Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Non dimenticate di sostenere il Mattinale passando a un abbonamento a pagamento.
Trump versus Ue: in quale squadra gioca Giorgia Meloni?
Giorgia Meloni, il presidente del Consiglio italiano, è determinata a mostrarsi come un leader al centro dei giochi dell'Unione europea, proiettando l'immagine di una conservatrice, che difende gli interessi del suo paese, ma che affronta le relazioni con i partner europei con pragmatismo. Lo ha fatto anche ieri durante il Consiglio europeo. Ha presieduto una riunione di un gruppo di leader che vuole indurire ulteriormente le politiche migratorie. Ha dato il suo contributo al dibattito sulla competitività rivendicando un successo su semplificazione e neutralità tecnologica della transizione climatica. Ha assicurato che l'Italia continua a sostenere l'Ucraina. Ma l'impatto sull'Ue delle scelte di Donald Trump sull'Ucraina, del disimpegno americano dall'Europa e della guerra commerciale del presidente degli Stati Uniti mettono Meloni sempre più in difficoltà. Vicina ideologicamente a Trump, aspirante “ponte” nelle nuove relazioni transatlantiche, Meloni non ha ancora scelto tra l'Europa e il suo avversario americano. Diversi segnali puntano più in direzione di Washington che di Bruxelles.
Il 9 gennaio scorso, appena tornata da un viaggio a Mar-a-Lago in Florida per incontrare Trump appena rieletto ma non ancora insediato, Meloni aveva tenuto una rara conferenza stampa con toni trionfalistici. Con Emmanuel Macron e Viktor Orban era stata l'unica leader europea a incontrare Trump. Un riconoscimento della vicinanza ideologica coltivata sin dal 2017, durante il primo mandato, con il mondo MAGA. Meloni era stata rassicurante sulle intenzioni di Trump, nonostante le prime dichiarazioni ostili nei confronti dell'Europa e degli Ucraina. “Sul tema Groenlandia-Panama, io mi sento di escludere che gli USA nei prossimi anni si metteranno a tentare di annettere con la forza territori che interessano loro”, ha spiegato Meloni. “Io penso che le dichiarazioni di Trump siano più un messaggio ad alcuni grandi player, alcuni altri grandi player globali, piuttosto che rivendicazioni ostili nei confronti di quei paesi. Quanto all'Ucraina, Trump può “essere una persona può andare avanti nella soluzione? Penso di sì, ma non prevedo che questo significhi abbandonare l'Ucraina”, ha assicurato Meloni.
Tre mesi e dieci giorni dopo, le previsioni di Meloni si sono rivelate pie illusioni. Trump ha minacciato di prendere la Groenlandia con la forza. Usa gli strumenti della coercizione economica per cercare di sottomettere i paesi europei. Ha tradito l'Ucraina umiliando Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale alla Casa Bianca e – cosa peggiore – costringendo il presidente ucraino ad accettare le sue condizioni interrompendo le forniture militari e la condivisione dell'intelligence con l'Ucraina. Ha imposto dazi su alluminio e acciaio nonostante le offerte di negoziato da parte della Commissione e si prepara a imporre altri dazi generalizzati il 2 aprile. Il suo vicepresidente, J.D. Vance, ha lanciato una battaglia ideologica contro la democrazia europea e sostenuto apertamente l'estrema destra in Germania.
Dal 20 gennaio, giorno dell'inaugurazione di Trump, Meloni ha iniziato ad allontanarsi dal consenso europeo sui temi essenziali della relazione tra Ue e Stati Uniti. Sull'Ucraina Meloni ha preso le distanze e criticato la coalizione dei volenterosi lanciata dal presidente francese, Emmanuel Macron, e dal premier britannico, Keir Starmer, nell'ambito delle garanzie di sicurezza. La proposta è “complessa e rischiosa”, ha detto Meloni più volte. In ogni caso, “non è prevista la partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno”. Meloni ha lanciato un'altra proposta: estendere la garanzia di sicurezza dell'articolo 5 della Nato senza l'adesione dell'Ucraina. Lo ha ribadito anche ieri durante il Consiglio europeo. “E' un diversivo”, ci ha detto un diplomatico europeo: “Gli Stati Uniti hanno già detto che non forniranno una rete di sicurezza a truppe europee in Ucraina. Non hanno alcuna intenzione di estendere l'articolo 5 a Kyiv”.
