Buongiorno! Sono David Carretta e con Christian Spillmann vi proponiamo il Mattinale Europeo, uno strumento per offrire analisi, contesto e prospettiva a chi è interessato all'Ue.
Viktor Orban, il perturbatore in capo dell'Ue
Viktor Orban forse non riuscirà a realizzare il suo sogno di creare un gruppo unico con tutti i partiti nazionalisti e di estrema destra al Parlamento europeo, ma il premier ungherese sta consolidando la sua posizione di “perturbatore in capo” dell'Unione europea nel momento in cui si prepara a prendere le redini della presidenza del Consiglio dal primo luglio prossimo. Dal sostegno all'Ucraina all'adozione dell'Agenda strategica, l'Ungheria rappresenta una minaccia costante all'unità dell'Ue e alla sua capacità di agire in modo efficace. Periodicamente, colto dall'esasperazione, uno o l'altro stato membro invoca l'uso dell'arma “nucleare” contro Orban: usare l'articolo 7 del trattato sulle violazioni dello stato di diritto per privare l'Ungheria del diritto di voto e dunque di veto. Ma nessuno finora ha avuto il coraggio di schiacciare il bottone. Beneficiando di un'impunità di fatto, Orban sta facendo emuli pronti a erodere l'Ue dall'interno. In caso di arrivo al governo del Rassemblement National in Francia, la paralisi è una prospettiva molto concreta.
L'Ucraina è forse il miglior esempio dei danni provocati dal perturbatore Orban. Ieri i ministri degli Esteri dell'Ue sono riusciti a trovare un trucco giuridico per aggirare il suo veto all'uso dei proventi straordinari degli attivi russi congelati (1,4 miliardi di euro) per fornire armi all'Ucraina. Ma l'Ungheria continua a bloccare 7 miliardi di euro della European peace facility stanziati a Kyiv (2 miliardi servono a rimborsare gli altri stati membri per le forniture passate, 5 miliardi dovrebbero permettere di comprare equipaggiamento militare nel 2024) nonostante Orban avesse accettato l'accordo politico a marzo. Oggi ci sarà la conferenza intergovernativa per lanciare formalmente i negoziati di adesione tra l'Ucraina e l'Ue. Ma il primo ministro ungherese ha già fatto sapere che metterà il veto sull'apertura di capitoli negoziali, attesa durante il semestre della sua presidenza. Sull'Ucraina, ogni volta che l'Ungheria accetta di fare un passo avanti, poi fa un passo indietro, rimangiandosi decisioni e impegni. L'Ue accumula ritardi e perde più tempo a cercare una soluzione ai problemi interni creati da Orban che ad agire concretamente per aiutare l'Ucraina.
Il Consiglio Affari generali di oggi a Lussemburgo terrà la sua rituale audizione dell'Ungheria nell'ambito della procedura dell'articolo 7. Al ministro ungherese sarà chiesto di spiegare cosa è stato fatto nell'ultimo anno per migliorare lo stato di diritto. La Commissione farà un rapporto orale. Gli altri ministri potranno fare domande. Ma l'ipotesi di passare alla fase successiva della procedura non sarà sul tavolo del Consiglio Affari generali. A febbraio, quando per alcune settimane Orban aveva bloccato un prestito dell'Ue da 50 miliardi di euro all'Ucraina, la Lettonia aveva chiesto di procedere. A inizio giugno il ministro degli Esteri del Belgio, Hadja Lahbib, aveva spiegato a Politico.eu che si dovrebbe “andare fino in fondo” con l'articolo 7 contro l'Ungheria. Ma la stessa Lahbib, che ha la presidenza di turno del Consiglio Affari generali, non ha messo il tema all'ordine del giorno oggi. “Troppo tardi”, ci ha spiegato un diplomatico. Il Belgio passerà il testimone (la campanella, per essere più precisi) della presidenza dell'Ue all'Ungheria domenica prossima.
