostegno dell'Unione europea all'Ucraina. L'Ungheria ieri mattina ha confermato il suo “no” alla proroga delle sanzioni individuali che colpiscono i complici della guerra di aggressione di Vladimir Putin. Ieri mattina una riunione degli ambasciatori dei ventisette Stati membri si è conclusa con un nulla di fatto. Le sanzioni devono essere rinnovate ogni sei mesi. La presidenza polacca del Consiglio dell'Ue ha cercato una soluzione. “Stiamo lavorando a pieno regime per il piano A. C'è ancora tempo perché si materializzi”, ci ha detto una fonte della presidenza. “Non vogliamo speculare su piano B e C”. Il tempo stringe. Le sanzioni individuali scadono alle 23h59 di sabato. Un compromesso sembra essere stato trovato ieri sera. L'Ungheria potrebbe togliere il veto in cambio dell'uscita di tre oligarchi dalle liste nere dell'Ue. La presidenza polacca ha lanciato la procedura scritta per approvare il rinnovo delle sanzioni individuali. La certezza cii sarà questa mattina alle 10h00.
Non è la prima volta che Orban mette in discussione le misure restrittive dell'Ue contro la Russia. Già a gennaio Orban aveva minacciato di far saltare tutte le sanzioni settoriali, quelle che hanno permesso all'Ue di congelare 200 miliardi di euro di attivi sovrani russi, di imporre divieti di importazione ed esportazione e di tagliare la Russia fuori dai circuiti finanziari occidentali. All'epoca aveva ceduto all'ultimo momento. Questa volta Orban ha portato il resto dell'Ue sull'orlo del precipizio. Senza un compromesso sulla proroga, domenica gli oligarchi, i militari e i propagandisti russi potranno recuperare i loro soldi bloccati nei conti correnti e le loro ville e i loro yacht sotto sequestro. E potranno ricominciare a venire in vacanza nel vecchio continente.
Le sanzioni individuali toccano oltre 2.400 tra persone fisiche ed entità. Nelle liste nere dell'Ue ci sono Vladimir Putin e Sergey Lavrov, i membri della Duma di Stato russa e del Consiglio di sicurezza nazionale, ministri, governatori e personalità politiche locali come il sindaco di Mosca, alti funzionari e militari, comandanti del Wagner Group, imprenditori di spicco e oligarchi, propagandisti pro-Cremlino e anti-ucraini. Nell'elenco delle entità sono stati inseriti partiti politici, le forze armate e i gruppi paramilitari, banche e istituti finanziari, organizzazioni dei media, imprese del settore della difesa, dei trasporti, dell'energia, dell'informatica. Tra i sanzionati ci sono anche organizzazioni responsabili di programmi di rieducazione per bambini ucraini e della loro deportazione. Le sanzioni nei confronti di persone consistono in divieti di viaggio e congelamento dei beni. Le sanzioni nei confronti di entità consistono nel congelamento dei beni. E' vietato mettere a loro disposizione, direttamente o indirettamente, fondi o attività.
Le sanzioni individuali sono meno potenti delle sanzioni settoriali per minare lo sforzo di guerra di Putin in Ucraina. Alcuni ritengono che abbiano solo valore simbolico. Molte dei soggetti inseriti nelle liste nere non hanno conti correnti nell'Ue. Gli oligarchi hanno trovato altre mete di destinazione per le vacanze, in particolare nei paesi del Golfo, mentre spesso mogli e figli possono continuare a visitare Cipro, Marbella o Courchevel. Ma i ricorsi presentati da diversi oligarchi contro le sanzioni davanti alla Corte di giustizia dell'Ue dimostrano che le sanzioni individuali dell'Ue fanno male. Secondo il Consiglio dell'Ue, 24,9 miliardi di attivi privati sono stati congelati negli Stati membri. Una somma considerevole.
L'Ungheria sta usando la proroga delle sanzioni per salvare gli oligarchi di Putin che Budapest aveva accettato di inserire nella lista nera all'inizio della guerra. Orban ha chiesto di togliere dalle liste nere gli oligarchi Dmitry Mazepin, Alisher Usmanov (e la sorella Gulbaor Ismailova), Mikhail Fridman, Viatceslav Kantor, Pyotr Aven e Musa Bazhaev, più il ministro dello sport, Mikhail Degtyaryov. La presidenza polacca dell'Ue ha cercato di fare un gesto presentando alcuni altri nomi da togliere dalle liste (come quelli dei defunti). L'Ungheria ha insistito in particolare su Mikhail Fridman, che lo scorso anno ha fatto ricorso davanti a un tribunale in Lussemburgo rivendicando 15,8 miliardi di dollari di danni legati alle sanzioni.