Dopo l'umiliazione di Zelensky alla Casa Bianca, non c'è stata alcuna espressione di solidarietà pubblica da parte di Meloni. Al Consiglio europeo straordinario del 6 marzo, quando i leader europei hanno accolto il presidente ucraino per mostrare il loro sostegno dopo il tradimento americano, Meloni ha insistito per inserire nelle conclusioni del vertice un plauso ai negoziati di pace lanciati da Trump (la richiesta è stata respinta dagli altri capi di Stato e di governo). Il governo italiano si è opposto al piano presentato da Kaja Kallas per fornire 40 miliardi di euro di aiuti militari all'Ucraina. L'Italia è anche uno dei paesi europei che forniscono meno aiuti a Kyiv rispetto al Pil.
Sul piano di riarmo da 800 miliardi di euro presentato dalla Commissione a inizio, Meloni ha subito espresso le sue perplessità. Ha criticato la scelta del nome “ReArm Europe” perché rischia di spaventare i suoi cittadini. Le stesse critiche sono state rivolte all'iniziativa “Readiness 2030” di Ursula von der Leyen per prepararsi a una guerra tra cinque anni, perché sono “messaggi che stanno disorientando i cittadini europei, particolarmente quelli di nazioni che sono più lontane dai confini della Russia”, ha detto Meloni. Sui contenuti delle proposte, l'Italia è estremamente prudente, perfino frugale. Gli 800 miliardi? “Le risorse sono virtuali. E' una stima di quello che faranno gli Stati membri”, ha detto ieri Meloni. L'Italia non ha ancora deciso se attivare la clausola di salvaguardia nazionale per spendere l'1,5 per cento in più di Pil nella difesa, né se chiedere una parte dei 150 miliardi di prestiti dello strumento SAFE. “E' un dibattito che dobbiamo ancora aprire”, ha spiegato Meloni. In ogni caso la scadenza fissata dalla Commissione di aprile “è un tantino ravvicinata”.
Anche sulla guerra commerciale di Trump, Meloni ha espresso critiche nei confronti della Commissione quando ha annunciato una risposta di dazi su 26 miliardi di euro di esportazioni americane. "Non è saggio cadere nel circolo vizioso delle rappresaglie", ha detto il presidente del Consiglio italiano: “Non sono certa che sia un buon affare rispondere ai dazi con altri dazi”. Il timore di alcuni paesi è che Meloni cerchi di negoziare un trattamento di favore direttamente con Trump, chiedendogli di risparmiare alcuni prodotti italiani politicamente sensibili come quelli agro-alimentari.
A Bruxelles non c'è stata una rottura. Ma gli altri partner hanno notato che l'ambasciatore italiano presso l'Ue nelle discussioni su Trump insiste sempre sull'importanza di mantenere le relazioni transatlantiche. Meloni deve fare i conti anche con le divisioni interne alla sua maggioranza, con il leader della Lega, Matteo Salvini, pronto a sfruttare lo scontento anti guerra e a mostarsi più trumpista di lei. Gli altri ambasciatori hanno registrato tutti i segnali inviati da Meloni con una certa preoccupazione, ma non è stata registrata una rottura. “Non si sta comportando come Orban”, ci ha detto uno di loro.