La presidenza ungherese del Consiglio dell'Ue rappresenta una grande incognita per gli altri stati membri. Orban ha scelto uno slogan appositamente provocatorio che richiama il dirompente populismo trumpiano: “Make Europe Great Again”. Da una settimana il premier ungherese accusa il Partito popolare europeo, i socialisti e i liberali di Renew di costruire una “coalizione pro-guerra” per sostenere Ursula von der Leyen. In un incontro con la stampa la scorsa settimana, l'ambasciatore ungherese, Odor Balint, ha usato toni rassicuranti. "Sarà una presidenza come le altre. Saremo mediatori onesti e cercheremo di cooperare in maniera sincera con gli Stati membri e le istituzioni dell'Ue”, ha detto Balint. “Non sappiamo come andrà”, ci ha confidato un diplomatico di un altro paese, preoccupato dei potenziali danni. “La presidenza gestisce l'agenda del Coreper, non solo dei Consigli settoriali. In quella posizione l'Ungheria sarà nelle condizioni di ritardare, rinviare e sabotare”, spiega il diplomatico.
Le iniziative al Parlamento europeo per privare l'Ungheria della presidenza di turno del Consiglio dell'Ue sono cadute nel vuoto. Gli ottimisti vogliono credere che nei prossimi sei mesi l'Ue non avrà molto da fare, perché nel pieno del rinnovamento delle istituzioni. Si deve insediare una nuova Commissione, anche se presieduta sempre da von der Leyen. Il Parlamento europeo inizierà a lavorare solo in settembre. Ma i negoziati su alcuni provvedimenti legislativi (compreso il programma per l'industria europea della difesa Edis) devono riprendere e la presidenza ungherese dell'Ue potrebbe ritrovarsi a gestire crisi politiche e commerciali di portata globale. Su Russia, Cina o Stati Uniti, Orban si è messo a disposizione degli avversari dell'Ue: Vladimir Putin, Xi Jinping e Donald Trump.
Difendendo gli interessi di Mosca e Pechino, Orban si è assicurato energia a buon mercato e cooperazione nucleare dalla Russia e ha trasformato l'Ungheria nella prima destinazione europea degli interessi della Cina. La fedeltà a Trump, lo ha trasformato nel punto di riferimento europeo dell'internazionale nazionalista e identitaria. La Commissione lo ha lasciato fare, chiudendo gli occhi sulle sue derive internazionali e europee. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha accettato la sua politica transazionale, sbloccando 10 miliardi di euro di fondi congelati per le violazioni sullo stato di diritto in cambio del “sì” ungherese ai negoziati di adesione per l'Ucraina.
L'impunità assicurata a Orban ha incoraggiato altri a comportarsi allo stesso modo. Il premier slovacco, Robert Fico, in passato aveva sempre evitato di scontrarsi con Bruxelles per il timore di perdere i fondi dell'Ue. Oggi Fico non si fa problemi a limitare la libertà di stampa in Slovacchia ed è al fianco di Orban nella squadra dei perturbatori dell'Ue. Nei Paesi Bassi l'accordo di governo voluto dal leader di estrema destra Geert Wilders di fatto replica le pretese di Orban sull'immigrazione: nessun quadro europeo per rimettere frontiere nazionali. Lo sloveno Janez Jansa e il ceco Andrej Babis, i cui partiti potrebbero formare un gruppo al Parlamento europeo con il Fidesz di Orban e lo Smer di Fico, entro due anni potrebbero tornare al potere nei rispettivi paesi. In Italia Giorgia Meloni ha mostrato i primi segnali di un possibile ritorno ai suoi istinti nazionalisti.
