Un nuovo Patto di stabilità più complicato di quello vecchio
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Un nuovo Patto di stabilità più complicato di quello vecchio
Comunque vadano i negoziati sulla revisione della governance economica all'Ecofin di oggi, il nuovo Patto di stabilità e crescita sarà più complicato di quello vecchio. Uno dei principali obiettivi della riforma era quello di rendere le regole fiscali dell'Unione europea più semplici e comprensibili. Basta con valori di riferimento incerti e astrusi, come l'aggiustamento strutturale di bilancio che dipende dalla crescita potenziale. Stop alla discrezionalità eccessiva per la Commissione attraverso forme di flessibilità introdotte per ragioni politiche. Secondo la proposta originaria della Commissione, le nuove regole dovrebbero servire a far scendere progressivamente il debito, preservando gli investimenti pubblici. Invece, a forza di concessioni alla Germania e ai paesi frugali. la bozza di compromesso sul tavolo dei ministri delle Finanze è diventata strada facendo sempre più rigida, complessa e austera.
La prova? La minaccia lanciata ieri dal ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, di non dare il via libera a un eventuale accordo. “Il nuovo Patto di stabilità non lo facciamo per la bellezza delle regole”, ha detto Le Maire a un gruppo di giornalisti, spiegando di voler “difendere l'idea di un Patto rivolto verso il futuro, non verso il passato”. La Francia dice no a “tornare a regole che sono obsolete”, “irrealistiche” e che "non sarebbero mai applicate”. Le Maire ha sottolineato di aver fatto molti passi in direzione della Germania, in particolare sulla riduzione del debito dell'1 per cento l'anno e la salvaguardia per avere il deficit all'1,5 per cento. Con il suo omologo tedesco, Christian Lindner, ci sono state cinque riunioni e un numero incalcolabile di telefonate. “La Francia ha fatto dei movimenti significativi in direzione delle preoccupazioni tedesche”, ha detto Le Maire. Ma la Germania non ha ceduto quasi nulla. Conclusione: “resta una linea rossa che la Francia non supererà”.
La linea rossa di Le Maire è preservare “un incitamento a investire e fare riforme strutturali per tutti gli stati membri dell'Ue quale che sia la loro situazione finanziaria”. Tradotto, la Francia vuole uno sconto sullo sforzo strutturale da realizzare quando sarà sotto procedura per deficit eccessivo. “Accettiamo un aggiustamento dello 0,5 per cento di strutturale per i paesi sotto procedura, ma rivendichiamo una flessibilità affinché gli stati che investono e fanno riforme strutturali quando sono sotto procedura possano avere un aggiustamento che sia più limitato”, ha detto Le Maire: “Non vogliamo che per quattro anni la decina di paesi sotto procedura per deficit eccessivo non siano in grado di fare investimenti e riforme strutturali”. Fonti di Bercy hanno spiegato che lo sconto richiesto è dello 0,2 per cento del pil rispetto allo sforzo strutturale dello 0,5 per cento l'anno. Ma i paesi frugali ritengono che, poi, ci vorrebbe troppo tempo per tornare sotto il 3 per cento di deficit.
L'altro ostacolo a un'intesa era la richiesta dell'Italia di usare come parametro di riferimento per l'aggiustamento strutturale il saldo primario, al netto degli interessi sul debito. Una richiesta inaccettabile per Germania e Paesi Bassi, che a forza di salvaguardie e garanzie hanno reso il nuovo Patto di stabilità molto più rigido della proposta originaria della Commissione. Più semplice? “Sarà più attuabile”, ci ha detto un alto funzionario dell'Ue, riconoscendo che le nuove regole sono decisamente complicate. Ma la storia degli ultimi due decenni insegnano che, quando le regole sono troppo complicate e troppo rigide, il vero rischio è che il Patto sia semplicemente ignorato.
La frase
“Gli investimenti non sono una scelta, sono un obbligo. Se l'Europa non fa questi investimenti, l'Europa uscirà dalla corsa del 21o secolo. Non potrà gareggiare con Stati Uniti, Cina, India e le potenze emergenti. E' ora che si giocano i prossimi tre decenni della Francia e dell'Europa”.