Il rischio è di sottovalutare la propensione ideologica di Meloni per il MAGA di Trump. Nella conferenza stampa del 9 gennaio ha difeso le ingerenze di Elon Musk nella politica europea, ricorrendo alla retorica complottista contro George Soros. Intervenendo in videoconferenza al convegno ultraconservatore del CPAC il 22 febbraio, Meloni ha espresso il suo sostegno per il discorso di J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. L'Europa è stata "sacrificata sull'altare del wokismo, della burocrazia e del mercantilismo", ha detto il presidente del Consiglio italiano. “Il vicepresidente Vance stava parlando di qualcosa di più profondo: identità, democrazia, libertà di parola", ha aggiunto Meloni. Mercoledì, davanti al Parlamento, Meloni ha lanciato un virulento attacco contro il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, uno dei testi fondativi dell'Ue, scritto nel 1941 da due perseguitati dal fascismo.
Se Meloni sognava di essere un “ponte” con Trump, il presidente americano per ora non l'ha ascoltata. Non è nemmeno riuscita a fare da intermediaria per un incontro tra il presidente americano e Ursula von der Leyen. Macron, con cui Meloni ha un pessimo rapporto, è diventato il principale interlocutore europeo di Trump, in particolare sull'Ucraina. Mai sottovalutare la componente personale nelle relazioni politiche. Altri leader europei sono stati accolti alla Casa Bianca. Meloni ieri ha detto che presto anche lei ci andrà, ma che non era ancora in grado di annunciare una data. Più Trump agirà con avversario dell'Europa, più sarà difficile per Meloni nascondere il suo vero istinto sull'Europa.
La frase
“Dovremmo sfruttare la possibilità di prendere decisioni in politica estera nel Consiglio europeo con una maggioranza qualificata di due terzi invece che all'unanimità”.
Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz.
Geopolitica
Zelensky chiede di risolvere il problema Orban - Antonio Costa ha deciso di ignorare i veti di Viktor Orban e procedere a 26 sull'Ucraina. E' accaduto anche nel Consiglio europeo di ieri con una dichiarazione sottoscritta da i leader di tutti gli Stati membri tranne l'Ungheria. Ma l'Ue a 26 costituisce un problema per l'Ucraina e Volodymyr Zelensky lo sa bene. “È spiacevole dirlo, ma è necessaria anche una certa pressione all'interno dell'Europa stessa per garantire che tutto ciò che è stato promesso accada davvero”, ha detto il presidente ucraino nel suo intervento al Consiglio europeo. “Sto parlando dei colloqui di adesione dell'Ucraina all'Ue e della risoluzione di alcune questioni fondamentali per l'unità europea. È semplicemente antieuropeo quando una persona blocca decisioni importanti per l'intero continente o che erano già state concordate”, ha detto Zelensky. “L'Ucraina ha soddisfatto i requisiti, ma in questo momento ci sono serie difficoltà nell'aprire il primo e altri capitoli dei negoziati dell'Ucraina per l'adesione all'Ue”. E' Orban che blocca. L'Ungheria potrebbe compromettere anche gli aiuti finanziari dell'Ue all'Ucraina nel 2026. “Gli sforzi europei che dovrebbero portare più sicurezza e pace vengono costantemente ostacolati. E credo che questo sia sbagliato. L'Europa deve avere un modo per impedire ai singoli attori di bloccare ciò che è necessario per tutti”, ha detto Zelensky,
Von der Leyen e Costa scaricano Kallas e il suo piano - L'Alto rappresentante, Kaja Kallas, rischia di non riuscire nemmeno a far passare la versione più modesta del suo piano per sostenere militarmente l'Ucraina: non più 40 miliardi di euro di armi, ma 5 miliardi concentrati sulle munizioni. Diversi leader non hanno tolto la loro riserva nel Consiglio europeo di ieri. Anche Ursula von der Leyen ha preso le distanze. “Non è un piano della Commissione”, ci ha detto una fonte dell'esecutivo comunitario. Interrogato in conferenza stampa, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ha detto che, grazie agli strumenti messi a disposizione dal piano da 800 miliardi di euro di Ursula von der Leyen, “gli Stati membri aumenteranno il sostegno all'Ucraina”. Costa non ha menzionato il piano Kallas. Von der Leyen e Costa hanno ignorato anche l'appello di Volodymyr Zelensky. “Abbiamo bisogno di fondi per i proiettili di artiglieria e apprezzeremmo molto il sostegno dell’Europa con almeno cinque miliardi di euro il prima possibile”, ha detto il presidente ucraino.