Orban "è l’unico leader tra i tanti partiti anti-establishment e di estrema destra che ha creato negli anni una visione alternativa per l’Ue", ci ha spiegato il professore Alberto Alemanno, fondatore di The Good Lobby. "In quanto tale, non è solo un alleato naturale di Meloni ma anche, più in generale, la forza catalizzatrice verso l’emergere di un fronte antagonista prima e dopo il prossimo Consiglio europeo". Secondo Alemanno, ciò che unisce Orban, Meloni, Marine Le Pen è "la richiesta al Consiglio europeo di riconoscere la rottura del monopolio del progetto dell'Ue da parte delle forze pro-UE (la “maggioranza” di von der Leyen) e di tradurre questo nelle nomine. Dato che la maggioranza pro-Ue ha un disperato bisogno di sostegno esterno per resistere, la “nuova destra” – indipendentemente dalle sue divisioni interne – è molto ben posizionata per ottenere concessioni, ben oltre ciò che è stato discusso pubblicamente finora", dice Alemanno.
E' la Francia che offre a Orban la possibilità più immediata di bloccare definitivamente l'Ue. Se il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella arriverà al potere dopo le elezioni del 30 giugno e del 7 luglio, l'Ungheria avrà al suo fianco un potente alleato al Consiglio. A prescindere della presidenza di turno dell'Ungheria, è lì che i sovranisti hanno maggiori chance di paralizzare l'Ue. Ungheria, Francia, Italia, Paesi Bassi e Slovacchia insieme, rappresentando il 35,69 per cento della popolazione dell'Ue, hanno una minoranza di blocco in grado di far saltare ogni decisione, anche se non c'è l'unanimità. Per la maggioranza qualificata, nel sistema di voto al Consiglio, servono almeno 15 paesi che rappresentano il 65 per cento della popolazione. La coalizione pro europea tra Ppe, socialisti e liberali può avere ancora la maggioranza al Parlamento europeo, ma con una minoranza di blocco sovranista al Consiglio l'Ue non sarà in grado di funzionare.
La frase
"In tre parole, siamo pronti"
Jordan Bardella, candidato primo ministro del Rassemblement National, presentando il programma per le elezioni legislative.
Conclave europeo
L'Italia vuole (almeno) un vicepresidente della Commissione - Nella trattativa sui “Top Jobs”, cosa vuole Giorgia Meloni? Giornalisti, osservatori e diplomatici si interrogano da giorni. Il ministro degli esteri, Antonio Tajani, ieri ha fornito una risposta. “Credo che l'Italia non possa non avere un vicepresidente della Commissione europea e non possa non avere un commissario con un portafoglio di peso. Questo credo sia il minimo che possa chiedere e pretendere il nostro paese”, ha detto Tajani. Il ministro ha fatto anche un nome: Raffaele “Fitto sarebbe un eccellente commissario”. Leader di Forza Italia e vicepresidente del Ppe, non è detto Tajani parli a nome di Meloni, ma è favorevole alla conferma di Ursula von der Leyen alla Commissione e alla nomina dell'estone Kaja Kallas come Alto rappresentante per la politica estera. Sul portoghese Antonio Costa, Tajani ha ribadito la richiesta del Ppe di dividere la presidenza del Consiglio europeo in due: la prima metà per i socialisti, la seconda metà per i popolari. Tajani per contro esclude l'ingresso dei Verdi in maggioranza, privilegiando una cooperazione con l'Ecr di Meloni.
Elezioni europee
I Socialisti&Democratici confermano Iratxe presidente - Nel gruppo dei Socialisti&Democratici la chiamano semplicemente Iratxe. Oggi gli eletti socialisti confermeranno come loro presidente la spagnola Iratxe García Pérez, esponente del Psoe e fedele di Pedro Sanchez, nonostante alcuni malumori su come ha gestito il gruppo nella passata legislatura, in particolare tra le delegazioni del nord Europa. García Pérez è sembrata più interessata a difendere le posizioni del suo primo ministro che quelle della famiglia socialista nell'Ue. Con il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, i rapporti sono pessimi. Gli italiani del Partito democratico avrebbero potuto rivendicare il posto, ma alla fine hanno deciso di rinunciare. Forse il gruppo avrà un presidente italiano nella seconda metà della legislatura. Anche la Spd tedesca ha messo gli occhi sul posto per Katarina Barley.