Sul Mattinale Europeo abbiamo già spiegato che ci sono soluzioni per aggirare il veto di Viktor Orban sulle sanzioni rispettando il trattato. Gli altri Stati membri avrebbero potuto prorogare le sanzioni a maggioranza qualificata, ma sacrificando il proprio diritto di veto in futuro rischiando di perdere la possibilità di ottenere concessioni dagli altri ventisei. Avrebbero potuto decidere di ignorare il veto di Orban e mantenere in vita il regolamento attuativo (adottato a maggioranza) che stabilisce chi è nelle liste nere dell'Ue. Ci sono già precedenti in materia, in particolare per le sanzioni imposte a livello dell'Onu. L'atto di coraggio non c'è ancora stato, nonostante la retorica sul “fare tutto il necessario” per sostenere l'Ucraina. “Non si possono aggirare i trattati in alcuni casi, dove ci sono aree in cui c'è unanimità. Non c'è appetito per trovare trucchi giuridici per superare questo principio”, ci ha detto un diplomatico europeo.
Questo veto di Orban sulle sanzioni si aggiunge ai suoi veti sul processo di adesione dell'Ucraina, sugli aiuti economici a Kyiv, sul piano dell'Alto rappresentante, Kaja Kallas, per mobilitare 20 miliardi di euro di assistenza militare. Il problema Orban va oltre la Russia. Il premier ungherese è un stretto alleato di Donald Trump, con cui spera di concludere un accordo separato per risparmiare l'economia del suo paese dai dazi. Inoltre, è un difensore degli interessi della Cina nell'Ue: diverse dichiarazioni a nome dei ventisette di critica a Pechino sono state bloccate dall'Ungheria. La sua campagna per smantellare l'Ue ha preso la forma del partito dei “Patrioti per l'Europa”, che raggruppa i partiti dell'estrema destra anti europea. Lo smantellamento della democrazia in Ungheria è in corso da quando Orban è tornato al potere nel 2011 (era già stato primo ministro tra il 1998 e il 2022, ma come leader liberale e democratico).
Alcuni governi e molti deputati europei hanno evocato la possibilità di privare l'Ungheria del diritto di voto attraverso la procedura dell'articolo 7 del trattato per violazioni sistematiche dello stato di diritto. “Perché l'Ungheria di Orban ha ancora i diritti di voto nell'Ue? Non sono più nemmeno una democrazia”, ha scritto ieri su X l'europarlamentare verde Daniel Freund. Una maggioranza di governi non vuole ricorrere a quella che è considerata un'arma nucleare. “Non è nell'agenda del Consiglio europeo. Non penso che sia probabile che ci finisca. Sapete quali sono i passi del trattato per privare il diritto di voto. E' l'articolo 7. Non c'è un piano di portarlo al Consiglio europeo”, ha spiegato il diplomatico. Per attivare l'articolo 7 serve l'unanimità. Orban prevedibilmente otterrebbe la protezione del suo alleato filo russo slovacco, il primo ministro Robert Fico. Anche l'italiana Giorgia Meloni potrebbe obiettare, data la vicinanza ideologica al premier ungherese.
In mancanza di volontà politica per usare gli strumenti del Trattato, solo gli ungheresi possono liberare l'Ue dal problema Orban. La scadenza non è lontana, anche se non sufficientemente vicina per l'urgenza ucraina. Le elezioni in Ungheria si terranno nell'aprile del 2026. Mancano tredici mesi. I sondaggi per la prima volta disegnano uno scenario che potrebbe portare alla caduta di Orban. Peter Magyar, suo ex alleato nel partito Fidesz, a febbraio del 2024 se n'è andato denunciando la corruzione del governo e ha lanciato il suo partito politico: TISZA (Partito del Rispetto e della Libertà), che è entrato a far parte del PPE. Un sondaggio realizzato su 6.600 persone dall'istituto Iranytu attribuisce a Tisza il 44 per cento delle intenzioni di voto contrpo il 39 per cento di Fidesz, il partito di Orban. Dall'inizio dell'anno, anche altri istituti di sondaggi danno Magyar in testa con un margine tra il 2 e il 9 per cento.