Starmer si muove verso una coalizione in cielo e mare, Macron pensa ai peacekeepers dell'Onu - Il premier britannico, Keir Starmer, ieri ha fatto un passo indietro sull'invio di un contingente di volenterosi europei sul terreno in Ucraina per proteggere un accordo di pace. "Stiamo guardando al mare in uno scenario, il cielo, ovviamente terra e frontiere e rigenerazione", ha detto Starmer durante una riunione a Londra dei capi di stato maggiore di 21 paesi pronti a partecipare alla coalizione. Starmer ha insistito sul fatto che l'Ucraina ha le capacità, i numeri e l'esperienza sul campo di battaglia e va rafforzata per difendersi da sola. Secondo le nostre fonti, ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha escluso di inviare soldati di paesi europei sul terreno se la Russia non darà il suo accordo o non ci sarà una rete di sicurezza degli Stati Uniti. Macron sta testando la possibilità di un'improbabile forza di peacekeeping delle Nazioni Unite. "Ci sono discussioni su un contingente internazionale", ci ha detto una fonte europea. Macron ha annunciato che la prossima riunione della coalizione dei volenterosi si terrà a Parigi giovedì prossimo. “L'intero processo sarà finalizzato nei prossimi giorni”, ha detto il presidente francese.
Riarmo
Pedro Sanchez il pacifista - "Non mi piace il termine 'riarmo'. Penso che l'UE sia un progetto politico di soft power. Oggi abbiamo anche il dovere di hard power. Ma è essenziale mettere in risalto i nostri punti di forza in materia di soft power. Questa è la mia obiezione di principio al termine 'riarmo'". Il capo del governo spagnolo Pedro Sanchez ha mostrato ieri il limite della sua ambizione di contare all'interno dell'Unione Europea con una presa di posizione che riflette la fragilità della sua coalizione. La Spagna è lo Stato membro più riluttante ad aumentare le spese per la difesa perché i suoi alleati politici si rifiutano. Nel 2024, la Spagna destinava l'1,28% del suo PIL alla difesa, lontano dall'obiettivo del 2% concordato dagli alleati. "Gli spagnoli sono parassiti quando si tratta del sostegno dell'UE all'Ucraina e alla difesa", ha commentato un diplomatico europeo.
La strana alleanza Meloni e Sanchez contro “Rearm Europe” - Pedro Sanchez ha trovata una strana alleata durante il Consiglio europeo di ieri sul piano di riarmo di Ursula von der Leyen. Giorgia Meloni, primo ministro italiano di estrema destra, ha esattamente le stesse obiezioni del premier socialista spagnolo. Meloni ha criticato il nome “ReAmer Europe” scelto da von der Leyen. Ieri l'italiana ha chiesto alla presidente della Commissione di ampliare il concetto di spesa per la difesa. “Ho parlato con von der Leyen di cosa intendo per sicurezza e difesa per avere la certezza che le risorse che stiamo mettendo a disposizione possano essere utilizzate per la difesa dei confini, la cybersicurezza, le infrastrutture strategiche e le materie prime”, ha detto Meloni.