Bruno Le Maire, ministro delle Finanze della Francia, annunciando le sue linee rosse sulla revisione della governance economica dell'Unione europea
Sanzioni
L'Ue è divisa sulle sanzioni contro i coloni israeliani - Gli europei sono preoccupati per le violenze commesse contro i palestinesi dagli estremisti ebrei negli insediamenti della Cisgiordania occupata. Ma sono così divisi su tema da non essere in grado, almeno per il momento, di seguire le sanzioni adottate dagli Stati Uniti contro i coloni. Un aggiornamento sulla violenza in Cisgiordania e sulle sue conseguenze è previsto per la riunione dei ministri degli Esteri dell'11 dicembre a Bruxelles. Ma "non discuteranno di sanzioni", ha avvertito il portavoce di Josep Borrell. Il capo della diplomazia europea sa quanto sia difficile raggiungere un consenso tra i 27. Per decidere sulle sanzioni serve l'unanimità. E questo è impossibile da raggiungere. La Francia ha annunciato l'intenzione di "assumersi le proprie responsabilità" e sta valutando di adottare misure a livello nazionale per vietare i visti d'ingresso in Francia e congelare i beni. Il Belgio sta seguendo la stessa linea. Di fronte alla crisi in Medio oriente, l'Ue continua a muoversi in modo disordinato.
Trilogo
Oggi un'altra maratona sull'Intelligenza artificiale - Una prima maratona di 22 ore di negoziati tra la presidenza spagnola del Consiglio dell'Ue e i rappresentanti del Parlamento europeo non è stata sufficiente per concludere un accordo sul regolamento sull'Intelligenza artificiale. A metà della giornata di ieri i negoziatori hanno deciso di prendersi una pausa. Le trattative riprenderanno questa mattina alle nove. Secondo il commissario al Mercato interno, Thierry Breton, sono stati comunque realizzati “molti progressi”.
Follow-up
Ventisei contro Orban sull'Ucraina - Viktor Orban ieri è stato ospitato a cena da Emmanuel Macron. Il presidente francese ha cercato di capire quali siano le reali intenzioni del premier ungherese, che ha minacciato di far fallire il Consiglio europeo sul sostegno dell'Ue all'Ucraina. A Bruxelles, alcuni sono ancora convinti che Orban stia bluffando. La Commissione la prossima settimana dovrebbe scongelare 10 miliardi di euro per l'Ungheria, che erano stati bloccati per le violazioni dello stato di diritto. Il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha avuto una conversazione telefonica con il con consigliere di Volodymyr Zelensky, Andriy Yermak, durante la quale si è ipotizzato un incontro tra Orban e il presidente ucraino. Un ambasciatore di un grande paese si dice convinto che dopo il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre si sbloccheranno tutte le principali decisioni a favore dell'Ucraina: negoziati di adesione, aiuti finanziari da 50 miliardi di euro, European Peace Facility per continuare ad acquistare le armi e dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Il piano B è fare tutto questo – o quasi – a ventisei.
Il giorno della verità per Calvino alla Bei - Questa mattina all'Ecofin, il ministro delle Finanze spagnolo, Nadia Calvino, saprà ufficialmente se diventerà il prossimo presidente della Banca europea degli investimenti. Calvino è chiaramente la favorita. Lunedì scorso solo l'Italia si è opposta alla sua nomina, dopo che il ministro delle Finanze belga, Vincent Van Peteghem, aveva chiesto agli stati membri se ci fossero obiezioni alla candidatura di Calvino. La spagnola raccoglierebbe il 68 per cento dei voti rispetto al capitale detenuto della Bei necessario per essere eletta. Diverse fonti diplomatiche ci hanno spiegato che l'Italia non ha la possibilità di bloccare Calvino. Resta da vedere se altri paesi si allineeranno all'obiezione italiana. Oltre al 68 per cento del capitale, a Calvino serve anche il voto di 18 stati membri.
Soldi
La zona di atterraggio sul bilancio è ancora lontana per la Germania - L'ultima “Negobox” della presidenza spagnola sulla revisione del quadro finanziario pluriennale non ha portato a una svolta. La Germania ritiene che i tagli nella proposta di compromesso non siano sufficienti per avvicinarsi a una “zona di atterraggio”. Il governo di Olaf Scholz è pronto a mettere mano al portafoglio per finanziare la Facility per l'Ucraina. Ma su tutto il resto – fondi per l'immigrazione e la politica estera, interessi sul debito contratto da NextGenerationEu, risorse per l'industria – insiste per procedere a un “redeployment”, senza costringere i paesi contributori netti a inviare altri contributi nazionali a Bruxelles. La sesta “Negobox” prevede risorse fresche per un ammontare pari a 34,2 miliardi per i prossimi quattro anni.
Accade oggi
Ecofin
Consiglio Competitività (Ricerca e Spazio)
Commissione: la vicepresidente Suica a Dubai partecipa alla Cop28
Commissione: la commissaria Johansson a Mito, in Giappone, per la riunione dei ministri dell’Interno e della sicurezza del G7
Parlamento europeo: conferenza stampa pre plenaria
Eurostat: dati sulla protezione temporanea in ottobre; dati sull'uso dell'Ict e dell'e-commerce nelle imprese nel 2023