I Verdi insistono per entrare nella coalizione von der Leyen - Il gruppo dei Verdi al Parlamento europeo insiste con la sua offerta a Ppe, socialisti e liberali di entrare a far parte della “coalizione von der Leyen” per assicurare stabilità alla maggioranza e limitare l'influenza dell'estrema destra. Con 399 eletti su 720, la maggioranza è fragile. Ursula von der Leyen ha bisogno di 361 voti per essere confermata dal Parlamento europeo. I Verdi si sono appena rafforzati, con l'ingresso dei 5 eletti di Volt (tre in Germania, due nei Paesi Bassi), che portano il totale dei membri del gruppo a 55. “Possiamo offrire un elemento molto forte: un gruppo coerente pronto a lavorare”, ci ha detto il loro co-presidente, Bas Eickhout. “La stabilità sta diventando merce molto scarsa nella politica europea”. Ma “c'è una condizione molto chiara. Nessuna cooperazione con l'estrema destra” compresa Giorgia Meloni e il suo gruppo ECR, ha spiegato l'altra co-presidente Terry Reintke. Le altre condizioni sono la continuazione del Green deal, lo stato di diritto e il rafforzamento dell'Europa come attore geopolitico.
I deputati di Volt Europa si uniscono ai Verdi - Il gruppo Renew ha subito un duro colpo: i membri di Volt Europa hanno votato a grande maggioranza (87%) per l'adesione dei loro 5 deputati al gruppo dei Verdi. La spiegazione di questa decisione è crudele per i liberali. "Sono lieto che i membri di Volt abbiano seguito la nostra raccomandazione di sedersi a fianco dei Verdi/EFA, in quanto il gruppo ha sostenuto la nostra missione di agire sulla riforma dell'UE, su regole migratorie umane, su un'economia competitiva, sulla transizione verso la neutralità climatica e sulla giustizia sociale. Speriamo anche che questo permetta ai Verdi/EFA di far parte della maggioranza von der Leyen per salvaguardare il Green Deal", ha spiegato l'eurodeputato tedesco Damian Boeselager, cofondatore di Volt Europa.
Un liberale portoghese rinuncia a sfidare Hayer per la presidenza del gruppo Renew - La rielezione della francese Valérie Hayer alla testa del gruppo di Renew era messa in dubbio ieri, dopo che il portoghese Joao Cotrim de Figueiredo del partito Iniciativa Liberal aveva annunciato l'intenzione di presentare la sua candidatura. La componente dell'Alleanza dei liberali e democratici per l'Europa (Alde) ha annunciato il suo sostegno alla candidatura del portoghese in contrapposizione a Hayer. In teoria, la componente dell'Alde ha un numero di deputati superiore a quello della componente di Renaissance dentro Renew. La terza componente è quella del Partito democratico europeo. L'Alde non era riuscito a presentare un nome più autorevole. L'ex primo ministro belga, Sophie Wilmès, non ha voluto candidarsi. Ma nella serata è arrivato un altro colpo di scena: Joao Cotrim de Figueiredo è stato convinto a non presentarsi. Hayer sarà dunque confermata presidente di Renew questo pomeriggio.
I conflitti di interesse di Babis all'origine dell'uscita da Renew? - Lo shock per l'uscita dei deputati del partito ceco Ano dal gruppo Renew al Parlamento europeo non è stato ancora superato del tutto. In molti si chiedono le ragioni della mossa dell'ex premier Andrej Babis, che in un video ieri ha annunciato “una sorpresa che vi lascerà a bocca aperta”. Dopo la decisione di uscire da Renew si sono moltiplicate le voci di un possibile gruppo con gli eletti di Viktor Orban, Robert Fico e Janez Jansa. Tutti e quattro sono critici del sostegno all'Ucraina. Ma, secondo l'analista ceco David Klimes, la ragione potrebbe essere più veniale: la multinazionale agroalimentare di Babis, Agrofert, beneficia di ingenti investimenti e finanziamenti in Ungheria e Slovacchia. "La produzione agricola primaria del gruppo (Agrifert) nel settore vegetale e animale viene effettuata principalmente nella Repubblica Ceca, in Slovacchia e in Ungheria”, spiega Klimes nella sua newsletter, ricca di cifre e dati milionari su sussidi e sconti fiscali di cui beneficia il conglomerato di Babis.