Domani è la festa nazionale dell'Ungheria. Magyar ha convocato a Budapest un'enorme manifestazione per sfidare Orban. Sono attese circa 300 mila persone. “Ci riprenderemo il nostro paese”, ha assicurato Magyar. Il compito non sarà facile. La macchina della propaganda di Orban è attiva da diversi mesi per screditare Magyar. Il primo ministro ungherese ha in mano tutte le leve dello Stato e ha ridisegnato le circoscrizioni elettorali per favorire Fidesz. Contrariamente ai governi democratici al potere nell'Ue, sarà ben felice di “subire” l'influenza straniera della Russia o dell'Amministrazione Trump. Complice l'inazione ormai decennale dell'Ue, l'Ungheria ha già oltrepassato la linea della “autocrazia illiberale”, come l'ha definita il Parlamento europeo nel 2022. La Commissione e gli altri governi europei possono dare la colpa solo a sé stessi se il problema Orban li affliggerà ancora a lungo.
La frase
"Metteremo un dazio del 200 per cento su tutti i vini, Champagne e prodotti alcolici che vengono dalla Francia e da altri paesi dell'Ue”.
Donald Trump.
Geopolitica
Putin pone le sue condizioni per una tregua, Trump lo considera promettente - Il presidente russo, Vladimir Putin, ieri ha dichiarato che la Russia è pronta a sospendere i combattimenti, ma ha elencato una serie di condizioni e ribadito che la fine della guerra dipende dalla rimozione delle "cause profonde" del conflitto. L'idea di una tregua di 30 giorni "è corretta e certamente la sostengo, Ma ci sono questioni che dobbiamo discutere", ha detto Putin. Il leader russo esige che durante il periodo di cessate il fuoco l'Ucraina non possa riarmarsi né procedere a una mobilitazione, che l'esercito ucraino si arrenda a Kursk e che gli aiuti militari occidentali siano interrotti. Donald Trump ha risposto che le dichiarazioni di Putin sono "molto promettenti, ma non complete". Il presidente americano ha spiegato di essere pronto a parlare con il leader russo. Vedremo se la Russia darà il suo accordo. E se non lo farò, sarà un momento molto deludente". Trump è speranzoso che "faccia la cosa giusta". Il presidente americano ha parlato affianco a Mark Rutte, il segretario generale della Nato, che si è limitato a elogiarlo per aver “rotto lo stallo” sulla guerra in Ucraina.
Mark Rutte incontra Trump e abbandona la Groenlandia - Il presidente degli Stati Uniti ha rinnovato le sue mire sulla Groenlandia durante la conferenza stampa di ieri con il segretario generale della NATO Mark Rutte. "Questo accadrà. Capisci Mark, abbiamo bisogno di questo, è importante per la sicurezza internazionale. Molti attori sono presenti nelle acque della regione e dobbiamo stare attenti", ha sostenuto Trump. Mark Rutte non ha sollevato obiezioni né ha ricordato che la Groenlandia è un territorio autonomo della Danimarca, membro della NATO, l'alleanza di cui è segretario generale. "Riguardo alla questione se la Groenlandia si unirà o meno agli Stati Uniti, non voglio coinvolgere la NATO in questa faccenda", ha dichiarato Rutte. "Ma quando si parla dell'Artico, è vero che i cinesi sono presenti su questa rotta, che i russi sono attivi, che ci mancano i rompighiaccio. Il fatto che, ad eccezione della Russia, i paesi della regione (Norvegia, Danimarca, Islanda, Canada e Stati Uniti) lavorino insieme sotto la guida americana è molto importante", ha spiegato Rutte. Rutte è stato scelto per guidare la NATO perché ha imparato a lusingare Trump e a non contraddirlo mai o contrariarlo. Ma cedere uno dei suoi membri europei come sta facendo diventa problematico.
Riarmo
Gli Stati membri devono decidere sul Patto di stabilità entro aprile – I governi dell'Ue non avranno molto tempo per decidere se usare la possibilità offerta dalla Commissione europea di escludere l'aumento della spesa per la difesa dalle regole del Patto di Stabilità. Secondo una bozza del Libro bianco sulla difesa anticipata dall'agenzia di stampa italiana AGI, gli Stati membri saranno “invitati a richiedere l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale entro il prossimo aprile”. La Commissione intende chiedere ai governi di approvare “con urgenza” anche il regolamento che istituisce lo strumento SAFE per fornire agli Stati membri 150 miliardi di prestiti per le capacità militari. Il Libro bianco sulla difesa sarà adottato la prossima settimana. La Commissione si offrirà anche come coordinatore per gli acquisti congiunti, che raccomanda vivamente.