Gli europei sostengono una difesa europea indipendente - Un sondaggio pubblicato dalla rivista Le Grand Continent ha confermato i leader europei riuniti in Consiglio ieri e oggi a Bruxelles per promuovere una difesa europea indipendente dagli Stati Uniti. Il 70% delle persone intervistate in nove paesi – Germania, Francia, Italia, Spagna, Polonia, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Romania – ritiene che “l'Unione Europea debba contare solo sulle proprie forze per assicurare la propria difesa e sicurezza” contro solo il 10% che ritiene che “l'Unione Europea possa contare sugli Stati Uniti di Donald Trump per assicurare la propria sicurezza e difesa”. Una svolta è stata osservata in paesi profondamente atlantisti come la Germania (76%), la Danimarca (78%) e i Paesi Bassi (72%). Anche in Italia, dove Giorgia Meloni cerca di mantenere buoni rapporti con Washington, il sostegno a una difesa europea è maggioritario al 58%. È del 77% in Francia. La proposta di acquistare armi esclusivamente europee riceve un sostegno massiccio con il 71% di approvazione, ma l'entusiasmo scende al 43% per quanto riguarda l'aumento delle spese per la difesa al 5% del PIL, con un contrasto tra la Polonia, consapevole della minaccia russa (62%), e l'Italia, più scettica (19%). “Questo studio mostra ancora una volta che l'Europa si costruisce nelle crisi, di fronte a un elettroshock, in questo caso due elettroshock: prima Putin, e oggi Trump. Questo sondaggio mostra opinioni mobilitate, ma esprime anche una vera diffidenza verso i loro leader politici. Ora la pressione è su di loro: per essere all'altezza di una sfida storica”, commenta il cronista geopolitico Pierre Haski.
Preoccupazione della lobby militare americana - L'incertezza sulla affidabilità dell'alleato americano con un presidente pronto a “pattuire” con il nemico russo ha scatenato un movimento di diffidenza, se non di rifiuto, per gli armamenti americani. Il costruttore Lockheed Martin si è lanciato in una campagna per difendere il suo F-35, l'aereo da combattimento di quinta generazione, che potrebbe rimanere a terra se l'amministrazione americana vietasse la fornitura dei suoi equipaggiamenti e componenti. Il Pentagono ha formalmente negato di avere la capacità di disattivare a distanza gli aerei da combattimento F-35 e Lockheed Martin ha assicurato: “Non c'è nessun interruttore di spegnimento (kill switch) a bordo dell'aereo”. Ma il dubbio si è insinuato. “Non so se c'è un interruttore di spegnimento nei F-35. Ovviamente non possiamo crederti sulla parola. Come uno dei decisori dietro l'acquisto degli F-35 da parte della Danimarca, me ne pento”, ha dichiarato il deputato danese Rasmus Jarlov, presidente della commissione difesa al Parlamento. “Gli Stati Uniti possono sicuramente neutralizzare gli aerei interrompendo semplicemente la fornitura di pezzi di ricambio. Vogliono rafforzare la Russia e indebolire l'Europa, e mostrano di essere disposti a infliggere enormi danni ad alleati pacifici e leali come il Canada, semplicemente perché persistono nell'esistere come paesi”, ha accusato il deputato. “Pertanto, l'acquisto di armi americane rappresenta un rischio per la sicurezza che non possiamo correre. Investiremo massicciamente nella difesa aerea, negli aerei da combattimento, nell'artiglieria e in altre armi nei prossimi anni, e dobbiamo evitare il più possibile le armi americane. Incoraggio i nostri alleati e amici a fare lo stesso”, ha concluso Jarlov. Un movimento è in corso nell'Unione Europea e tra i paesi della NATO per rivalutare i progetti di acquisto dei F-35. Lockheed Martin ha annunciato a gennaio un portafoglio ordini di 408 velivoli F-35.