Geopolitica
Soldi russi per armare l'Ucraina - Il Consiglio Affari esteri dell'Ue ha deciso di utilizzare i profitti dei beni russi congelati nell'Ue per armare l'Ucraina. In base all'accordo, 1,4 miliardi di euro saranno messi a disposizione di Kiev a luglio e un altro miliardo entro la fine dell'anno, ha annunciato ieri il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, dopo una riunione dei ministri degli Affari esteri a Lussemburgo. L'Ungheria ha rifiutato di partecipare a questa operazione e non ha voce in capitolo sull'utilizzo dei fondi, ha aggiunto Borrell. Per aggirare il veto di Budapest è stato usato un espediente giuridico, che ha provocato una dura reazione del ministro degli esteri ungherese, Peter Szijjarto.
Firma dell'accordo di sicurezza Ue-Ucraina - La decisione di utilizzare i fondi russi per armare l'Ucraina è una buona notizia per il Presidente Volodymyr Zelensky, atteso a Bruxelles per la firma dell'accordo di sicurezza tra UE e Ucraina. Un accordo è stato raggiunto dagli ambasciatori dei ventisette e deve essere confermato oggi dal Consiglio Affari generali. Secondo Josep Borrell, la firma potrebbe avvenire a margine del vertice europeo del 27 giugno. Non è stata ottenuta alcuna conferma per motivi di sicurezza, ma i leader europei hanno messo la guerra in Ucraina in cima all'agenda del loro vertice e il presidente Zelensky è sempre presente, sia in videoconferenza che di persona.
L'Ungheria diventa ogni giorno più emarginata, anche sulla Georgia - Rifiuto di sbloccare i soldi dei contributi al Fondo europeo per la pace per rimborsare gli Stati membri per le armi fornite all'Ucraina (quasi 7 miliardi di euro). Rifiuto di denunciare la legislazione sull'influenza straniera adottata dal governo georgiano. Il governo ungherese di Viktor Orban sta aumentando gli ostacoli al funzionamento dell'Ue con il suo diritto di veto. Ma i suoi partner hanno lanciato un chiaro messaggio ai leader georgiani: se il governo non cambia rotta, la Georgia non farà alcun progresso verso l'Ue. "La dichiarazione è stata firmata da 26 dei 27 membri", ha spiegato Josep Borrell. "Si stanno esaminando opzioni di sanzioni, come la sospensione dell'assistenza finanziaria per l'adesione e il sostegno della European Peace Facility", ha avvertito l'Alto rappresentante.
Niet di Borrell alla Serbia - Josep Borrell ha risposto con un “no” all'affermazione del presidente serbo Aleksandar Vucic, secondo cui l'allineamento della Serbia alle posizioni di politica estera dell'Ue è subordinato all'adesione. "Il percorso verso l'adesione implica l'allineamento, non il contrario", ha ricordato l'Alto rappresentante. "Abbiamo già abbastanza piantagrane nella politica estera dell'Ue senza doverne aggiungere altri", ha aggiunto Borrell.
Israele cerca di annettere la Cisgiordania "pezzo per pezzo" - La guerra condotta dal governo israeliano contro Hamas dopo i massacri commessi il 7 ottobre "è destinata a durare, purtroppo", ha dichiarato Josep Borrell. "Né Israele né Hamas intendono attuare le proposte del presidente Biden? Non andiamo da nessuna parte. Nessun cessate il fuoco. La situazione umanitaria a Gaza è catastrofica e non ha senso inviare aiuti umanitari se questi rimangono bloccati al confine". L'Alto rappresentante non ha nascosto il suo pessimismo. "Gaza è un campo di rovine dove vivono 2 milioni di persone, private di tutto e minacciate dalla carestia", ha deplorato Borrell. "Tutto sembra indicare il desiderio di Israele di annettere la Cisgiordania pezzo per pezzo. Questo non porterà alla pace", ha avvertito l'Alto rappresentante. L'Ue ha raggiunto un "accordo politico" per sanzionare Hamas e i coloni israeliani colpevoli di abusi, e le misure concrete saranno ora approvate dagli Stati membri, ha annunciato Borrell.