Nessuna opzione in più sui finanziamenti nella bozza del Libro bianco sulla difesa – Diversi governi si aspettano che con il Libro Bianco la Commissione presenti nuove opzioni di finanziamento, che vadano oltre il piano di riarmo da 800 miliardi di euro di Ursula von der Leyen, compreso uno strumento di debito comune simile a NextGenerationEU per fornire sussidi agli Stati membri per la difesa. Ma nella bozza del Libro bianco sulla difesa non c'è nulla. Il documento, che abbiamo ottenuto dopo l'AGI, almeno per il momento si limita a elencare le iniziative già annunciate: la clausola di salvaguardia nazionale, lo strumento di prestiti Safe, la possibilità di usare i fondi della coesione, il ruolo della Banca europea degli investimenti e quello dell'Unione dei mercati dei capitali. Il resto verrà con il prossimo bilancio 2028-2034 che "dovrebbe fornire un quadro ampio e robusto a sostegno della difesa dell'Ue per fornire prevedibilità e stabilità finanziaria nel lungo termine", dice il documento. Come? Con programmi per rafforzare l'industria della difesa, l'accelerazione della trasformazione industriale, l'approfondimento del mercato unico della difesa e un aumento della sovranità tecnologica europea. Tutto molto vago.
Un “Buy european” salvo in caso di necessità - La bozza del Libro bianco sulla difesa contiene anche indicazioni su come la Commissione intende trattare il tema del “Buy european”. Tra la Francia che insiste per la preferenza comunitaria e la Germania e i paesi nordici che lo escludono per ragioni di urgenza, Ursula von der Leyen opta per una via di mezzo. “I principali attori industriali al di fuori dell'Ue spesso impongono restrizioni di accesso ai loro mercati e cercano di potenziare la propria capacità produttiva in tecnologie critiche. In questo contesto, l'Ue dovrebbe considerare l'introduzione della preferenza europea negli appalti pubblici per i settori e le tecnologie strategiche legate alla difesa”, si legge nella bozza. La soluzione? I governi dovrebbero “in primo luogo cercare una soluzione all'interno dell'Ue; in secondo luogo, negoziare con fornitori europei, possibilmente con il supporto dell'Ue, per ridurre i prezzi e i tempi di consegna garantendo il livello di prestazioni necessario; in terzo luogo, per i sistemi di difesa per i quali non esiste una soluzione Ue con prezzi, tempi e prestazioni adeguati, gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di aggregare e consolidare la loro domanda verso aziende di paesi terzi che la pensano allo stesso modo, esigendo il pieno controllo”.
Guerra commerciale
Trump attacca l'UE e minaccia i suoi vini - "L'Unione Europea, una delle autorità fiscali e tariffarie più ostili e abusive al mondo, creata con il solo scopo di sfruttare gli Stati Uniti, ha appena imposto un dazio punitivo del 50% sul whisky. Se questa tariffa non verrà immediatamente rimossa, gli Stati Uniti imporranno presto un dazio del 200% su tutti i vini, champagne e prodotti alcolici provenienti dalla Francia e da altri paesi rappresentati dall'Unione Europea. Questa misura sarà molto vantaggiosa per le aziende del settore vinicolo e dello champagne negli Stati Uniti", ha annunciato ieri il presidente degli Stati Uniti in uno dei numerosi messaggi pubblicati sul social network Truth.
Von der Leyen aperta al negoziato – La Commissione ieri non ha voluto commentare le minacce di Trump di imporre dazi del 200 per cento sullo champagne e gli altri vini europei. Ma la presidente Ursula von der Leyen si è detta pronta a negoziati con l'amministrazione americana. "Non ci piacciono i dazi perché pensiamo che siano tasse e che siano negative per le imprese e per i consumatori”, ha detto von der Leyen. “Abbiamo sempre detto che, allo stesso tempo, difenderemo i nostri interessi. Lo abbiamo detto e dimostrato. Ma allo stesso tempo voglio anche sottolineare che siamo aperti ai negoziati”, ha assicurato la presidente della Commissione. “Il commissario al Commercio è in contatto con la sua controparte negli Stati Uniti e domani avranno una telefonata proprio su questo tema”. Il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, oggi avrà effettivamente una chiamata con il suo omologo negli Stati Uniti. Ieri il commissario all'Economia, Valdis Dombrovskis, ha avuto una conversazione in teleconferenza con il segretario al Tesoro, Scott Bessent, durante la quale ha sottolineato che i dazi americani avranno “un impatto economico negativo su entrambe le parti”.