L'Ue blinda la sua difesa, ma non chiude la porta - La Commissione Europea ha presentato mercoledì il suo piano Rearm Europe e le condizioni per accedere ai 150 miliardi di prestiti dell'iniziativa SAFE. “I mezzi finanziari dell'Unione Europea devono permettere all'industria europea di fornire capacità. La preferenza data all'industria della difesa europea è normale”, ha spiegato un responsabile europeo. Digrignare i denti: “L'Ue esclude Stati Uniti, Regno Unito e Turchia dal fondo di riarmo da 150 miliardi di dollari”. Questa non è la realtà. “Se paesi terzi come Stati Uniti, Regno Unito e Turchia volessero partecipare all'iniziativa, dovrebbero firmare una partnership di difesa e sicurezza con l'Ue. La porta non è chiusa, ma è necessario un accordo”, ha spiegato la Commissione. La Norvegia, come gli altri membri dello Spazio Economico Europeo, non è interessata perché è legata all'UE da un trattato e versa un contributo. Il Regno Unito è stato uno dei fondatori dello Spazio economico europeo, abbandonato con l'adesione all'Ue, e ora i britannici devono ristabilire i rapporti con i loro vecchi partner, rinnegati con la decisione della Brexit. Il Regno Unito è molto impegnato nella nuova Europa della difesa e il vertice con il primo ministro Keir Starmer a maggio dovrebbe permettere la ripresa di una partnership con l'Ue nei settori della sicurezza e della difesa. I partner europei del Regno Unito sono favorevoli.
Guerra commerciale
Von der Leyen rinvia la risposta ai dazi di Trump su alluminio e acciaio - La Commissione ieri ha deciso di rinviare la riattivazione delle contromisure commerciali del 2018 e del 2020 in risposta ai dazi su alluminio e acciaio imposti da Donald Trump il 12 marzo. Quel giorno Ursula von der Leyen aveva annunciato la riattivazione dei dazi europei che erano stati imposti nel 2018 e sospesi a seguito di un accordo con Biden su un valore di merci americane pari a 6,4 miliardi di euro. I vecchi dazi europei sarebbero dovuti rientrare in vigore il primo aprile, ma la Commissione ha deciso di spostare la data a metà aprile. La ragione ufficiale è "allineare il calendario" per i vecchi dazi alle nuove contromisure che l'Ue introdurrà entro fine ad aprile. In questo modo la Commissione potrà "consultarsi con gli Stati membri su entrambe le liste simultaneamente. Questo fornisce tempo addizionale per discussioni con l'Amministrazione americana", ha detto un portavoce della Commissione.
Prima lo Champagne - La decisione di Ursula von der Leyen di rinviare i dazi contro le prepotenze di Trump segna il primo passo indietro da parte della Commissione nel braccio di ferro commerciale con la nuova amministrazione. Contrariamente a Canada e Messico, che hanno costretto Trump a fare due volte marcia indietro sui dazi, l'Ue sembra inviare un segnale di debolezza. Alcuni Stati membri non sostengono una linea della fermezza per paura di altri dazi di rappresaglia da parte di Trump. Giorgia Meloni si è detta contraria alle "ritorsioni" a colpi di dazi e contromisure. Il primo ministro francese, François Bayrou, ha attaccato direttamente la Commissione, dopo che Trump ha minacciato rappresaglie contro lo Champagne e i vini europei con dazi al 200 per cento a causa dei dazi dell'Ue sul whisky americano. "Sono stati commessi errori grossolani? Probabilmente sì, perché il bourbon del Kentucky è stato inserito come se fosse una minaccia commerciale, perché abbiamo preso una lista molto vecchia senza rileggerla attentamente", ha detto Bayrou il 16 marzo.
I settori che Trump è pronto a colpire nella prossima fase della guerra commerciale - Maros Sefcovic, il commissario al Commercio, ieri ha avvertito che il 2 aprile l'Ue si troverà di fronte a una nuova salva di dazi di Donald Trump, nel momento in cui la sua Amministrazione sta pensando di includere l'Iva e la regolamentazione dell'Ue nei calcoli sui "dazi di reciprocità" promessi dal presidente americano. In un'audizione al Parlamento europeo, Sefcovic ha indicato diversi settori che Trump potrebbe colpire perché ritiene che la relazione commerciale è squilibrata: automobili, semiconduttori, legno e prodotti farmaceutici. Sefcovic ha sottolineato che c'è un altro problema all'orizzonte. "Se gli Stati Uniti imporranno dazi a tutto il mondo, saremo esposti in modo enorme a possibile diversione commerciale", ha spiegato il commissario. Secondo Sefcovic, l'Ue dovrà "proteggere i nostri lavoratori e le nostre imprese" da un'invasione di prodotti dalla Cina e altri paesi, che originariamente erano destinati all'America.