Ancora in discussione la riunione del Consiglio di associazione Ue-Israele - La proposta è stata presentata al governo israeliano e si attende una risposta del suo ministro degli Esteri. In ogni caso non sarà una riunione per discutere dell'attuazione di Erasmus (il programma di scambio di studenti), ha dichiarato Josep Borrell. "La convocazione del Consiglio è una prerogativa dell'Alto rappresentante, non della presidenza di turno", ha fatto notare Borrell all'Ungheria, che avrà la presidenza semestrale dell'Ue, che potrebbe usare per sabotare le iniziative per richiamare Israele. In ogni caso per tenere questa riunione del Consiglio di associazione, che si concentrerà sulla situazione a Gaza e in Cisgiordania sulla base delle informazioni fornite dalle agenzie delle Nazioni Unite, l'Ue deve prima adottare una posizione comune. "Finché non ci sarà una posizione comune, non potremo tenere questo Consiglio di associazione", ha dichiarato Josep Borrell.
Digitale
La Commissione accusa Apple di violare il DMA - Il colosso americano Apple è diventato la prima grande piattaforma a essere formalmente accusata dalla Commissione europea di violare le regole del Digital Markets Act, limitando la possibilità per gli sviluppatori di “spingere liberamente i propri utenti” a usare le loro app al di fuori dell'App Store. “Il nuovo slogan di Apple dovrebbe essere ‘agire diversamente’. Oggi adottiamo ulteriori misure per garantire che Apple rispetti le regole DMA”, ha detto il commissario al Mercato interno, Thierry Breton. Ad essere contestata, tra l'altro, è un addebito di 50 centesimi per download che le altre società devono pagare se la loro app viene utilizzata da più di 1 milione di persone. Se ritenuta colpevole, Apple rischia una multa fino al 10 per cento del suo fatturato annuo globale. Il colosso americano ha risposto sostenendo di rispettare le regole del DMA: “Siamo fiduciosi che il nostro piano sia conforme alla legge e stimiamo che oltre il 99% degli sviluppatori pagherebbe ad Apple commissioni uguali o inferiori in base ai nuovi termini commerciali che abbiamo creato”, ha affermato Apple.
Botta e risposta sul DMA e l'innovazione - Il DMA sta diventando un tema sempre più scottante, nel momento in cui la Commissione ha iniziato a usare i suoi nuovi poteri per regolamentare gli attori del settore digitale. Gran parte dei giganti ha deciso di cooperare con la Commissione e di modificare le loro pratiche, compresa Apple. Ma la società di Cupertino ha deciso di non distribuire per il momento funzionalità di intelligenza artificiale sugli iPhone nell’Ue, citando l’incertezza causata dalle nuove regole tecnologiche. L'accusa nei confronti della Commissione è di minare l'innovazione a favore dei consumatori dell'Ue. “Il DMA non è una richiesta eccessiva. [È] semplice chiedere un mercato giusto, aperto e contestabile”, ha risposto ieri la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager. Dentro la Commissione, la convinzione è che Apple e altri colossi siano scontenti perché il DMA li costringe ad aprire i loro ecosistemi riducendo i loro profitti.