Una lumaca causa del risentimento di Trump verso l'UE - Il presidente degli Stati Uniti ha spiegato i motivi del suo odio verso l'Ue durante una conferenza stampa dopo il suo incontro con il Primo Ministro irlandese. "Ho una proprietà, una grande proprietà in Irlanda. È uno degli hotel meglio valutati di tutta Europa. È magnifico. Doonbeg. È una magnifica tenuta di 240 ettari sull'oceano, e tutti lo sanno... l'Ue ha dovuto approvarlo... è stata un'esperienza molto negativa", ha raccontato. "Trump ripete questa storia da anni, al punto che abbiamo chiesto agli irlandesi di indagare sulla questione. Ci è stato risposto che si trattava di una questione locale che non aveva nulla a che fare con l'Ue", ha commentato l'ex ambasciatore francese negli Stati Uniti, Gérard Araud, su X. Il principale problema che Trump ha incontrato nella realizzazione del suo complesso alberghiero di lusso è stata la presenza di una minuscola lumaca, Vertigo angustior, il cui habitat è protetto dalla legislazione dell'Ue. Ma soprattutto, Trump ha avuto difficoltà con il consiglio della contea di Clare riguardo alla protezione del paesaggio e della fauna irlandese. Una minuscola lumaca e delle norme ambientali sono state sufficienti per alimentare un terribile rancore verso l'Ue.
Geoeconomia
Costa e von der Leyen promuovono l'alleanza con il Sud Africa - "È tempo di rafforzare la cooperazione dell'Unione Europea con il Sud Africa e di sbloccarne il pieno potenziale. Il vertice apre la strada a una relazione ancora più forte, con risultati concreti che la porteranno al livello superiore in termini di clima, infrastrutture e materie prime essenziali”, ha detto ieri il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, durante il Vertice Ue-Sud Africa con il presidente Cyril Ramaphosa. L'accento di entrambe le parti è stato messo sulla necessità di cooperare per rafforzare i legami di fronte agli sconvolgimenti provocati da Donald Trump. Nessuno ha pronunciato il nome del presidente americano, ma la sua presenza era evidente nei discorsi. Urusla von der Leyen ha annunciato l'avvio di negoziati “per un accordo commerciale di nuova generazione. Lo chiamiamo Partenariato per il commercio e gli investimenti sostenibili (Clean trade and investment partnership) e il Sudafrica sarà il primo paese a firmare questo accordo. Fondamentalmente, si concentra sugli investimenti nella transizione verso l'energia pulita, dall'idrogeno alle fonti rinnovabili”, ha detto von der Leyen.
Huawei Gate
Il Parlamento di nuovo al centro di un'inchiesta di corruzione, questa volta della cinese Huawei - Dopo il Qatar Gate ieri si è aperto il Huawei Gate. La procura federale belga ieri ha annunciato di aver condotto perquisizioni e arresti nell'ambito di un'inchiesta per sospetta corruzione a vantaggio del colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei che coinvolge il Parlamento europeo. La presidente Roberta Metsola è stata informata della situazione. Sono stati messi i sigilli agli uffici di due assistenti parlamentari, che lavorano per deputati del gruppo del PPE (gli italiani Fulvio Martusciello e Marco Falcone) e di quello liberale di Renew (il bulgaro Nikola Minchev). Secondo Follow the Money, Le Soir e Knack (i tre media che hanno rivelato l'inchiesta) il principale protagonista dello scandalo è il direttore delle relazioni con l'Ue di Huawei, Valerio Ottati. Anche lui in passato era stato assistente di due eurodeputati italiani. Nell'inchiesta sarebbero presi di mira una quindicina di deputati attuali e passati, che avrebbero beneficiato di regali, viaggi, inviti a partite di calcio e bonifici da migliaia di euro per influenzare le posizioni del Parlamento europeo a favore di Huawei.
Accade oggi
Servizio europeo di azione esterna: l'Alto rappresentante Kallas a Charlevoix in Canada per la ministeriale Esteri del G7
Commissione: il commissario Sikela in visita TagikistanCommissione: il commissario Kadis in in Italia visita San Benedetto del Tronto con il ministro Lollobrigida
Commissione: la commissaria Albuquerque a Madrid interviene alla conferenza “Finanziare il futuro dell’Europa, il ruolo del settore bancario”
Consiglio: riunione del Coreper II
Banca centrale europea: discorso di Piero Cipollone a un evento organizzato dalla Consob e dalla Bocconi
Eurostat: dati e flussi del mercato lavoro nel quarto trimestre; dati sulla mortalità e l'aspettativa di vita nel 2023