Geoeconomia
La Commissione indaga sull'impianto della cinese BYD in Ungheria - Lo scoop è del Financial Times. La Commissione ha avviato un'indagine ai sensi del regolamento sui sussidi stranieri per verificare se la Cina ha fornito aiuti illegittimi per uno stabilimento per l'assemblaggio di veicoli elettrici di BYD in Ungheria. Se l'esito fosse positivo, la Commissione potrebbe costringere BYD a vendere attività, ridurre la capacità, rimborsare gli aiuti ricevuti e pagare una sanzione. L'indagine è potenzialmente esplosiva non solo per le relazioni dell'Ue con Pechino, ma anche per quelle con Budapest. Viktor Orban ha fatto della Cina uno dei principali investitori del paese, difendendo gli interessi di Pechino nell'Ue. Un quarto degli investimenti cinesi nell'Ue finisce in Ungheria. Quello dello stabilimento BYD dovrebbe arrivare a 4 miliardi di euro. Secondo il Financial Times, lo stabilimento è stato costruito con manodopera cinese e utilizzato principalmente per assemblare parti importate, tra cui le batterie, creando scarso valore economico per l'Ue.
PieperGate
Von der Leyen cancella il posto di Inviato dell'Ue per le PMI – Ricordate il PieperGate? Era lo scandalo che il Mattinale Europeo ha svelato sulla nomina di Ursula von der Leyen del suo compagno di partito della CDU, l'ex europarlamentare Markus Pieper, a Inviato dell'Ue per le Piccole e Medie Imprese, nonostante un'altra candidata fosse stata giudicata più competente e adeguata dai valutatori esterni e dal commissario competente. Von der Leyen aveva annunciato con enfasi la creazione dell'incarico nel suo discorso sullo Stato dell'Unione del settembre del 2013 perché le PMI dovevano diventare una priorità. La presidente della Commissione usò lo stesso argomento per confermare la nomina di Pieper dopo lo scandalo. Il Parlamento reagì con una mozione di critica e alla fine Pieper rinunciò all'incarico nella primavera del 2014. Von der Leyen annunciò che avrebbe proceduto con una nuova selezione in autunno. Mercoledì la Commissione ha deciso di sopprimere dal suo organigramma la funzione di Inviato dell'Ue per le PMI come consigliere Hors-Classe. La priorità di von der Leyen, evidentemente, non erano le PMI ma Markus Pieper.
Accade oggi
Commissione: il commissario Brunner a Zurigo incontra il capo del dipartimento della Giustizia della Svizzera, Beat Jans
Commissione: la commissaria Roswall a Roma
Eurostat: bilancia dei pagamenti a gennaio; dati sulle cause di morte nel 2022; dati su matrimoni e divorzi ne 2023
Meloni non sarà mai un interlocutore privilegiato di Trump per lo stesso motivo per cui lui non riceverà VDL: Meloni è donna. Una forma americana di "maschilismo intrinseco" è uno degli ingredienti fondamentali del consenso a Trump. Lui lo sa istintivamente per cui farà di tutto per non rapportarsi mai in pubblico con una donna su un piano di "parità di potere". A maggior ragione non lo farà se questa donna è primo ministro di un paese che non è potenza economica, non ha armi nucleari e non viene percepito come rilevante dalla maggior parte dell'elettorato Maga. Forse potremmo vedere Orban o Tusk alla Casa Bianca ben prima di Meloni. Se fosse Salvini il primo ministro forse l'incontro ci sarebbe già stato. Giorgia ha un bel problema col suo socio di governo.