Energia
La Corte dei Conti critica la carenza dì solidarietà sulla crisi del gas - Se l’Ue vuole essere pienamente preparata ad affrontare una nuova crisi del gas c’è ancora molto da fare, ha avvertito ieri la Corte dei conti europea in un rapporto in cui sottolinea le carenze delle misure di emergenza adottate in risposta all’uso delle forniture di gas come arma da parte della Russia. Secondo la Corte dei conti, i benefici apportati da queste azioni dell’Ue non sono sempre chiari. Durante la crisi, l’Ue ha raggiunto l’obiettivo di ridurre la domanda di gas del 15 %, ma gli auditor della Corte non sono stati in grado di stabilire se ciò fosse dovuto alle sole misure adottate o anche a fattori esterni (ad esempio, gli alti prezzi del gas e un inverno mite). Lo stesso vale per l’obbligo di riempimento degli impianti di stoccaggio del gas: l’obiettivo del 90 % è stato superato, ma si tratta dei normali livelli prima della crisi. Inoltre, è impossibile valutare l’efficacia del tetto al prezzo del gas dato che i prezzi si sono mantenuti bassi dopo che è stato introdotto. La Corte sottolinea a inoltre che molti Stati membri sono ancora riluttanti a firmare accordi bilaterali di solidarietà. Alcuni paesi dell’UE taglierebbero persino le forniture di gas a un paese vicino in caso di emergenza.
L'Ue in Procura
Il tedesco Werner Hoyer sotto indagine della Procura europea - L'ex presidente della Banca europea per gli investimenti, il tedesco Werner Hoyer, è formalmente indagato dall'Ufficio del procuratore europeo in un caso di corruzione, abuso di influenza e appropriazione indebita di fondi dell'Ue. Lo scoop è stato fatto dal Financial Times, dopo che la Procura europea ieri ha annunciato di aver ottenuto la rinuncia all'immunità da parte della Bei per due suoi ex funzionari per permettere il proseguimento dell'indagine. Hoyer ha definito le accuse “assurde e infondate”. Il caso riguarderebbe le condizioni per porre fine a un contratto di un altro dipendente della Bei. Hoyer ha detto di cooperare pienamente con la Procura europea e di auspicare “un completo chiarimento dei fatti”.
Dura lex sed lex - La Commissione europea ha annunciato ieri di aver inflitto una multa di 15,9 milioni di euro alle società del gruppo International Flavors and Fragances dopo che uno dei suoi alti dirigenti ha deliberatamente distrutto i messaggi contenenti informazioni commerciali scambiati su Whatsapp con un concorrente per ostacolare un'ispezione dei servizi della Commissione per la concorrenza. Il caso riaccende i riflettori sulla distruzione dei messaggi di testo scambiati nel 2021 dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, con l'amministratore delegato del gruppo farmaceutico Pfizer, Alfred Bourla, per la conclusione di un contratto per 1,8 miliardi di dosi di vaccino Covid del valore di 36 miliardi di euro. Il caso è attualmente all'esame dei tribunali belgi. Gli sms della presidente sono anche oggetto di un'indagine della Procura europea.
Accade oggi
Consiglio Affari generali (a Lussemburgo)
Conferenza intergovernativa per l'avvio dei negoziati di adesione con Ucraina e Moldavia
Parlamento europeo: riunione costitutiva di gruppo dei Socialisti e democratici
Parlamento europeo: riunione costitutiva del gruppo la Sinistra
Commissione: discorso del commissario Gentiloni alla terza riunione del Gruppo di lavoro del quadro del G20 (Fwg) a Bruxelles
Commissione: il vicepresidente Schinas partecipa alla conferenza della Rete europea per le migrazioni in Belgio
Commissione: il commissario Hahn riceve Petro Poroshenko, presidente del partito Solidarietà europea
Commissione: il commissario Wojciechowski in Brasile (fino al 28 giugno)
Commissione: la commissaria McGuinness interviene all'evento di Bruegel “L’unione bancaria europea a 10 anni: incompiuta ma trasformativa”
Corte di giustizia dell'Ue: sentenza Ilva; sentenza su Banca Carige
Consiglio: riunione del Comitato politico e di sicurezza
Eurostat: risultati dell'indagine sulla violenza di genere nel 2021, dati sull'apprendimento degli adulti nel 2023